Lettera del dermatologo Sigona:
«Sono positivo al Coronavirus,
non dobbiamo avere paura»

IL MEDICO che lavora all’ospedale di Macerata ha deciso di rendere pubblico di aver contratto il Covid-19. «All’inizio pensavo a un raffreddore ma avevo una febbre che non passava mai. Dopo il tampone sono scattate tutte le misure precauzionali. Gestisco la malattia con Tachipirina e aerosol. Io e la mia famiglia stiamo bene»

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Marco Sigona, noto dermatologo di Macerata

 

Il medico che ha contratto il Coronavirus, interviene con una lettera per parlare della sua situazione. Marco Sigona, noto dermatologo di Macerata, con coraggio e senso di responsabilità rende nota la sua condizione. Il reparto di Dermatologia è stato messo in quarantena, lui si trova a casa da circa 10 giorni. «Io e la mia famiglia stiamo bene. Non dobbiamo avere paura, collaborando riusciremo tutti a venirne fuori», dice il medico, stimatissimo in provincia, che ha inviato questa lettera «perché ritengo sia sciocco un comportamento omertoso laddove invece, proprio per la missione della mia professione, la estrema chiarezza sui fatti conta molto più di qualsiasi altro gesto».

Ecco il suo messaggio:

«Non so se sono il paziente zero a Macerata ma sicuramente, in questo particolare momento, sono un paziente come tanti altri che si trovano nella mia stessa situazione in Italia. Mi rivolgo a voi, organi di stampa, accingendomi a scrivere queste due righe con il preciso intento di evidenziare quanto sia importante non nascondere un proprio momento di difficoltà fisica e psicologica ma renderlo pubblico e condividerlo con tutte le persone care, sia appartenenti alla comunità scientifica che con i tanti amici che ogni giorno mi inviano gesti d’affetto. Questa situazione del Coronavirus, a cui molti di noi, me compreso, pensavano di essere immuni è invece un qualcosa su cui dobbiamo porre tanta attenzione. Avrei banalizzato anche io i miei sintomi confondendoli con il classico raffreddamento stagionale, anche perché anamnesticamente non avevo fattori di rischio così eclatanti per il contagio. Poi, però, non lo nascondo, il fatto di essere medico mi ha spinto a voler a tutti i costi approfondire il perché di quella febbre a 37,2, 37,5 che si abbassava al mattino e si rialzava la sera e non trovava mai uno stop. Il 5 marzo, dopo 7 giorni che ero già in malattia presso il mio domicilio, sono riuscito ad effettuare il tampone nasale e la diagnosi è stata immediata. Ora finalmente potevo dare un nome alla mia incertezza diagnostica. Fatta la diagnosi sono scattate le misure precauzionali d’isolamento per me e per la mia famiglia ed è partito subito un rapporto di collaborazione ottimale con la Direzione della mia Area Vasta 3. In particolare ho trovato nel personale del Dipartimento di prevenzione un modo fraterno e confortante di affrontare la particolarità della situazione, colleghi che con una serenità unica mi hanno coinvolto nel ricostruire passo dopo passo i miei movimenti.  Ho messo a loro disposizione la mia vita professionale pubblica e privata cercando di non omettere fatti importanti, ma credetemi, non è facile ricostruire tutta l’attività di una persona professionalmente impegnata su tanti fronti. Questi operatori fanno un grande lavoro, in un momento così difficile, sono angeli a cui ci si attacca nell’estrema fragilità. A loro il mio più grande ringraziamento. La mia famiglia sta bene ed anche io, gestisco la malattia al bisogno con farmaci sintomatici, tachipirina ed aereosol e mi avvio in questo cammino verso la guarigione che sarà ancora di un lungo isolamento e anche di noia. La struttura ospedaliera dove lavoro giustamente è stata messa in quarantena ed al momento non mi risultano altri positivi. Ho chiuso anche la mia attività privata che riaprirò non appena avrò certezza della fine di questa vicenda e della mia completa guarigione scusandomi per il disagio che posso aver arrecato a tutti i miei pazienti. Attraverso queste due righe voglio rafforzare il messaggio del rispetto che dobbiamo avere delle nome procedurali nei confronti del Coronavirus, sottolineo l’importanza di una particolare attenzione per gli anziani e soprattutto di non trincerarsi dietro lo spirito della paura, perché con la paura siamo perdenti ma con la collaborazione riusciremo a venirne fuori più forti».

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