di Giuseppe Bommarito
Come era ampiamente prevedibile, il Tribunale del Riesame di Ancona ha confermato nei giorni scorsi la misura cautelare degli arresti domiciliari, con il braccialetto al polso, emessa nello scorso mese di luglio nei confronti di Giuseppe Cerolini e del suo complice e sodale Giovanni Aldo Mellino. Il Tribunale anconetano ha infatti ritenuto più che sussistenti i gravi indizi di colpevolezza evidenziati dal Gip di Macerata a carico dei due indagati, arrivando persino ad attribuire agli stessi “professionalità e stabilità” nella loro condotta delittuosa, nonché “una spinta a delinquere non comune e non contenibile da misura non detentiva”.
Ciò mentre sempre di più, ogni giorno che passa, si frantuma nel territorio maceratese e fermano il grande impero di carte false del Cerolini, l’uomo che si era proposto all’opinione pubblica come imprenditore abile e illuminato, con velleità anche di tipo culturale, emerse, ad esempio, allorché, senza il minimo senso del pudore, ebbe ad offrirsi per il rilancio del cinema Italia di Macerata. Invero le notizie che a questo proposito si susseguono incessantamente sulle cronache sembrano quasi il bollettino di una guerra persa, tra sfratti, utenze non pagate (clamoroso il caso del Venanzetti di Macerata, dove la chiusura del locale per il distacco dell’utenza dell’acqua ha preceduto la pronunzia del giudice), disdette per le poche locazioni di locali pubblici ancora in corso, vertenze a ripetizione di dipendenti non pagati, procedimenti attivati dalla Direzione Territoriale del Lavoro, recuperi contributivi, istanze di fallimento (che gli inquirenti stanno cercando di riunificare presso il Tribunale di Macerata, nel cui ambito territoriale era la sede effettiva delle varie imprese del Cerolini, formalmente sparse in varie parti d’Italia, e che, allorchè inizieranno a produrre le relative sentenze di fallimento, daranno vita, aggiungendosi ai procedimenti già in corso, a tutta una serie di pesanti reati fallimentari, a partire dalla bancarotta fraudolenta).
Grande comunque nel territorio costiero è l’attesa per gli sviluppi ulteriori di questa indagine, che potrebbe aver ricevuto consistente linfa dalla documentazione sequestrata nello scorso mese di luglio, il giorno dell’arresto di Cerolini e Mellino, ad Angelo Recchi, anziano collaboratore e prestanome del Cerolini, nonché con quest’ultimo coindagato in diversi procedimenti a Macerata e Fermo. Recchi – come si ricorderà – quel giorno fu infatti beccato dagli agenti della Guardia di Finanza nei piani bassi della palazzina del Cerolini mentre furtivamente e silenziosamente stava cercando di squagliarsela con un borsone pieno di documenti, che gli indagati, con tutta evidenza, non volevano che finissero nelle mani degli inquirenti.
Nel frattempo, anche a seguito dell’arresto a Civitanova di qualche giorno fa di tale Emilio Rossi, genero del capoclan calabrese Felice Ferrazzo, si concretizza sempre di più la certezza che questa città, e praticamente l’intera costa da Porto Recanati sino a Porto San Giorgio, sta diventando la base logistica di diverse cosche del crotonese, tutte tra di loro collegate e tutte affiliate, in seconda battuta, al potentissimo e storico clan ‘ndranghetista di Reggio Calabria dei De Stefano, la loro famiglia madre. E, a riprova non solo di quanto riferito tre anni fa da Nicola Gratteri, secondo il quale nelle Marche sono già radicate le dieci maggiori famiglie ‘ndranghetiste della Calabria, ma anche delle recentissime e preoccupate parole di Vincenzo Macrì, Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Ancona, queste cosche crotonesi sono tutte presenti nel nostro territorio costiero con personaggi caratterizzati da un notevole spessore criminale, dediti sia al traffico ed allo spaccio di droga che ad attività di riciclaggio di soldi sporchi, fatti vendendo la morte anche ai giovani della nostra regione (non a caso le Marche sono, insieme all’Umbria, la regione italiana con il più alto tasso di mortalità per overdose da sostanze stupefacenti).
