Omicidio di Pamela, la criminologa:
«L’assassino conosceva la vittima»

IL PARERE di Margherita Carlini che si è occupata spesso di casi di violenza sulle donne ed è stata consulente della famiglia di Melania Rea. «Il fatto che si sia dedicato tanto a questo corpo indica che esisteva un rapporto tra loro. Non voleva nascondere il cadavere. Lo ha pulito per evitare di lasciare tracce e per farlo rinvenire in ordine. Fa pensare a una persona del luogo»

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La criminologa Margherita Carlini

 

di Gianluca Ginella

Omicidio di Pamela Mastropietro, la criminologa Margherita Carlini: «Un comportamento particolare, indica una conoscenza tra vittima e carnefice». La 18enne è stata uccisa e fatta a pezzi e il corpo è stato poi ripulito, lavato e sistemato in due trolley lasciati in via Dell’Industria, a Pollenza. Sulla vicenda, al momento al vaglio dei carabinieri del Reparto operativo di Macerata, la criminologa, che nel corso della sua carriera ha seguito diversi casi che sono stati alla ribalta della cronaca nazionale (è stata anche consulente di parte per la famiglia di Melania Rea) e che si è occupata di casi di violenza sulle donne, ha dato un proprio parere a Cronache Maceratesi. «Il fatto che si sia dedicato tanto a questo corpo indica una conoscenza tra la vittima e il carnefice. Non si è limitato ad occultare il cadavere, c’è stata una attenzione post mortem sul corpo che mi fa pensare ad una conoscenza».

Il killer voleva far ritrovare il cadavere?

«Sì, chi ha fatto tutto questo poi non ha occultato le valigie contenenti il corpo, lo ha lasciato lì, vicino ad una abitazione, perché venisse ritrovato. Non è come il caso della pittrice Rapposelli, per fare un esempio, in cui è stato abbandonato il corpo perché non venisse ritrovato. In questo caso è stato lasciato in bella vista».

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Pamela Mastropietro

Ma perché fare a pezzi il corpo?

«A volte c’è chi depezza per finalità di far sparire il cadavere, qui non mi sembra la finalità fosse quella. Il depezzamento mi sembra volontà di distruzione della persona in senso fisico. C’è una attenzione patologica nei confronti di quel corpo e di quella vittima».

Depezzare un corpo quanto tempo richiede?

«A differenza di quello che si pensa il depezzamento non è un’attività facile e semplice. Richiede una certa conoscenza e una certa forza fisica. Chiaro che tutto ciò è stato fatto in un posto in cui la persona si sentiva sicura e tranquilla».

 

Qualcuno che potrebbe essere della zona?

«Sì, mi fa pensare a una persona che sta qui».

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Accertamenti dei carabinieri sul luogo dove è stato ritrovato il cadavere

Ma perché lavare il corpo?

«In qualche modo ci tieni. Lo fai ritrovare in maniera ordinata e pulita. Inoltre se conosceva la vittima deve aver pensato che pulendo il corpo avrebbe tolto ogni traccia che lo possa legare a lei. Ad esempio nel fare il depezzamento potrebbe essersi ferito e aver pensato di avere lasciato tracce di sangue».

Dunque dovrebbe essere stata una persona conosciuta…

«Sì, è difficile che uno sconosciuto faccia un lavoro del genere, a meno che non sia un serial killer ma non abbiamo avuto casi di questo tipo. Mi fa più pensare a una persona che aveva una conoscenza con lei e un investimento affettivo e sessuale».

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