In questi mesi abbiamo raccolto le testimonianze di chi ha perso il posto di lavoro, o non riesce a trovarlo, oppure vive in una condizione di continua precarietà ed incertezza. L’allarme lanciato dai sindacati sull’assottigliamento degli ammortizzatori sociali, come la cassa integrazione in deroga, è ormai quotidiano. Ma altrettanta importanza rivestono le testimonianze di chi vive, in qualche modo, dall'”altra parte” della barricata: gli imprenditori, costretti sotto il peso della crisi che è ancora più opprimente per quanti lavorano esclusivamente (o in prevalenza) sul mercato italiano, colpito da un costante calo dei consumi. L’imprenditore che è venuto nella nostra redazione per raccontare qual è il momento che lui – come molti suoi colleghi – sta vivendo, risiede e lavora nella nostra provincia. E’ sposato, ha dei figli, e chiede di rimanere anonimo perché teme ritorsioni dalla banca dove ha i propri conti correnti: “me li chiuderebbero domani se leggessero questa intervista”.
Perché i suoi colleghi sono restii a parlare pubblicamente della propria situazione?
“Il primo motivo per cui gli imprenditori non parlano è che hanno paura di perdere la dignità. Il secondo motivo è che hanno paura che parlare sia deleterio per loro. Il primo imprenditore che dice di essere in difficoltà avrà sicuramente dei danni. E questo è un dramma”.
La mancanza di liquidità è certamente un problema, ma nell’immaginario collettivo l’industriale non è uno che se la passa male…
“E’ vero: tipicamente l’imprenditore ha i soldi, ha il macchinone… questa idea collettiva è anche colpa dell’imprenditore, che ha ostentato anche più di quello che doveva. Questa brutta immagine che ha dato è solo sua responsabilità. Però anche gli imprenditori hanno un’anima e un cuore. Ho paura che anche tra i miei amici, come è già accaduto per esempio a Civitanova, qualcuno possa pensare di togliersi la vita”.
Cosa imputa agli istituti di credito?
“Da parte delle banche c’è una sorta di miopia: non danno soldi per paura che l’azienda fallisca, ma l’azienda fallisce proprio per la stretta del credito. Questo è in termini generali, non ci si può far nulla. Il problema è quando ci si trova di fronte a situazioni di altro tipo, dove i finanziamenti vengono promessi ma, alla fine, non sono erogati. Le banche non possono illuderci”.
Le è capitata una situazione del genere?
“Sì, e conosco anche altri imprenditori a cui è successa la stessa cosa. Se una banca dicesse che non può concedere prestiti almeno uno si regolerebbe di conseguenza, cercherebbe altre strade. Ma promettere finanziamenti e poi non erogarli, fidandosi e compiendo magari scelte manageriali disastrose, seguire strategie sbagliate, porta allo sfinimento. Tanto alla fine un motivo per non dare il prestito lo trovano sempre. E il guaio è che ci sarebbero pure Enti che potrebbero dare una grandissima mano alle imprese, ma quando si tratta dell’atto pratico si rivelano inutili per le piccole e medie imprese, che sono il nostro tessuto produttivo”.
Per esempio?
“Ci sono tante fonti di finanziamento a fondo perduto, che in teoria esistono, ma in pratica non sono percorribili. Il Simest, per dire, finanzia investimenti all’estero, anche con cifre importanti, ed è molto utile per questo tipo di investimenti. Ma tutto prescinde sempre dalle fidejussioni bancarie, che le banche non rilasceranno mai. Per cui possono avere accesso solo le grandi aziende, che già avrebbero disponibilità finanziarie, ma non quelle piccole o medie, come nel mio caso e in tanti altri”.
Quanti dipendenti ha la sua azienda?
“Quindici”.
Da quanto tempo è un imprenditore?
“Lavoro da 21 anni. E devo dire che i miei impiegati capiscono il momento difficile, certamente il più critico da quando ho iniziato. Ci sono momenti di tensione, com’è normale, ma loro mi danno una grande mano”.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Non capisco perché l’imprenditore non si palesa. Noi tutti sappiamo che le banche fingono di essere la fata di Cenerentola e poi si trasformano in corso d’opera nella strega di Biancaneve. Ora, se non ha accesso a finanziamenti lui, provi a domandarsi in che braghe di tela si ritrovano quelli che non sono nemmeno imprenditori. O quelli che, per una tragedia delle contingenze, hanno dovuto accendere un mutuo per sovvenire alle proprie necessità e strada facendo – causa la crisi vera, ossia quella che compete ai poveri e agli onesti, perché ai ricchi e agli evasori compete solo quella finta… – si ritrovano nell’impossibilità o nella grave difficoltà ad onorare le proprie rate. Chi li aspetta, magari in nome di una serietà personale o familiare comprovata da anni o da decenni? Forse la banca, qualunque essa sia? Chi li aiuta? Forse chi sta meglio di loro? Ma in Italia piangere è un mestiere, forse il più redditizio che esista, considerati i tenori di vita (più che le dichiarazioni dei redditi…) di coloro che piangono di più. I poveri veri hanno una dignità che non crolla, e un ritegno che non si sposa col mestiere delle prèfiche.
