Il nostro entroterra come il Molise:
reddito di residenza per chi torna

LA PROPOSTA - Anche le Marche potrebbero seguire l'esempio della piccola regione che garantisce 700 euro al mese a chi apre una attività in borghi con meno di duemila abitanti. Intanto però sul territorio spopolato hanno messo gli occhi i produttori di dolciumi per impiantare ettari di noccioleti. A Visso la mancanza delle perimetrazioni non consente di delocalizzare

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Ugo Bellesi

 

di Ugo Bellesi 

E’ noto che anche antecedentemente al terremoto del 2016 tutte le aree dell’entroterra a ridosso degli Appennini erano soggette ad un progressivo depauperamento della popolazione. Fenomeno che nell’area del cratere si è accentuato paurosamente e tutte le Regioni si sono attivate in qualche modo per correre ai ripari. In proposito è da segnalare l’iniziativa del Molise che, pur trovandosi al di fuori del cratere, ha messo in atto una iniziativa veramente interessante.

La Regione Molise infatti ha creato il “Reddito di residenza attiva” che consiste nel finanziamento di 700 euro al mese per quanti si trasferiscono in una delle cittadine con meno di duemila abitanti e vi aprono una attività per la durata di almeno cinque anni. L’iniziativa ha trovato il pieno appoggio del ministero per lo Sviluppo economico che vi ha destinato un finanziamento di quasi un milione di euro.

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Danni del sisma a Castelsantangelo

Le domande degli interessati potranno essere presentate a partire da metà settembre e saranno a disposizione 60 giorni di tempo per prenotarsi. L’obiettivo ovviamente è quello di evitare lo spopolamento dei piccoli centri e creare nuove opportunità di lavoro al fine di rivitalizzare l’entroterra. Secondo i promotori dell’iniziativa si punta soprattutto a far rientrare nella loro terra di origine quanti se ne sono allontanati cercando fortuna nelle grandi città o verso la costa e, non essendo soddisfatti del loro presente, saranno indotti a tornare nel Molise, spinti non solo dall’offerta dei 700 euro al mese ma anche dalla nostalgia per la propria terra. Non sappiamo quali risultati si potranno ottenere ma siamo certi che comunque è un’offerta allettante e quindi potrebbe essere utilmente proposta anche dalla Regione Marche. Infatti, se qualcuno ritorna al proprio paese per dare vita ad una qualsiasi attività potrà aver bisogno di assumere qualcuno dei giovani del posto, che ancora sono in bilico tra il desiderio di cercar fortuna altrove e la volontà di non lasciare soli i vecchi genitori e di abbandonare i luoghi della loro infanzia. Nella nostra regione purtroppo si ha ragione di temere che non ci sia alcuna volontà di evitare lo spopolamento dell’entroterra. Anzi, si sta facendo di tutto perché le famiglie giovani che ancora rimangono attaccate al loro paese siano costrette ad andarsene.

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La scuola di Stigliano

E’ il caso delle scuole. Infatti, nonostante una precisa norma di legge preveda che nei Comuni terremotati ci sia una deroga al “numero minimo e massimo di alunni previsti per classe”, l’Ufficio scolastico regionale sta compilando gli organici scolastici esclusivamente in base al numero degli alunni. Con le conseguenze che tutti possiamo immaginare. Senza pensare che lo spopolamento del nostro entroterra non farà altro che favorire quanti vogliono trasformarlo in un grande noccioleto. Inutile che il generoso Andrea Bocelli, dopo aver costruito le scuole si impegni ora a varare l’Accademia di musica a Camerino. Inutile che l’Università di Camerino vari nuovi corsi di studi per preparare giovani pronti ad affrontare la sfida con il futuro. Inutile che Diego Della Valle abbia aperto una fabbrica di calzature ad Arquata. Inutile che Pasta di Camerino aumenti la sua produzione e assuma nuovi operai. Inutile che la Distilleria Varnelli vari nuove iniziative per rilanciare i suoi ottimi prodotti. Inutile che si pensi di rilanciare i campi di sci di Frontignano e di Sarnano. Inutile che i produttori di Verdicchio di Matelica o di Vernaccia di Serrapetrona migliorino i loro vini per conquistare nuovi mercati all’estero. E’ inutile puntare al ritorno delle nostre opere d’arte che prima del terremoto arricchivano le nostre chiese e le nostre pinacoteca.

