Piove a dirotto sul bagnato e mi rendo conto che gli ultimi scandali dell’ex Margherita e della Lega hanno ormai reso difficilissimo dar torto all’antipolitica di Beppe Grillo e dei suoi innumerevoli echeggianti nella carta stampata, in televisione e nelle piazze (gremita nonostante la pioggia quella di Tolentino, mentre a Civitanova, l’altro giorno, c’erano addirittura tremila persone ad ascoltarlo e se al posto suo ci fosse stato, che so, Alfano, Bersani o Casini, temo che la conta dei presenti avrebbe dato numeri drammaticamente inferiori). Tuttavia, pur consapevole del rischio di fare una figura barbina, non rinuncio all’impresa. E non perché pensi che nella politica attuale – nel modo di farla, in parecchi personaggi che la rappresentano e nel costo davvero eccessivo che essa comporta per le casse pubbliche – non ci sia tantissima acqua sporca da buttar via, ma perché l’antipolitica, nella sua furia demolitrice, non fa alcuna distinzione fra l’acqua sporca e il bambino che, povero lui, c’è dentro. Come si chiama questo bambino? Si chiama Democrazia. E la storia insegna che quando si butta via tutto, l’acqua sporca e il bambino, il risultato è una svolta totalitaria, di destra o di sinistra non fa differenza. E prima o poi gli stessi paladini dell’antipolitica vengono messi in galera, a piangere sul latte versato proprio da loro.
Secondo alcuni sondaggi il Movimento 5 Stelle sfiora il sette per cento del consenso popolare. Se fosse un partito, dunque, potrebbe insediarsi al terzo posto, dopo il Pd e il Pdl. Ma un partito non è. Gli manca una visione complessiva della società, gli manca un coerente disegno riformatore, gli manca, appunto, la politica, vale a dire la scienza – o l’arte – di governare. Ha solo una cosa e ce l’ha in abbondanza: la rabbia della protesta. Su Cm ho letto questo commento: “Per il bene della città, a casa tutti, subito”. Tutti chi? Sindaco, assessori, consiglieri comunali, maggioranza, opposizione, segretari dei vari partiti, leader delle liste civiche? Parrebbe di sì. Sostituirli con chi? Mistero. E per fare che cosa? Mistero. Ecco, questa è l’antipolitica.
Veniamo all’abolizione delle Province. Un tema di grandissimo effetto mediatico. Un tema che da anni figura al primo posto fra i proclami dell’antipolitica e che poi la politica – quasi tutti i partiti – ha fatto proprio nel maldestro tentativo di ricuperare simpatie nella marea montante del qualunquismo barricadero. Perché maldestro? Perché alla fine i partiti – e i governi, compreso quello di Mario Monti – si son dovuti accorgere che nell’acqua sporca delle Province c’è pure un bambino, e riguarda la guida di una società di sessanta milioni di persone e l’equilibrata articolazione delle sue istituzioni centrali e periferiche. Così, adesso, si è cominciato a capire che l’abolizione “tout court” delle Province non farebbe crescere l’efficienza dello Stato, creerebbe più problemi di quanti ne risolverebbe e, fatti i conti, la riduzione della spesa pubblica sarebbe assai minore di quella immaginata. Per cui, a parlare di abolizione “tout court”, c’è rimasto solo Beppe Grillo più qualche altro che, a caccia di voti, ne ripete, stancamente e ipocritamente, lo slogan.
Eccolo, si dirà, difende le Province così come sono. Non è vero. Mi oppongo, sì, all’idea che un ente intermedio fra Regione e Comuni vada cancellato del tutto, ma condivido la necessità di ridimensionamenti, riduzioni di costi, limiti agli appetiti della cosiddetta “casta”, più severi controlli su traffici, pastette e collusioni (si pensi al caso di Filippo Penati, Pd, ex presidente della Provincia di Milano). Ma, insomma, non vedo per quale motivo non si possa – meglio: non si debba – riflettere su cosa s’intende per organizzazione e diffusione dei poteri pubblici territoriali in uno Stato democratico.
L’estate scorsa, scrivendo su tale argomento, mi chiesi cosa sarebbe accaduto se un’improvvisa e massiccia nevicata avesse paralizzato i collegamenti viari fra i nostri cinquantasette Comuni e non ci fosse stato un qualsiasi ente pubblico cui affidare il compito di provvedere allo sgombero delle strade principali. Compito, questo, che i singoli Comuni non sarebbero riusciti a svolgere con una visione d’insieme, senza cioè chiudersi nelle rispettive e circoscritte esigenze locali, e che la Regione, organo legislativo, di programmazione e non di gestione diretta, avrebbe avuto difficoltà – se non impossibilità – ad affrontare nel concreto.