Ecco: vorrei dire all’imprenditore dell’intervento che non ci si deve vergognare di essere in difficoltà economica. Sono ben altre le cose di cui ci si deve vergognare: non pagare le tasse, non retribuire adeguatamente i dipendenti, marciarci con i lavoratori stranieri, fare le creste sugli straordinari, portare i capitali all’estero, etc. Uno che si è comportato sempre bene, se è in difficoltà, potrà acuire i denti dei vampiri (ma quelli sono sempre all’erta, sanno sempre tutto e se possono speculano su tutti), ma da parte di tutti gli altri potrà ricevere solo solidarietà e comprensione.
Grande solidarietà…ma le responsabilità per il comportamento delle banche ha dei complici molto più colpevoli, mi riferisco a chi dovrebbe controllare l’operato delle banche e principalmente da chi ha gestito e gestisce il sistema finanziario globale.La BCE ha delle responsabilità enormi, poichè continua a finanziare le banche con liquidità senza controllare come verranno impiegate le somme erogate, le quali vengono utilizzate dalle banche neanche per sanare i debiti, per questi continuano a comprare soldi dai risparmiatori a tassi tanto elevati che non potranno mai essere rimborsati senza ulteriori aiuti dalle banche centrali, ma utilizzano le somme per fare finanza e spesso finanza derivata, quella che ha fatto fallire il sistema mondiale. La Deutsche Bank ha in pancia 72 Trilioni di euro di asset derivati , la prima nel mondo, per ogni euro di attività perse o fallite nella DB vi sono soltanto 1,47 centesmi di copertura, (fonte Italia Oggi 9 Maggio)basterebbe un piccolo scossone per causare un disastro. ma non è la sola banca in questa situazione, praticamente lo sono tutte specie le più grandi, poichè come ho già detto, in questo settore più debito hai assunto, più non ti faranno fallire, ma fallirà il popolo compreso il settore imprenditoriale al quale vengono chiusi i rubinetti…carissimo popolo, inizialmente pensavo che vi fossero delle sviste, delle mancanze, delle negligenze di alcune categorie, ora sono convintissimo che esiste un preciso programma mondiale per far si che le vecchie economie si distruggano almento in parte …quindi con molto dispiacere voglio dire all’imprenditore …rassegnati e rassegnatevi, le banche non vogliono il vostro fallimento, ma è il sistema mondiale, il nuovo ordine mondiale che vuole la fine, le banche sono artefici del mezzo insieme al sistema politico, siamo certi, le banche non sono giustificabili, poichè la dignità dell’uomo deve essere sempre sopra ogni cosa, chi agisce il contrario meriterebbe …..dite voi…io aggiungo molto di più….e anche peggio, ma caro popolo se non ti svegli tu dal lungo e la smettessi de pensà solo a lu pallò, lu telefonino, lu macchinò…..stai sicuro che la tua lapide è già scritta….”Qui giace il popolo, il quale dopo un lungo sonno indotto dal sistema …è morto..ne danno felice notizia i Burattinai del nuovo ordine mondiale.Tranquilli ogni tre mesi una messa…per noi defunti.
@ Gianni Rondoni: Complimenti, analisi perfetta!!!!!!
Un saluto all’amico Gianni… condivido in parte la tua analisi, sono certo che le cause dell’attuale situazione sono in parte molto lontane dai ns. centri decisionali, tuttavia…
Credo che non possiamo autoassolverci e arrenderci.
I cambiamenti che stanno avvenendo coinvolgono tutto il pianeta, sarebbe miope non rendercene conto e non capire che alcune problematiche sono solo nostre.
Prendo spunto dalle problematiche evidenziate dall’anonimo imprenditore per condividere alcuni passaggi, il circolo vizioso della mancanza di fiducia del sistema bancario nell’impresa fa si che non si concedano crediti per paura delle sofferenze ma ciò è chiaro a tutti accelera i problemi e non li risolve.
E’ arrivato per tutti il momento di abbandonare vecchie logiche, prestiti in cambio di garanzie (i confidi sanno bene che il perdurare della crisi rischia di travolgere anche loro).
In passato la crescita economica, quasi ininterrotta per 50 anni, favoriva chi rischiava, chi osava fare…oggi è necessario avere le idee chiare, fare impresa significa scegliere i clienti giusti, i mercati migliori, innovare i prodotti, fare ricerca, autofinanziare l’impresa anzichè depauperarla per investimenti finanziari della famiglia.
Il cambio di mentalità potrà avvenire per alcuni con stimoli delle associazioni di categoria, dei media, degli enti per altri passerà per cambi generazionali, manageriali, fusioni e accorpamenti con altre imprese.
Di certo non gioverà a nessuno scaricare le colpe sugli altri.