“Aquisgrana a San Claudio, solo affermazioni discutibili e insufficienti”

L'INTERVENTO - Il nostro lettore Umberto Prenna prende in esame alcuni degli argomenti usati da Don Carnevale per sostenere la sua tesi su Carlo Magno

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Don Carnevale durante l'inaugurazione della lapide a San Claudio

Don Carnevale durante l’inaugurazione della lapide a San Claudio

Le tesi di don Giovanni Carnevale che situa Aquisgrana a San Claudio fanno molto discutere. da una parte i numerosi sostenitori hanno dato vita ad un apposito comitato, dall’altra non mancano critiche a quanto scritto dal salesiano. Tra coloro che mal digeriscono la teoria di Aquisgrana in Val di Chienti c’è il nostro lettore Umberto Prenna che interviene sulla questione: 

«Dopo la (decisamente inopportuna) posa della lapide in San Claudio (leggi l’articolo) – scrive –  ed il successivo articolo del dottor Liuti (leggi l’articolo) che ha cercato di riportare la questione di Aquisgrana in Val di Chienti sotto una visione più corretta, proverò a citare alcuni degli argomenti che secondo i “Valdichientisti” attesterebbero la validità della loro tesi. Sono valutazioni oggettive, quindi non suscettibili di interpretazioni, e dimostrano, al di là di ogni ragionevole dubbio, che molte delle prove apportate a sostegno di quella teoria, non reggono ad un esame appena più approfondito.

Partiamo dai terremoti. I “Valdichientisti” citano antiche fonti storiche che menzionano eventi sismici nei pressi di Aquisgrana. Per loro è la prova provata che Aquisgrana non può essere in Germania: “Aachen (la città tedesca della Renania-Westfalia conosciuta in Italia come Aquisgrana – nda), come tutta la Germania, non è zona sismica…” da G. Carnevale ed altri co-autori “L’Europa di Carlo Magno nacque in Val di Chienti” pag. 23.
Ma dal sito dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia leggiamo: “In Europa centrale troviamo la struttura sismogenetica intraplacca più importante, il Graben del Reno…il ramo che invece da Francoforte si propaga verso NW, denominato il Graben del Reno inferiore (o Graben dei Paesi Bassi) è attivo. La sismicità attuale di questa regione è frequente, ma abbastanza debole. Prevalgono gli eventi a magnitudo minore di 4, ma alcuni sporadici casi di eventi più forti si hanno nella porzione meridionale del Graben e anche lungo il suo proseguimento verso N (dove si trova Aachen – nda), anche con magnitudo maggiore di 5, dove invece sono più rari i terremoti di piccola entità” (leggi). Un terremoto di magnitudo 4,4 gradi Richter si è verificato l’8 settembre 2011 ed è stato avvertito nel raggio di 200 km dall’epicentro (la città di Goch). Aquisgrana dista 75 km. Un altro, di magnitudo 3,2 gradi Richter, si è verificato lo scorso 30 marzo 2014 con epicentro a meno di 200 km da Aachen. Quindi i terremoti ci sono e non è vero che ad Aachen non ci sono terremoti.

L'abbazia di San Claudio

L’abbazia di San Claudio

I vigneti: sempre citando un cronista dell’epoca, che poneva la Cappella Palatina “inter vineta” , i nostri studiosi affermano che “ad Aachen le viti non allignano” per cui deve trattarsi di San Claudio al Chienti.
Ma Aachen si trova nella zona di produzione dei famosi vini “bianchi del Reno”, primo fra tutti il Riesling. Proprio ad Aachen ogni anno si svolge una festa del vino. Per la cronaca il prossimo Wine Festival si terrà dal 21 al 24 agosto2014 (leggi).