Da sinistra: Giuseppe Cerolini e Giovanni Aldo Mellino il giorno dell’udienza in tribunale per l’interrogatorio di garanzia
Cominciamo dal Mellino Giovanni Aldo, arrestato insieme a Cerolini per reati fiscali e tributari di straordinaria rilevanza, che sarebbe stato protagonista anche nel civitanovese di taluni recuperi crediti con modalità estorsive e di intimidazione mafiosa. Il Mellino, distaccato in precedenza dalla cosca Vrenna-Bonaventura da Crotone a Rimini (a Bologna il fratello Francesco, detto Franco, è stato condannato all’ergastolo per un omicidio commesso proprio sulla costa romagnola ed alla reclusione ad otto anni per associazione di stampo mafioso), è stato a sua volta già condannato, grazie alle rivelazioni di diversi pentiti componenti del suo clan (tra i quali l’ex genero Domenico Bumbaca) per un traffico di sostanze stupefacenti accertato a Isola Capo Rizzuto, nel crotonese; e non si trattava di poca cosa, ma addirittura di una tonnellata di hashish. Questo Mellino stabilitosi da qualche anno a Civitanova faceva dunque parte del cerchio magico dei collaboratori più stretti di Giuseppe Cerolini, insieme alla fidata Giuseppina Marinozzi, all’altro calabrese Vincenzo Fustilla (a sua volta coindagato nel procedimento penale maceratese riguardante le varie società del patron della Civitanovese), di recente a quanto sembra rientrato a Prato, e a tale Matteo Stuppiello, detto “il foggiano”, che oggi ritroviamo quale portavoce anche tra i componenti dello staff della Civitanovese, nonché tra i soggetti indagati dalla Procura di Macerata.
Prima di passare all’arresto di pochi giorni fa, ma sempre parlando degli ultimi anni e dei sempre più frequenti arrivi a Civitanova e dintorni di malavitosi facenti parte di cosche crotonesi della ‘ndrangheta (nel mentre lo stesso Cerolini faceva la strada inversa, spostando a Crotone la sede di una sua società, la F.V. Service s.r.l., e ancora a Crotone acquisendo tramite la Effemme s.r.l. la gestione di un distributore di carburanti), occorre però fare un piccolo passo indietro. A fine 2014, su input della Direzione Distrettuale Antimafia di Perugia, scatta anche nelle Marche l’operazione “Quarto Passo”, per stroncare l’attività di stampo mafioso svolta in Umbria e principalmente nelle Marche della cosca Farao-Marincola di Cirò, in provincia di Crotone. Un’operazione in grande stile: furono infatti 61 le persone fermate, con sequestri di beni riconducibili ad attività di riciclaggio per oltre 30 milioni di euro. Ebbene, proprio tra Civitanova, Potenza Picena e Fermo risiedevano sei degli arrestati, tra i quali Francesco Pellegrino, uno dei capi dell’organizzazione criminale, attualmente sotto processo nel capoluogo umbro. C’è infine ad interessare Civitanova – e qui veniamo agli ultimi fatti – la recentissima vicenda dell’arresto di Emilio Rossi, genero di Felice Ferrazzo, capo dell’omonima cosca di Mesoraca, sempre nel crotonese (quest’ultimo oggi in carcere per il rinvenimento di un imponente arsenale di armi a Termoli, ove conduceva la comoda vita del falso pentito).
