Da sinistra Giuseppe Cerolini e Giovanni Aldo Mellino il giorno dell’udienza in tribunale per l’interrogatorio di garanzia
Chiesta la revoca degli arresti domiciliari per l’imprenditore Giuseppe Cerolini e per il suo collaboratore Giovanni Aldo Mellino. La richiesta è stata avanzata questa mattina dagli avvocati Gabriele Cofanelli (che assiste Cerolini) e Domenico Basile (legale di entrambi gli arrestati), al Tribunale della libertà di Ancona. Ieri invece si era pronunciato il Tribunale del riesame di Macerata in merito al sequestro di materiale informatico contestuale agli arresti di Cerolini e Mellino, i giudici avevano respinto le richieste dei legali, confermando i sequestri. Nel corso dell’udienza di questa mattina il pm Enrico Riccioni, che ha coordinato le indagini della Guardia di finanza di Macerata insieme al procuratore Giovanni Giorgio, ha chiesto la conferma degli arresti domiciliari per entrambi. I giudici si sono riservati di decidere e daranno risposta nelle prossime ore o nei prossimi giorni. Cerolini e Mellino sono finiti in manette lo scorso 21 luglio.
La procura aveva chiesto al gip una misura cautelare per il rischio di reiterazione del reato di evasione fiscale. A far decidere il gip di disporre la misura il fatto che sia stata aperta una azienda in Bulgaria, da Mellino, verso la quale aziende di Cerolini avevano emesso fatture per 410mila euro. Non solo, secondo il gip Mellino sarebbe vicino alle ‘ndrine calabresi. Il giudice nell’ordinanza di misura cautelare aveva parlato anche di una «spinta criminogena quasi inarrestabile» del duo Cerolini-Mellino. Il colonnello Amedeo Gravina, comandante provinciale della Guardia di finanza aveva parlato, il giorno dell’arresto, di «una criminalità economica allo stato puro. Qui siamo all’arroganza pura perché si è continuato nel comportamento illecito anche dopo i sequestri e le indagini». Nei primi mesi di quest’anno al gruppo di Cerolini, nell’ambito delle indagini relative a presunte maxi evasioni fiscali, erano stati effettuati sequestri per 21 milioni di euro. I locali e le attività che facevano capo all’imprenditore civitanovese erano state sequestrate e affidate ad un consulente nominato dal gip, con il compito di gestirle.
(Gian. Gin.)
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