Lo “spezzatino” dell’Helvia Recina
Costruttori scrivono all’Anticorruzione

IL COMMENTO - Il frazionamento dei lavori allo stadio, senza che vi sia stata un'asta pubblica per affidarli, ha suscitato perplessità su costi (che sarebbero lievitati) e legittimità. Alcuni imprenditori edili avrebbero trasmesso un esposto all'autorità presieduta da Raffaele Cantone
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Il magistrato Raffaele Cantone e l'avvocato Giuseppe Bommarito durante un incontro a Macerata

Raffaele Cantone e Giuseppe Bommarito durante un incontro a Macerata

di Giuseppe Bommarito

Si può capire la foga di Romano Carancini, appena rieletto, nel portare avanti a velocità supersonica, nella calda estate di quest’anno, i lavori di adeguamento dello stadio Helvia Recina alle normative per lo svolgimento delle partite di calcio della Lega Pro. Il sindaco Carancini tempo addietro era rimasto infatti fortemente scottato dalla promessa non mantenuta di allargare la vecchia palestrona di Fontescodella, impegno pubblicamente ed incautamente preso dopo il secondo scudetto vinto nel 2012 dalla Lube Volley, il cui mancato rispetto determinò la fuga da Macerata tra mille polemiche dei cucinieri pallavolisti e tante motivate critiche tirò addosso al primo cittadino.
Questa volta, con la Maceratese alle stelle per la travolgente vittoria nell’ultimo campionato e la tifoseria in delirio per il rientro dopo oltre quaranta anni nel calcio professionistico, la promessa di adeguamento  in tempi veloci dello stadio Helvia Recina, proclamata con piglio solenne durante l’ultima campagna elettorale, doveva essere mantenuta a tutti i costi: un’altra bidonata era impensabile e non sarebbe stata di certo perdonata a Carancini, deciso a dimostrare, nel corso del suo secondo mandato, grande competenza e notevole abilità.

