Bisogna dire “no” al Park Sì?
Nient’affatto, io sono a favore

Le tante ragioni per cui va sostenuta l’iniziativa del sindaco Carancini e un mio franco confronto di idee con Giuseppe Bommarito

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liuti giancarlo

 

di Giancarlo Liuti

M’ero ripromesso di non occuparmi più di politica amministrativa locale e fino ad oggi ho mantenuto l’impegno. Ma ora c’è una vicenda che mi riguarda personalmente, ossia l’eventuale acquisizione da parte dell’Apm del Park Sì di via Mugnoz, un’operazione portata avanti con tenacia dal sindaco Carancini ai fini del rilancio del centro storico, e con pari tenacia avversata dall’opposizione, che par di capire – ma non lo dice – preferirebbe, anch’essa per agevolare l’accessibilità al centro storico, il più complesso progetto (ex novo, su iniziativa privata e semmai fruibile fra chissà quanto tempo) di un parcheggio all’aperto sotto Rampa Zara con una risalita pedonale su scale mobili fino a Piazza della Libertà. Ma a me, che abito in via Cioci, farebbe molto più comodo – ecco perché mi riguarda personalmente – la soluzione voluta da Carancini. Se mi schiero dalla parte del sindaco, dunque, non è per il bene della città ma per una mia convenienza personale. Conflitto d’interessi? Povero me, come sono caduto in basso!
A mia giustificazione, tuttavia, non credo di essere l’unico maceratese al quale farebbe comodo che il Park Sì divenisse pubblico e restasse aperto anche di notte e anche nelle festività. Come a me, infatti, ciò servirebbe a tutti coloro che risiedono nel popoloso quartiere di corso Cavour, nelle sue vaste adiacenze, in via Roma, in viale Martiri della Libertà, in via Indipendenza, in piazza Pizzarello, nell’ampia zona di via Mameli, in via dei Velini, in via Trento, in viale Carradori, in via Spalato, a Collevario, a Sforzacosta e a Villa Potenza. Quanti sono? Pressappoco i due terzi dei cittadini, ai quali si aggiungono i residenti del centro. Tutti in conflitto d’interessi?