Secondo la Direzione Distrettuale Antimafia aquilana, titolare dell’indagine, che ha richiesto ed ottenuto l’arresto di 25 persone, Rossi ed altri esponenti della cosca Ferrazzo, ritenuti ovviamente responsabili di un’associazione di tipo mafioso, gestivano anche nelle Marche, con base logistica appunto a Civitanova, un imponente traffico di cocaina e di armi, accompagnato da estorsioni varie e da riciclaggio dei soldi sporchi incassati con la droga. Un clan, quello dei Ferrazzo, peraltro strettamente legato ai Vrenna-Bonaventura (del quale, come si è detto, facevano parte i Mellino), al punto da aver cercato, proprio a Termoli, di far fuori un altro importante pentito, tale Luigi Bonaventura, lì dislocato con la famiglia sulla base della normativa dei collaboratori di giustizia, apparentemente in incognito ma in realtà quasi subito perfettamente individuato da altri malavitosi calabresi. Ebbene, questo Luigi Bonaventura era stato reggente per alcuni anni proprio della cosca Vrenna-Bonavenutura, per poi pentirsi dopo l’arresto, incastrando diversi componenti della stessa e suscitando così tra gli scampati all’arresto un forte desiderio di vendetta, che proprio i Ferrazzo avrebbero dovuto esaudire in virtù dei forti legami esistenti tra i due clan. Insomma, una faccenda molto preoccupante, anche per le evidenti connessioni sopra ricordate tra le varie cosche crotonesi sbarcate negli ultimi tempi a Civitanova e città limitrofe e per l’altrettanto evidente accordo tra le stesse per la gestione del traffico e dello spaccio di droga (il core business delle organizzazioni mafiose) ed il riciclaggio di soldi sporchi, condotto tramite l’incessante apertura di nuovi locali destinati a durare non più di un anno e l’acquisizione sempre più estesa di esercizi pubblici in profondo rosso, locali che in un caso e nell’altro vedono spesso come titolari personaggi già falliti o pluriprotestati, peraltro beneficiari grazie ad una disinvolta banca del sud di mutui e scoperti di conto garantiti da sconosciuti personaggi romani.
Una storiaccia, brutta e angosciante, sulla quale gli attuali amministratori civitanovesi continuano allegramente a tacere, forse preoccupati dei loro contatti con Giuseppe Cerolini e con il Mauro Mattucci del Civita Park (altra vicenda da manuale), o forse paghi di aver istituito un paio di anni fa, senza peraltro mai riunirla, una commissione consiliare di inchiesta sulla criminalità organizzata. A questo punto, la speranza è che della questione si facciano in qualche modo carico, ciascuno sulla base delle rispettive competenze, oltre alla Direzione Distrettuale Antimafia delle Marche, i candidati che a breve scenderanno in campo per l’ormai prossimo rinnovo dell’assise consiliare di Civitanova.
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Come sempre un articolo ottimo e dettagliato. Il problema è che si arriva sempre tardi. Tu hai ricordato le parole di Gratteri che qualche anno fa, ospite nella nostra città, denunciava la crescita del fenomeno mafioso nella nostra Regione. Una Regione non più isola felice come la descrivevano tutti. Ma allora la prevenzione che fine ha fatto ? La collaborazione data dai cittadini ( per la verità non tanti) e tanto auspicata dalle Istituzioni ha prodotto qualcosa? In molti casi ha prodotto solo senso di insicurezza, sfiducia e la volontà a non collaborare più. Rimane la tua puntuale presenza sui fenomeni malavitosi che in qualche modo non fanno spegnere per sempre la speranza. Grazie Peppe
Mi scuso per un errore nell’ultima frase ( ..non fa spegnere al posto di ….non fanno spegnere )
bell’articolo. bisogna pronunciarla forte e chiaro la parola “mafia”. a Civitanova si fa finta di niente e più che silenzio sembra omertà.
ottimo consueto ed aggiornato spaccato dell’avv. Bommarito, che ci regala una rara sensazione di vicinanza dello Stato in un territorio in cui, libero arbitrio, eccessivo permissivismo e movida sfrenata a tutti i costi, attirano come mosche la criminalità organizzata.
Non finirò mai di ringraziare tutti coloro che mi hanno
ascoltato fin dal principio della mia ormai nota esperienza con la Effemme s.r.l….
