Massimo Lauri
di Marco Benedettelli
«Donate il plasma iperimmune, è una scelta importante per tutelare il diritto alla salute di tutti noi cittadini. Il plasma immune ha un buon effetto curativo sui malati Covid in terapia intensiva. Ce n’è continua richiesta dagli anestesisti dei nostri ospedali che ricorrono alle trasfusioni per quei pazienti in cui i farmaci usati nelle terapie anti-covid non fanno più effetto. Quella con il plasma iperimmune è una terapia salvavita che, ci spiegano i medici, dà risconti molto, molto positivi. Si registrano casi di persone anche completamente guarite». A spiegare i benefici di questo tipo di trasfusione nella lotta alla pandemia da Sars-CoV-2 è il presidente dell’ Avis Marche, Massimo Lauri che rinnova a nome di tutta l’Associazione Volontari Italiani del Sangue l’appello alle persone guarite dal Covid-19 a donare il proprio plasma, in questo periodo di grande difficoltà.
Presidente Lauri, chi nello specifico può diventare donatore di plasma iperimmune?
«Uomini e donne nulligravide, cioè che non hanno mai avuto gravidanze, in buone condizioni generali di salute e in un’età compresa tra i 18 e i 60 anni, 65 se si è già donatori. Queste persone devono avere avuto una diagnosi confermata di Covid-19 e devono essere passati almeno 14 giorni dal tampone nasofaringeo negativo che ne ha dichiarato la guarigione. Non c’è una scadenza di tempo dal decorso della malattia. Si può donare anche a mesi dalla guarigione. L’importante è che nel donatore si riscontri ancora un numero sufficiente di quegli anticorpi prodotti dopo essere stati contagiati e che continuano ad essere trasportati nel plasma, una volta guariti. Possono aiutare a proteggere coloro che hanno contratto il virus».
Ad oggi, qual è la scorta di plasma, nelle Marche?
«Ora abbiamo 100 unità di plasma iperimmune. Non siamo in emergenza ma la situazione è delicata, con la seconda ondata i numeri di persone in terapia intensiva è cresciuto di molto e con esso la richiesta di plasma. È cruciale implementare le scorte, per i reparti Covid dei nostri ospedali ma anche per donarlo a quelle regioni che in tutta Italia ne hanno bisogno. Da giugno abbiamo accumulato 180 unità di plasma iperimmune, ciò vuol dire che fino ad ora ne abbiamo trasfuse 80. Ma in estate la richiesta era praticamente ferma e ora è invece è di molto più intensa. Le persone che si sono rivolte a noi per donare sono state più di 180, ma alcune non avevano un livello di anticorpi sufficientemente alto e quindi il loro plasma è risultato inadatto alle terapie».
Ogni donatore quanti pazienti Covid può aiutare?
«Il rapporto è di un donatore per un malato Covid. Ovvero, ogni persona dona 600 centilitri di plasma, la quantità che viene trasfusa in una sola persona affetta da Covid. La terapia normalmente si distribuisce nell’arco di 5 giorni attraverso tre trasfusioni da 200 centilitri l’una».
Ci può spiegare le procedure per chi vuole donare?
«Il primo passo è il test sierologico, che si può fare in uno dei 12 centri trasfusionali delle Marche. Incrociato con altre analisi, serve per verificare che il livello di anticorpi nel plasma del donatore sia abbastanza alto. Se il plasma risulta iperimmune ci si deve recere in uno dei tre centri delle Marche abilitati alla trasfusione, Ancona, Pesaro, Fermo dove ci sono i macchinari specifici. Tutte le persone che intendono sottoporsi alla donazione possono contattare la propria Avis di appartenenza, se sono già donatori, o chiamare il centro trasfusionale di riferimento del proprio territorio. Il tutto è, ovviamente, a carico del sistema sanitario».
E per l’organismo, la donazione di plasma ha qualche conseguenza?
«Assolutamente no. La donazione di plasma non ha nessuna controindicazione. Nel nostro organismo questo costituente liquido si ricrea velocissimamente. In Italia la donazione è consentita 12 volte all’anno. Negli Usa può essere ceduto fino a 100 volte (e non donato, perché in America è una pratica pagata). La donazione di plasma dura dai 40 ai 50 minuti, è più lunga di quella del sangue. Per molti donatori potrebbe essere scomodo spostarsi all’ospedale di Torrette di Ancona o a Pesaro o a Fermo, se vivono lontano. Ma chiediamo questo piccolo sacrificio, per il bene della comunità e per il diritto alla salute».
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È la terapia con risultati eccellenti ma non non interessa. Forse l’endicap è che non permette di guadagnare ai soliti noti.