«Tamponi troppo rapidi,
così massimizzavano i profitti»
Inchiesta Fast pass,
nei guai due farmacisti

OPERAZIONE della Guardia di finanza a Senigallia, secondo gli inquirenti i tempi per effettuare gli antigenici e consegnarli non superavano i 4 minuti quando ne sarebbero serviti 15 per conoscere il solo risultato. Denunciati un 32enne e un 48enne

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Rilasciavano Green Pass irregolari poiché i relativi tamponi rapidi antigenici venivano eseguiti senza rispettare le procedure e i tempi tecnici previsti dai protocolli di esecuzione, fornendo così risultati inattendibili.

E’ quanto emerso dall’indagine denominata “Fast Pass”, portata avanti dalla Guardia di finanza. Denunciati i titolari di una farmacia: un 32enne e un 48enne, per i reati di falso ideologico in certificati commesso da persone esercenti un servizio di pubblica necessità e inadempimento di contratti di pubbliche forniture, oltre che per indebita percezione di contributi a carico dello Stato.

La presunta pratica scorretta è stata scoperta dai militari nel corso di una serie di attività effettuate per garantire il rispetto della normativa anti Covid, notando un flusso anomalo di persone che si recava in una farmacia nel comune di Senigallia.
I finanzieri hanno quindi iniziato l’attività di osservazione, anche con riprese video, grazie alle quali è stata documentata l’esecuzione irregolare dei tamponi antigenici rapidi, che hanno portato a indagini sempre più approfondite, coordinate dalla procura di Ancona.
In sostanza è stato rilevato che nell’esecuzione dei tamponi non venivano rispettate le procedure specifiche previste per la raccolta dei campioni e la loro successiva preparazione e analisi, che sono stabilite dal produttore del test e certificate per legge.
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I finanzieri, dopo aver appurato il tipo e la marca dei tamponi utilizzati per il rilascio dei Green Pass, hanno accertato che il personale della farmacia impiegava soltanto una media di 3 o 4 minuti per ogni esame effettuato, fornendo anche la relativa risposta al cliente. I tempi previsti per l’esecuzione, che consentono una idonea reazione chimica, sono invece di non meno di 15 minuti ai quali va aggiunto il tempo necessario al prelievo.

Secondo gli inquirenti, dunque, con questa modalità veniva realizzato un numero di test a pagamento di molto superiore alle effettive capacità, massimizzando così il numero di clienti serviti, a potenziale discapito della veridicità dei risultati dei tamponi che, così come realizzati, non erano in grado di poter certificare con certezza la negatività o meno al Covid. Tra le decine di tamponi messi sotto osservazione dai finanzieri non è stato riscontrato nessun caso di positività.

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I finanzieri hanno anche riscontrato che gli esami non venivano effettuati, come previsto, in aree dedicate della farmacia, ma da personale che era all’aperto, lungo la strada.
Infine si è proceduto all’analisi dei dati inseriti sulla piattaforma nazionale dedicata alla registrazione dei tamponi e al rilascio della Carta Verde. Sarebbero state riscontrate numerose incongruenze fra i dati inseriti a sistema e quelli invece rilevati dai militari durante le indagini, con riferimento agli orari e i tempi della effettiva sottoposizione dei pazienti al test. Gli accertamenti hanno portato a scoprire che, nei casi esaminati, i prelievi del campione biologico venivano registrati a sistema indicando un orario antecedente a quello effettivo di esecuzione, così da non risultare eccessivamente a ridosso dell’orario di rilascio del relativo Green Pass, riuscendo quindi a rispettare, almeno sulla carta, le tempistiche previste dalla normativa per il regolare esame dei tamponi.

(Redazione CA)



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