Leonardo Catena
«Ho subito un’ingiustizia, su questo non c’è alcun dubbio». L’amarezza di Leonardo Catena per l’esclusione dalle liste del Pd per le regionali è racchiusa tutta in queste poche parole. Il sindaco di Montecassiano ha affidato a un lungo post su Facebook la sua riflessione sulla decisione presa stanotte dall’assemblea regionale del suo partito. Parole al vetriolo contro l’apparato dirigente che ha deciso di escluderlo dalla corsa, nonostante fosse stato di gran lunga il più votato tra i circoli della provincia. Con 36 voti favorevoli, uno contrario e un astenuto l’assemblea ha infatti dato il via libera alla proposta di lista presentata dal segretario regionale Giovanni Gostoli: Sauro Scaficchia, sindaco di Fiastra e Loredana Riccio, dirigente Asur, per l’entroterra; il sindaco di Macerata Romano Carancini e Giovanna Salvucci di Urbisaglia per l’area del capoluogo e dintorni; Roberta Pennacchioni, consigliere a Recanati e Francesco Micucci, già consigliere regionale di Civitanova per la costa. Oltre a Catena è rimasto fuori dai giochi anche il segretario dem di Macerata Stefano Di Pietro (leggi l’articolo).
Il post del sindaco di Montecassiano
Ecco la riflessione del sindaco di Montecassiano Leonardo Catena
«Il Pd provinciale e regionale ha deciso di non candidarmi alle elezioni regionali nonostante avessi dato la mia disponibilità, dopo approfondita riflessione, nonostante fossi di gran lunga il più designato dai circoli Pd della provincia di Macerata e avessi il sostegno di tanti amministratori locali, anche civici. Anzi pensare che forse proprio per questo non mi abbiano candidato piuttosto che in base a fantasiosi criteri territoriali introdotti alla fine delle consultazioni dei circoli sembrerebbe un’ipotesi ben più credibile. La dirigenza del partito ha ritenuto che Cingoli , San Severino Marche, Cingoli, Apiro, Matelica, Castelraimondo, Fiuminata, ecc ecc possano essere meglio rappresentati dall’amico Sauro Scaficchia (a cui faccio un in bocca al lupo sincero) che dal sottoscritto e voglio sperare che questa scelta produca un grande risultato in tutti i comuni della montagna che ci aiuti a vincere le elezioni. La verità è che i criteri territoriali sulla cui base mi hanno escluso sono artificiosi e non valsero nelle precedenti elezioni regionali quando chi sostiene questi criteri oggi nelle scorse tornate chiese e ottenne voti in montagna e lungo la costa per un tolentinate prima e un maceratese poi. Entrambi sostenuti anche da me. Questi criteri non valsero quando alle scorse elezioni politiche cercarono in ogni modo di boicottare la candidatura di Flavio Corradini come rappresentante delle zone terremotate, escluso dal Pd provinciale e poi riammesso da quello nazionale.
La mia candidatura e quella di Giovanna potevano turbare assetti, (dis)equilibri interni e l’auto conservazione di taluni. Ho subito un’ingiustizia, su questo non c’è alcun dubbio. Quello che più mi rammarica è che l’ingiustizia l’abbiano subita le tante persone, dentro e fuori dal partito, pronte a sostenerci. Solo la faziosità e la militarizzazione del dibattito possono spiegare ciò che è stato deciso, non ci sono ragioni politiche serie che possano sostenerlo. Un’ingiustizia anche grave considerata la prospettiva che si poteva aprire, rappresentare i cittadini maceratesi in regione per contribuire a deliberare buone leggi e a prendere buone decisioni. Poi non c’è da meravigliarsi se i cittadini si sentono lontani dalla politica e dalle istituzioni.