Non so quante altre persone ci siano che come me,purtroppo,sono rimaste intrappolate nella rete gettata dal signor Cerolini e i suoi collaboratori,che
senza nè scrupoli,nè ritegno,nè vergogna e direi nè
umanità hanno continuato spavaldamente a calpestarci
Con la speranza che queste persone si facciano avanti senza il timore di raccontere le proprie esperienze con il Cerolini&C. dico a tutte loro: Le disgrazie,le ingiustizie,le violenze,ecc…purtroppo fanno parte della natura umana..ma in questo caso la superbia(secondo me uno dei peccati capitali più distruttivi per il genere umano)si è inpossessata della mente di queste persone portandole evidentemente a credere di essere invincibili,intoccaboli,superiori al resto del mondo a tal punto di pensare di avere il potere di decidere “CHI VIVE O CHI MUORE”……………quindi non abbiate timore di farvi
avanti ,l’unione fa la forza…inchiodiamo a terra i piedi di queste persone che in cielo di cose che volano ce ne sono già abbastanza…
Riecco Bommarito con i suoi farneticanti accostamenti tra gli amministratori del Comune e la criminalità. Lo aveva già fatto a luglio e gli avevo risposto (in calce riporto la risposta che ho già dato a Bommarito il 26 luglio 2016). Imperterrito e, soprattutto senza nessun elemento un minimo compromettente, Bommarito continua ad accostare malevolmente Cerolini all’amministrazione comunale. Per quanto riguarda Mattucci, gli ricordo, che al nostro insediamento abbiamo trovato convenzioni già firmate tra la sua/e società e il Comune. Convenzioni fatte molti anni prima quando io e il sindaco non eravamo presenti neanche in consiglio comunale. Le vicende giudiziarie di Mattucci, da quello che abbiamo letto sui giornali, riguardano le attività abruzzesi e non il palazzetto. Con Mattucci perciò nessuna compromissione, di nessun tipo.
La lotta alla criminalità, alle infiltrazioni malavitose, ci hanno visto in prima fila fin dai tempi del Pci. E lo siamo ancora, offrendo la massima collaborazione, quando richiesta, alle forze dell’ordine e con comportamenti di contrasto per quello che gli amministratori comunali possono fare su un terreno di competenza della magistratura e delle forze dell’ordine. Ogni illazione è solo un esercizio giustizialista, basato sul nulla, frutto di rancore politico di cui si nutre Bommarito. Ma, su questo terreno, nessuno può darci lezioni, tanto è irreprensibile il nostro comportamento e i valori su cui si fonda.
Non abbiamo interessi personali ne’ diretti ne’ indiretti, non abbiamo interessi familiari ne’ diretti ne’ indiretti.
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Commento di Giulio Silenzi pubblicato il 26 luglio 2016 alle 10:56:
Bommarito dice cose non vere nei confronti sia dell’Amministrazione Comunale che miei e parla addirittura di collusione facendo accostamenti deliranti, frutto di un rancore politico sconfinato e che finisce per distorcere i fatti amministrativi di Civitanova nei confronti di Cerolini.
Andiamo per ordine:
1 – L’Amministrazione Comunale non ha mai posto veti a nessuno in merito alla partecipazione a dibattiti, ci mancherebbe altro, e Bommarito ha partecipato ad un incontro sul tema della droga organizzato e finanziato anche dall’Amministrazione Comunale.
2. Bommarito non dice la verità quando riporta un mio intervento nel corso di una fantomatica riunione di un comitato federale e voglio ricordare all’avvocato che i comitati federali non esistono più e che è rimasto ai tempi in cui militavamo nel PCI e facevamo parte dei comitati federali del PCI e lui ne aveva diritto (se ricordo bene) come segretario del PCI di Macerata. Quanta confusione si fa quando a prevalere è il livore!
3. Con Cerolini non abbiamo nessunissima compromissione. Al contrario, l’Amministrazione Comunale ha in essere una causa contro il “gruppo Cerolini” per la questione degli affitti non pagati per le palazzine del Lido Cluana.