Il Vescovo Claudio: Citiamo dal libro di don Carnevale “La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti”, pag 30 : “Ecco ora il promesso documento a riprova che l’antica Aquisgrana sorgeva in Val di Chienti. Pochi anni dopo la morte di Carlo Magno, Claudio (780-827) vescovo di Torino scriveva: “. Seguita don Carnevale: “In inverno, su e giù tra Torino e Aquisgrana! Inconcepibile, anche prescindendo da dove fosse Aquisgrana, se in Val di Chienti o ad Aachen. Ma poi ho scoperto che in Val di Chienti c’era una civitas chiamata Torino e Claudio era evidentemente vescovo di questa Torino che oggi si chiama Pieve Torina. Sia Aquisgrana che il mare erano lì a breve distanza e gli andirivieni invernali si spiegano col fatto che Ludovico il Pio svernava abitualmente ad Aquisgrana” e conclude: ” Il passo dà la misura del disorientamento che regna nella storiografia e nella geografia carolingia non potendo avere come punto di riferimento la Val di Chienti”. Punto primo: i Saraceni non risalirono l’Adriatico, in maniera sistematica, prima dell’839-840 (quando il Vescovo Claudio era già deceduto – nda), mentre invece imperversavano in tutto il Tirreno. Punto secondo: viene posta la sede del Vescovo Claudio in Pieve Torina; questo piccolo borgo dell’alto maceratese non risulta però essere mai essere stato sede vescovile appartenendo, fino al 1587, alla Diocesi di Spoleto nel cui elenco dei Vescovi non figura nessuno nome Claudio che invece risulta nell’elenco dei Vescovi della Diocesi di Torino, di cui fu Vescovo dall’818 all’830, cioè in quegli stessi anni in cui ha scritto la lettera citata da don Carnevale (leggi). Punto terzo: leggiamo un’altra lettera del Vescovo Claudio (che don Carnevale non cita): “quale controllore delle terre invase da quei perfidi sarraceni, li quali dalla Corsica, notte e mane favorevoli, assediano le genti mie da Albenga a Ventimiglia” (leggi). I luoghi in essa citati non danno adito a dubbi.

Julo: da “La scoperta di Aquisgrana in Val di Chienti” (op. cit.), pag 29: “il passo contiene ancora un’annotazione di estremo interesse topografico: vi si afferma che il Palatium Aquisgrani era proximo Julo, a conditore Julio Caesare Cognominatum. Nell’alta Val di Chienti c’è un antico centro chiamato Giulio”.
Si può rintracciare questa località solo disponendo di una dettagliata carta topografica essendo “Giulio”una piccola frazione di Pievetorina; dista circa 60 km da San Claudio e ci sarebbe voluto quasi un giorno a cavallo per coprire tale distanza.
Come mai, con tanti riferimenti più vicini e più rilevanti, si andasse ad indicare questo sperduto Giulio per localizzare San Claudio?
Questo dubbio don Carnevale se lo era posto nel suo precedente volume “San Claudio al Chienti ovvero Aquisgrana”, pag 34, quando ancora non si era imbattuto in Giulio di Pievetorina: “Un centro abitato denominato Iulo non è identificabile nei pressi di Aquisgrana (in Italia). Appare anche incomprensibile che per chiarire l’ubicazione di Aquisgrana, capitale dell’Impero Carolingio, Widukind (condottiero sassone vissuto ai tempi di Carlo Magno- nda) debba far ricorso a un centro abitato certamente meno significativo . Io penso perciò che si tratti di una tarda interpolazione quando ormai Aquisgrana si identificava in Germania col santuario a San Carlo Magno, nei pressi di Jülich”.
Questa Jülich è una cittadina tedesca distante meno di 30 km da Aachen. Era conosciuta in epoca romana come Juliacum e si trovava, come adesso, lungo l’importante direttrice Düsseldorf-Liegi che passa per Aachen. Lì si incrocia anche la strada che proviene da Colonia ed era (è)un’ importante confluenza stradale che poteva benissimo essere presa come riferimento.
Quindi il convincimento che Julo=Giulio è avvenuto successivamente, quando è stato trovato questo borgo sperduto tra i monti dell’alto Maceratese.
Nel volume “L’Europa di Carlo Magno…” (op. cit.), pag 19, Jiulo è divenuto Julum: “…nell’Alta Val di Chienti c’era un antico centro chiamato Julum”. Nessuna fonte è citata circa la provenienza dell’attuale toponimo Giulio né è dato sapere se nel 7-800 questo gruppo di case già esistesse oppure se è un insediamento sorto in epoca successiva».

Come si è visto, queste notazioni traggono spunto dalla lettura soltanto delle prime pagine di alcuni dei libri scritti da don Carnevale. Inoltrandosi nella lettura si incontra una serie di affermazioni del tutto discutibili ed insufficienti a provare che la Val di Chienti fosse la capitale dell’immenso impero di Carlo Magno che si estendeva da parte della Spagna ai Paesi balcanici, all’Italia».



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