Ma chi è impegnato politicamente dovrebbe saper soppesare le questioni. Ogni giorno milioni di persone soffrono e subiscono ingiustizie ben più gravi. Basti pensare a chi è malato e non riceve cure adeguate o ha chi perso lavoro con la crisi e non ha un sostegno dignitoso o a chi ha perso casa con il terremoto e non sa quando potrà tornarvi. Mentre c’è chi lotta per la propria sopravvivenza o per arrivare a fine mese, chi lo dovrebbe rappresentare spreca tempo e energie a tessere trame e battersi in lotte intestine che si chiudono rovesciando gli esiti della consultazione degli iscritti. Una presa per i fondelli.
La mia ingiustizia in confronto a coloro che vivono ai margini è un piccolissimo sopruso.
Però mi chiedo : se chi ha ruoli dirigenziali ignora la voce degli iscritti e ne calpesta i diritti, se non sa riconoscere più valori fondamentali come quello della democraticità delle scelte o quello della opportunità della proposta politica, come può ritenersi all’altezza del compito di governare i processi e risolvere i problemi ?
Conosco i meccanismi del potere, talvolta tanto inevitabili quanti nauseanti. Ci sono in tutti i partiti o movimenti. Ma assuefarsi a queste logiche vorrebbe dire farsi fagocitare da un sistema malato. Credo fermamente invece che ci sia spazio per una politica diversa. E per questa continuerò a combattere e a insistere nel provare a costruire un’alternativa a chi a forza di sconfitte, incarichi ben retribuiti e ambizioni scodinzolanti non supportate da consenso e gradimento ha smarrito il senso profondo dell’impegno politico e i valori che dovrebbero guidarlo.
Cosa faremo ora? Con una lista debole perché esclude una fetta importante del partito, probabilmente maggioritaria fuori dagli organismi del Pd, e di fronte alla possibilità che una destra pericolosa vinca le elezioni dovremmo moltiplicare gli sforzi per rendere competitivo il Pd e la coalizione di Mangialardi. Verrà poi il momento di fare le valutazioni. Capire se chi ha fatto le scelte a livello provinciale e regionale abbia commesso o meno pesanti errori ed eventualmente chiamarlo a rispondere di questi errori evitando di annacquare le responsabilità».
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La verità è che nel PD la democrazia interna e il rispetto della volontà degli iscritti e degli elettori sono solamente fumo negli occhi e una colossale balla raccontata all’opinione pubblica.
Il PD è come tutti gli altri partiti, costituiti da mere consorterie di interessi, con l’aggravante dell’ipocrisia.
Caro Leonardo, avresti dovuto capire l’antifona quando è stato candidato Mangialardi. La logica è stata quella per la candidatura del Presidente e non poteva cambiare per le candidature della lista dei consiglieri.
Dal 1994 non si riesce a cambiare: dopo le dimissioni di Occhetto il partito (PdS)procedette alla consultazione dei dirigenti locali. Nonostante Veltroni, figurasse in vantaggio nell’ampia consultazione delle strutture periferiche, il consiglio nazionale del partito elesse D’Alema segretario. L’elezione di D’Alema, per la modalità nella quale avvenne, suonò come una sorta di spaccatura tra gli umori della base e dei “compagni” delle sezioni, e il gruppo dirigente del partito.
Non credo di sbagliare tanto pensando che nel PD ci sia ancora un problema di identità politica,nonostante le significative scissioni che ha subito.Forse all’inizio questo aspetto fondamentale,il profilo politico,andava sistemato diversamente.Adesso,a parte la questione del grave ritardo nella sistemazione di una nuova sinistra,gli aggiustamenti sono logicamente dolorosi.Ma da questo processo di identità politica non si può uscire.
Il Pd doveva avere almeno il sindaco di Ancona a garanzia di una certa serietà come candidata primaria. Via tutti gli esponenti odierni compresi quelli che si sono tolti da soli dalla lotta. Non essendoci la Mancinelli, tutto il resto non ha nessun motivo di esistere.
Lo stalinismo è duro a morire.