4. Per quanto mi riguarda, non ho mai incontrato, ne’ parlato, ne’ conosco il signor Cerolini, del quale sarà la magistratura ad individuarne le eventuali responsabilità. È inaccettabile che si facciano teoremi inventati, perché tali sono, pur di coinvolgere l’Amministrazione Comunale che è del tutto estranea.
5. Sul tema della droga, cerchiamo di essere presenti per quanto possiamo fare come amministratori, non sottovalutando assolutamente la problematica sapendo però che ci sono funzioni specifiche. A Bommarito ricordo anche che questa amministrazione e il Pd sono stati i pochi ad allinearsi all’allarme sull’emergenza traffico e consumo di droga in città lanciato dal procuratore di Macerata mentre per altri il problema sicurezza che affligge Civitanova erano e restano altre questioni.
Continuo ad essere onorato dai commenti del “divo” Giulio, al quale rispondo molto volentieri, invitandolo comunque a leggere con più attenzione i miei articoli prima di parlare, del tutto a sproposito, di “farneticanti accostamenti”.
Io infatti non ho per nulla accusato l’attuale Amministrazione di contiguità con la criminalità organizzata, nè penso una cosa del genere.
Ho detto, e qui lo ribadisco (e non credo di essere il solo a pensarla così), che l’attuale Amministrazione è molto disattenta sul tema della penetrazione indubbia della criminalità organizzata a Civitanova Marche, tanto che lo stesso Silenzi, pur impegnatissimo a fornire all’opinione pubblica i dati numerici su ogni e qualsiasi manifestazione dell’estate civitanovese, non ha ancora trovato il tempo e il modo per spendere almeno una parola sulla indubbia convergenza su Civitanova di tanti personaggi legati a clan della criminalità mafiosa organizzata. Nessun intervento, nessuna presa di posizione, nessun tentativo almeno di capire, almeno a grandi linee, le dimensioni del problema, nemmeno in questo suo ulteriore intervento.
Ricordo peraltro a Silenzi che più volte il Procuratore della Repubblica dott. Giorgio ha scritto che a Civitanova e dintorni circola quasi indisturbato un fiume di droga, e, come il buon Giulio dovrebbe ben sapere, fra la droga e la criminalità organizzata esiste sempre un binomio indissolubile.
Aggiungo che nei riguardi di taluni di questi personaggi venuti di recente alla ribalta, l’Amministrazione di cui Silenzi è parte determinante, ha comunque steso il tappeto rosso a terra, e questo vale sia per Mattucci (favorito in tutti i modi nella sciagurata vicenda del Civita Park anche dopo la sconfitta del centrodestra nel 2012, nonostante fosse stato già arrestato in quel periodo per una precedente indagine della magistratura di Pescara)che per Cerolini (al quale è stato anche consentito di affacciarsi benedicente dal balcone del palazzo comunale quando ha preso la presidenza della Civitanovese, pur essendo noto a molti che da almeno un paio di anni girava in città con tanto di scorta fissa calabrese).
Chissà, forse, considerate queste situazioni che erano sulla bocca di tutti, e pur essendo vero che le indagini devono essere di competenza della magistratura e delle forze dell’ordine, una maggiore prudenza da parte dell’Amministrazione nei riguardi di certi personaggi sarebbe stata consigliabile, se non doverosa. Io almeno la penso in questo modo.
Si rassicuri, comunque, il beneamato “divo” Giulio: nessun rancore politico da parte mia verso l’attuale Amministrazione (anche se sarei un falso ed un ipocrita se dicessi che mi piace come si è mossa in questi anni la giunta Corvatta-Silenzi), ma solo la dovuta attenzione verso un impressionante fenomeno di penetrazione della criminalità mafiosa nel territorio della nostra provincia, a cominciare dalla costa per arrivare poi anche all’entroterra.
Da quanto sopra desumo che se tutti si comportassero come scrive Bommarito, forse la mafia avrebbero la vita più dura, invece spesso le amministrazioni pubbliche fanno finta di niente.