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Andrea Bocelli a Muccia

E’ tutto inutile. Infatti i produttori di dolciumi hanno messo gli occhi sul nostro entroterra spopolato. Dopo aver realizzato 500 ettari di noccioleti in Umbria hanno ora l’obiettivo di raggiungere i tremila ettari in tutta Italia. Ma intanto stanno già puntando su Matelica e su Fabriano. Nulla in contrario nei confronti delle nocciole che arricchiscono i nostri prodotti dolciari che l’Italia vende in tutto il mondo. Il problema è che il sindaco di Bolsena, come abbiamo già riferito, per evitare che il paesaggio sia deturpato, ha emesso un’ordinanza per evitare nuove piantagioni di nocciole. Altro problema è che in Sicilia intere piantagioni sono state abbandonate perché non rendevano quanto previsto dal contratto. E se poi si dovessero riaprire le importazioni di nocciole dalla Turchia (maggior produttore al mondo) che succede? Ma non è solo questo il problema. «Le perplessità – ci ha detto un sindaco – riguardano anche il fatto che non ci è stato ancora detto quale sarà per noi il ritorno in fatto di occupazione. Quanti periti agrari, quanti giovani agricoltori, quanti dipendenti saranno assunti? Quale sarà il vantaggio per la nostra collettività? Ci sarà data l’opportunità di uno stabilimento dolciario nelle Marche? Poi ci è stato detto che gli imprenditori del nord potranno gestire anche direttamente la produzione. Infatti tutto il processo è meccanizzato, compresa la raccolta. Il vantaggio quindi sarà soltanto per chi vende la terra o per chi l’affitta. Ma una terra incolta non costa molto… Su tutto questo noi vogliamo risposte precise».

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Visso edificio con danni gravi da demolire e ricostruire

Ma i problemi dell’area terremotata sono anche tanti altri. Per quanto riguarda Visso, secondo quanto riferisce Roberto Flammini in un recente articolo, nel luglio 2018 il consiglio comunale deliberò di revocare la perimetrazione. Infatti era stato spiegato che “senza perimetrazione” si sarebbe potuto ricostruire più celermente. Nessuno invece aveva informato i consiglieri che senza la perimetrazione le case demolite devono essere ricostruite “dove erano e come erano”. Con la perimetrazione invece si sarebbero potute delocalizzare. Il problema riguarda proprio l’area di Villa Sant’Antonio l’unica importante via di accesso verso Visso che da sempre costituisce come un “imbuto” creando problemi quando si incrociano grosse auto.  Se si ricostruiranno le case come sono adesso, tutte a ridosso della strada, figuriamoci cosa accadrà quando in quell’arteria dovranno transitare i tir e i mezzi pesanti delle imprese impegnate nella ricostruzione degli edifici non solo di Visso ma anche di Ussita e Castelsantangelo. E’ da sottolineare che dopo il sisma del 2016, quella strettoia era rimasta bloccata intralciando i soccorsi a causa degli edifici che la costeggiano caduti sulla strada. Altra grave anomalia riguarda il differente trattamento riservato agli allevatori rispetto alle famiglie. Ce lo spiega la 33enne Silvia Bonomi, che alleva esclusivamente pecore di razza bovina sopravissana, la quale, in un post, ha scritto: «Dopo i fortissimi eventi sismici del 2016, il nostro bellissimo centro Italia risulta costellato di strutture fornite dallo Stato: le Sae per i “civili” e i Mapre per gli sfigati e sotto considerati allevatori. Per questi ultimi la differenza di trattamento c’è a partire dai centimetri di coibentazione (5 contro 12 delle Sae) e dalle metrature calpestabili concesse (per 3 persone 45 metri nei Mapre contro i 60 metri nelle Sae)». Ora però Silvia Bonomi non abiterà più nel Mapre (che lei chiama “scatola di latta”) perché una falegnameria umbra le ha donato un modulo di legno. Ma lei tiene a sottolineare una cosa: «L’allegato 18 del decreto legge 153 prevede di poter sostituire la scatola di latta con un modulo di legno, purchè sia donato. Ma questo particolare non è stato diffuso tra gli allevatori».

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