I lavori allo stadio Helvia Recina

I lavori allo stadio Helvia Recina

Ecco quindi, subito dopo la formazione della nuova Giunta, addirittura il primo luglio, una delibera dell’esecutivo (la n. 236/2015) che approva il programma dei lavori, degli acquisti e degli altri interventi urgenti per mettere a norma, secondo le ferree disposizioni della Federazione Gioco Calcio, l’ormai vecchio stadio Helvia Recina, che, in verità, necessitava di diversi lavori di manutenzione interna anche a prescindere dall’avvenuta promozione della Maceratese nella Lega Pro. In delibera si legge che la spesa complessiva preventivata per i vari lavori, definiti improcrastinabili per motivi di sicurezza, è pari a 450mila euro, iva inclusa, e che l’urgenza degli stessi giustifica il ricorso a procedure in economia e a cottimi fiduciari, anche nell’ottica di contenere il più possibile i costi.
Insomma, volendo chiamare le cose con il loro nome, la giunta, per l’adeguamento dell’Helvia Recina, ha scelto la pratica del cosiddetto “spezzatino” dei lavori, e quindi, anziché procedere ad una gara unica di appalto (come sarebbe stato giusto e necessario), ha frazionato in maniera strumentale i lavori stessi, rimanendo così per ciascuno di essi (fatta eccezione per quello, meno impellente, relativo alla rimodulazione della curva degli ospiti) sotto la soglia dei 40mila euro – al di sopra della quale è imprescindibile la gara di appalto e non è possibile la trattativa privata – e appaltandoli separatamente tramite ben diciotto determine dirigenziali, dando al dirigente dei Servizi tecnici “pieni poteri gestionali e di autonomia dirigenziale valutativa” nella scelta delle imprese chiamate ad eseguire i vari spezzoni dell’opera di adeguamento dell’impianto sportivo.
Due le motivazioni ufficiali di cotanta sottovalutazione della normativa sugli appalti pubblici da parte del comune di Macerata, che inevitabilmente ha determinato una lunga scia di illazioni in città circa i criteri di scelta delle imprese chiamate a partecipare al gran calderone degli interventi programmati: i tempi stretti e la possibilità, con le trattative private, di risparmiare sui costi dell’opera.
lavori stadio helvia recina macerata_Foto LB (8)Sui tempi si potrebbe astrattamente anche essere d’accordo: è indiscutibile infatti che una gara complessiva di appalto, per quanto organizzata e gestita a spron battuto dall’ufficio tecnico, avrebbe impedito alla Maceratese di giocare nel proprio stadio sin dalla prima partita di campionato, sicchè l’esordio in casa sarebbe slittato di qualche settimana. Nel frattempo, però, non sarebbe di certo successo l’irreparabile (l’esclusione, cioè, della Maceratese dalla Lega Pro), visto che i cugini anconetani, grazie all’opera impagabile del formidabile avvocato Giancarlo Nascimbeni, avevano già dato la loro disponibilità ad ospitare, sia pure dietro lauto compenso, i biancorossi nel loro stadio sino a quando all’Helvia Recina non fossero stati completati i lavori di adeguamento.
Certo, la divina Mariella (a proposito: complimenti per l’ulteriore dimostrazione di grande valore della squadra e di chi la dirige) avrebbe dovuto farsi carico di un costo aggiuntivo, dato che lo stadio anconetano sarebbe stato concesso a condizioni discretamente onerose, tuttavia, in definitiva, nel caso specifico il pieno rispetto della legalità quanto ai pubblici appalti non avrebbe causato la fine del mondo: il campionato professionistico, sia pure con qualche settimana di ritardo, sarebbe comunque sbarcato a Macerata.
conferenza e visita stadio helvia recina lavori finiti foto ap 23Assolutamente infondato invece era – e si è infatti ben presto rivelato tale – il discorso della giunta Carancini-bis relativo ai risparmi per le casse comunali che la contestata pratica dello spezzatino avrebbe consentito. I lavori di adeguamento dello stadio, infatti, come ha recentemente dichiarato con “voce dal sen fuggita” l’assessore allo Sport Alferio Canesin, sono fortemente lievitati, sino ad arrivare a 900mila euro (cioè circa il doppio di quanto inizialmente ipotizzato), una cifra che in seguito lo stesso Canesin ed il sindaco hanno cercato di ridimensionare con altre pubbliche dichiarazioni, arrivata in ogni caso ben oltre le previsioni e con un incremento tale che, per mancanza di ulteriore liquidità, ha impedito all’amministrazione di mettere mano ai lavori interni che pure sarebbero stati indispensabili (ad esempio, sul manto erboso ormai abbastanza logoro e negli spogliatoi, regolarmente allagati ogni volta che a Macerata cade dal cielo un po’ di acqua).
Come sia avvenuto tale impressionante sforamento delle previsioni non è dato sapere, forse per un utilizzo generoso, ma comunque improprio, delle somme a disposizione del Comune quale stazione appaltante in relazione a ciascuna frazione dei lavori di adeguamento.
Certo è che il frazionamento di un appalto in più lotti da parte di un ente pubblico è consentito, secondo il Codice degli appalti pubblici, solo quando esso sia economicamente più vantaggioso per l’Amministrazione (ma nel nostro caso, come si è visto, è accaduto esattamente il contrario) e quando i lavori relativi ai molteplici lotti così ottenuti siano dotati di una reale autonomia funzionale (cosa che, per quanto riguarda i lavori allo stadio maceratese, appare abbastanza insostenibile, vista la loro stretta ed innegabile interconnessione).
Insomma, fortissimo è il sospetto che i costosissimi lavori di adeguamento dell’Helvia Recina siano stati frazionati artificiosamente eludendo una gara complessiva d’appalto che avrebbe, essa sì, con i ribassi d’asta che sarebbero pervenuti, portato ad un sicuro risparmio per l’ente pubblico (sia pure con tempi un po’ più lunghi). E tanto è stato il malumore nell’ambiente dell’edilizia nostrana che alcune imprese di Macerata e dintorni, nemmeno contattate nella fase convulsa delle varie trattative private condotte per i singoli lotti dello spezzatino in salsa maceratese, e quindi piuttosto amareggiate per il trattamento ricevuto, avrebbero già trasmesso un esposto all’Autorità Nazionale Anticorruzione presieduta da Raffaele Cantone (più volte già intervenuta su vicende similari).
Comunque, in attesa di questi eventuali pronunciamenti da parte della magistratura (che in diverse città d’Italia hanno dato luogo a clamorosi procedimenti penali) e dell’autorità di vigilanza sullo spezzatino di casa nostra, una cosa è certa: i lavori allo stadio sono costati un botto ed ora molti cittadini, pur essendo al contempo tifosi della Maceratese che continua strepitosamente a vincere, e pur avendo apprezzato lo sforzo di Carancini di stringere il più possibile i tempi, iniziano ad esprimere forti perplessità per i costi dei lavori (anche e soprattutto per la loro insiegabile lievitazione in corso d’opera); per il conseguente impiego di ingentissime risorse economiche non più disponibili per altri sport minori, regolarmente penalizzati; per l’assurdità di un siffatto esborso di soldi pubblici, necessario in definitiva solo per tamponare i possibili atti di violenza di frange minoritarie di ultrà e forse riducibile se vi fosse stata una seria trattativa del Comune con la Federazione gioco calcio (che in altri campi di Lega Pro è molto meno severa circa gli standard di sicurezza); per l’effetto visivo terrificante del bunker che infine è emerso a cantiere ultimato, dove mancano solamente il filo spinato ed i cani al guinzaglio di qualche kapò; per il pugno allo stomaco rappresentato dai campi di beach volley realizzati, a seguito di un poco chiaro spostamento di “location” e con tanto di bar interno, in mezzo al piazzale dello stadio ed in un’area destinata a parcheggio, e quindi in violazione delle più elementari norme urbanistiche.
In conclusione: se Carancini, anziché strafare e buttarsi sullo spezzatino, avesse dato subito avvio ai lavori di adeguamento dello stadio nel rispetto delle procedure, chi avrebbe potuto accusarlo di non mantenere la parola data in campagna elettorale, anche se i lavori, anziché terminare ad agosto, fossero terminati, per esigenze oggettive di rispetto delle procedure, a ottobre o a novembre? Nessuno, e il principio di legalità sarebbe stato esaltato da un ente pubblico che deve farsene garante.

 



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