L'uscita del ParkSì in via Mugnoz

L’uscita del ParkSì in via Mugnoz

Affidato da anni alla spagnola Saba, una multinazionale che gestisce parcheggi in Europa, il Park Sì comprende un ingresso e un’uscita in via Mugnoz, due piani per la sosta delle auto con quattrocento posti) e due ascensori per via Crescimbeni, a pochi passi pianeggianti da piazza Vittorio Veneto – alias San Giovanni – proprio nel cuore del centro storico. E com’è adesso? Per ragioni dovute a sue convenienze aziendali, la Saba, che non ci sta guadagnando e anzi ci rimette, ha chiuso il piano superiore e ha ridotto della metà i posti auto, il cui costo orario resta piuttosto elevato. Quando scade la concessione? Fra 23 anni! E la Saba tiene duro cercando di far sì che l’iniziativa del Comune e dell’Apm di anticipare così tanto la scadenza le porti il maggior profitto possibile (e Carancini se ne rende conto, ma, come sentenzia la saggezza degli antichi, “a nemico che fugge ponti d’oro”).
Un po’ di storia. Il parcheggio di via Mugnoz nacque col nome “Diaz” all’inizio degli anni Ottanta su appalto affidato all’impresa Sardellini. Allora, come accadeva fin dal dopoguerra, Macerata era governata da un sindaco democristiano e da una maggioranza comprendente Dc, Psi, Psdi e Pri, quest’ultimo con notevole voce in capitolo. Dall’altra parte della città erano in corso i lavori per la cosiddetta “strada nord” eseguiti dall’impresa dell’anconitano Edoardo Longarini, lavori che rimasero incompiuti – e ancora lo sono – per gli scandali poi abbattutisi su Longarini ma che, all’inizio, godevano del favore della Dc e del Psi, mentre al Pri, per ragioni urbanistiche e ambientali, non piacevano affatto. Crisi della maggioranza? No. Per equilibrio politico e come contrappeso fu deciso di realizzare un’importante opera sul versante opposto, cioè nella zona dei giardini Diaz. Ed ecco il parcheggio che per l’appunto si chiamò “Diaz” fino a quando, ceduto alla Saba, prese il nome di “Park Sì”.
Veniamo a oggi. A Macerata circolano ventimila auto e se ne fosse consentito l’accesso anche all’interno delle mura il cuore della città – la sua bellezza, il suo fascino, la sua attrattiva e non ultima la sua potenzialità commerciale – ne verrebbe stravolto per congestione, trambusto, chiasso e aria poco pulita, il che lo ridurrebbe a un’anonima periferia di se stesso. Giusto, quindi, che l’amministrazione Carancini-Monteverde punti a una progressiva pedonalizzazione del centro. Ma le ventimila auto ci sono e se non si fa in modo che esse, pur non entrandoci, si avvicinino il più possibile al cuore della città e che i loro occupanti raggiungano il centro comodamente a piedi, questo cuore batterebbe, come oggi, a fatica e via via rischierebbe di fermarsi. E’ questo che si vuole? Mi auguro proprio di no. E allora occorre un parcheggio per le auto che permetta alle persone di raggiungere il centro a piedi per mezzo di comodi meccanismi di risalita quali sono gli ascensori. Esattamente qualcosa di identico al Park Sì, che oltretutto già esiste ed è pronto ad assolvere tale funzione purché sia gestito con quella sensibilità verso l’interesse pubblico che finora la Saba, da privata com’è, non poteva e non può avere. Ecco perché, pur consapevole dei costi elevati, mi dichiaro a favore della tenacia di Carancini e spero che abbia successo.
Costi elevati? Certo non briciole. Qualcuno – esagerando? – li calcola in oltre due milioni di euro. Il sindaco – minimizzando? – sostiene che sono parecchi di meno. Chi ha ragione? Io, comunque, pur non negando la pesantezza degli oneri finanziari, apprezzo la linea “Carancini-Monteverde” per la coraggiosa coerenza con la già avviata politica a sostegno del centro storico e della sua potenzialità anche economica (oltre ai negozi si pensi alla ristorazione e al turismo). Finalmente un “volare alto”, mi dico. Una virtù che la sonnacchiosa Macerata ha raramente avuto in passato e che oggi, con la progressiva uscita dell’Italia dalla crisi economica, può mettersi in campo più agevolmente di ieri. Mi sbaglio? Prossimamente il Park Sì andrà in consiglio comunale e staremo a vedere.
E adesso mi si consenta di dire la mia sulle conclusioni alle quali è ripetutamente giunta, proprio su Cronache Maceratesi e con grande risalto, una persona che stimo soprattutto per le sue documentatissime inchieste sulle “ombre” urbanistiche delle amministrazioni precedenti a Carancini. Sto parlando di Giuseppe Bommarito, un avvocato che si è rivelato un ottimo giornalista. Ebbene, che lui sia contrario all’operazione del Park Sì è ineccepibile, ci mancherebbe altro. Ma certe sue argomentazioni – glielo dico pacatamente, cordialmente, da amico, come nelle cene che abbiamo fatto insieme al direttore Zallocco – sono di un così sfrenato catastrofismo che se ne resta sbigottiti. Secondo lui, infatti, il progetto “Carancini” sarebbe un “vero e proprio mistero”, una “storiaccia”, un “azzardo coi soldi della collettività”, una “operazione incomprensibile e assurda, senza capo né coda”, tale da “condizionare in maniera rilevante negli anni a venire tutte le scelte della civica amministrazione” e, scandaloso, un “enorme regalo alla Saba”. Un disastro, dunque, per la città, condannata in futuro a una vita grama e priva di qualsiasi prospettiva.
Sarebbero quindi dei pazzi scatenati o, peggio, dei totali “minus habens” non soltanto l’avvocato Carancini ma anche il suo assessore allo sviluppo economico Mario Iesari, laureato in economia e commercio, e anche il commercialista Francesco Pallotta, presidente dell’Apm, la quale, secondo Bommarito, “si taglierebbe irreparabilmente le gambe da sola rovinando anni e anni di gestione positiva”? Uno sfacelo che, se fosse vero, esigerebbe un’occhiata perfino della magistratura? Le opinioni, intendiamoci, sono tutte legittime. E la “vis polemica” con cui le si esprime non è un difetto ma il segno che fortemente si crede in ciò che si dice. Attenzione, però, a non esagerare, altrimenti si rischia di cadere, come ironicamente ho detto di me stesso all’inizio di quest’articolo, in una sorta di paradossale conflitto d’interessi, stavolta ideologico o umorale. Una “lite”, questa, nel seno di Cronache Maceratesi?  Assolutamente no. “Vero è che oggigiorno le liti vanno di moda, specie nel Parlamento. Questo, invece, vuol essere un aperto e civile confronto di idee fra due collaboratori esterni che in Cm hanno trovato un organo d’informazione davvero libero – una mosca bianca, visto l’andazzo italiano – al servizio dei fatti e delle opinioni, che, come dice la parola stessa, sono tutte opinabili.



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