«Cultura in quarantena»:
striscioni all’ingresso delle facoltà

CORONAVIRUS - La protesta del collettivo studentesco Depangher a Macerata, che critica le misure adottate dalle istituzioni

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Lo striscione apparso in corso Garibaldi al dipartimento di Filosofia

 

«Siamo contrari alla strumentalizzazione  della paura e ai provvedimenti adottati dalle istituzioni. Pertanto rivendichiamo il nostro diritto allo studio e a vivere gli spazi di socialità, dell’Accademia e dell’Università». E’ il messaggio del Collettivo Studentesco Depangher che questa mattina ha attaccato striscioni all’ingresso delle sedi universitarie a Macerata. «Non vogliamo minimizzare lo stato di emergenza in atto- spiegano – la nostra critica è rivolta ai metodi e ai mezzi con cui questa fase viene gestita, che sono sempre gli stessi, poco efficienti e che creano confusione».

coronavirus_protesta_collettivo_depangher_macerata_striscioni-1-325x183La loro protesta in particolare riguarda la chiusura delle scuole di ogni ordine e grado, delle biblioteche, la sospensione delle lezioni universitarie e il divieto di manifestazioni pubbliche. «Questi provvedimenti, oltre a non contenere il problema, gravano sulla vita di ogni studente e studentessa.  Ci è sempre stato insegnato che per lo studio è fondamentale porsi domande e mettere in discussione il presente, pertanto sentiamo il bisogno di far emergere alcune delle contraddizioni interne a questa politica».

coronavirus_protesta_collettivo_depangher_macerata_striscioni-2-325x183In particolare predono in esame la chiusura dei luoghi di cultura e di socializzazione: «Se di emergenza si tratta, non deve essere solo la cultura a subirne le restrizioni. Lo Stato è disposto a sacrificare gli spazi sociali e culturali, ma lo sfruttamento del lavoro, sempre più precario e senza diritti, non può subire rallentamenti». Puntano poi l’attenzione sul «caos che colpisce l’università. Gli studenti e le studentesse si trovano a dover affrontare problemi di organizzazione del proprio percorso di studi (lezioni, esami, tirocini, ecc…) e difficoltà legate a costi e spostamenti, soprattutto per i fuorisede». Concludono evidenziando la mancanza di informazioni necessarie. «Anche nelle piccole misure non c’è un’informazione puntuale e diffusa di ciò che sta accadendo, ma si parla solo di misure di contenimento e di controllo della vita sociale delle persone».

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