di Gianluca Ginella
Si è avvalso della facoltà di non rispondere, Guido Garufi, nel corso dell’interrogatorio chiesto dalla procura nell’ambito dell’indagine che lo coinvolge. Il consigliere comunale, indagato per l’ipotesi di reato di ricettazione, era stato convocato ieri in procura. Ma ha deciso di non rispondere alle domande degli investigatori. Una scelta differente è quella dell’altra persona indagata nell’ambito dell’inchiesta sul tesoretto del fratello di Garufi, Giuseppe, che è stato trovato in una cassetta di sicurezza intestata a Luisa Mirella Bruni, 60 anni, di Cingoli. Bruni è indagata per ricettazione. Ieri, nel corso dell’interrogatorio, la donna ha risposto alle domande degli inquirenti (le indagini sono coordinate dal procuratore capo di Macerata, Giovanni Giorgio) e ha detto che il denaro trovato nella cassetta di sicurezza, 80mila euro (ma per gli investigatori la cifra iniziale era di 120mila euro) le era stato consegnato da Guido Garufi nel settembre dello scorso anno e di aver preso quella somma come gesto di amicizia. Secondo la procura però quel denaro potrebbe essere frutto di provento illecito. Infatti Giuseppe Garufi, che si è tolto la vita lo scorso 18 ottobre, era indagato per peculato e truffa, perché si sarebbe impossessato di circa 2.600 euro relativi a tasse pagate da cittadini extracomunitari per il rilascio di certificazioni. Intanto il 4 novembre si svolgerà l’udienza al tribunale del Riesame per il dissequestro sia del denaro che del memoriale che scrisse Guido Garufi in difesa del fratello per l’indagine che riguardava quest’ultimo per l’incendio di alcune auto in viale Trieste. Un nuovo ricorso al tribunale del Riesame è stato presentato dai legali di Guido Garufi (gli avvocati Federico Valori e Oberdan Pantana) per il sequestro del computer del consigliere comunale, disposto sempre nell’ambito dell’indagine che lo riguarda. Garufi è indagato per aver ricevuto somme di denaro (si tratterebbe di 20mila euro) dal fratello. Per la procura sapeva che la provenienza del denaro era illecita. Cosa che invece i difensori di Garufi contestano.
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