Ebbene, quest’anno la neve – molta – c’è stata sul serio. E il consigliere provinciale del Pd Daniele Salvi, oltre a porre in evidenza che “la Provincia si è distinta nella capacità di coordinare gli interventi sui 1.462 chilometri delle sue strade”, ha dichiarato: “Riformare le autonomie è necessario, ma indebolirle sarebbe esiziale. Chi si sarebbe occupato del quaranta per cento della viabilità del nostro territorio? I Comuni? Ancona? Oppure una Provincia senza più alcuna capacità gestionale”?
Ora qualcuno obietterà che Salvi ha approfittato dell’occasione per tirare acqua – e neve – al proprio mulino. Può darsi. Ma siamo sicuri che le sue considerazioni non poggino, anche e soprattutto, su reali interessi di una comunità che da noi comprende trecentomila persone? Quando, nel 1947, in un’Italia assai più povera di quella di oggi, i padri costituenti scrissero l’articolo 114 (“La Repubblica si riparte in Regioni, Province e Comuni”) e lo ribadirono negli articoli 128, 129 e 132, lo fecero per soddisfare una pletora di mangiapane a tradimento oppure perché si rendevano conto che un soggetto pubblico fra Regioni e Comuni era – ed è – indispensabile? Ammettiamo pure che coll’andar dei decenni la partitocrazia abbia fatto i suoi danni. Tuttavia, nel 2001, quando era in auge il mito berlusconiano “più Società civile e meno Stato”, il Parlamento confermò, rafforzandolo, l’articolo 114: “La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città Metropolitane, dalle Regioni e dallo Stato”. Come mai? Solo per far crescere il debito statale a vantaggio di una schiera di parassiti?
E per quale ragione gli enti intermedi fra Regioni e Comuni esistono – numerosi e con nomi diversi – anche in Germania, Inghilterra, Spagna e altrove? Non sarà che materie come la difesa del suolo, la tutela dell’ambiente, le risorse idriche, i beni culturali, la viabilità e i trasporti, la formazione professionale, lo smaltimento dei rifiuti e l’edilizia scolastica – sono queste le competenze delle Province italiane – abbisognano dovunque di un soggetto in grado di gestirle nelle cosiddette “aree vaste”, che sono meno vaste ma più articolate delle aree regionali e più vaste ma più omogenee di quelle comunali?
Ora il disegno di legge del governo Monti propone di eliminare, nelle Province, solo il personale elettivo: presidenti, assessori, consiglieri (ma il voto, a cominciare dalle assemblee di condominio, è il sale della convivenza civile e, quando viene dal popolo, è il sale della democrazia). Eliminarlo subito? No, questo non è possibile. Bisogna aspettare le scadenze naturali. E le competenze? Trasferirle alle Regioni e a Comuni? Sì, ma forse è meglio un ente intermedio. Fatto come? Senza guida politica? Solo burocratico? No, le funzioni di presidente sarebbero affidate a un sindaco scelto da assemblee di sindaci. Un passo indietro, quindi, rispetto all’abolizione “tout court”. Ma non è detta l’ultima parola, perché il parere definitivo spetta al Parlamento, dove è probabile che saranno presentati centinaia di emendamenti.
Nel 1948 le Province erano 91, nel 1970 salirono a 94, nel 2001 a 107 e infine, nel 2004, balzarono a 110 per l’inopinata istituzione di Monza, Barletta e Fermo. Troppe? Sì. Colpa della politica? Sì, per aver soddisfatto suoi propri appetiti ma anche per essere andata in cerca del consenso localistico di quella stessa gente – la società civile – che ora la disprezza. Prima domanda curiosa: è favorevole all’abolizione della sua Provincia la società civile fermana? Seconda domanda curiosa: cosa ne pensa l’antipolitica che, immagino, a Fermo non manchi?
E ora i risparmi. L’attuale personale politico delle Province – presidenti, assessori, consiglieri – è composto da circa quattromila persone, il cui costo oscilla fra i 300 e i 500 milioni all’anno. Ma rimarrebbe il costo del personale amministrativo, collocato nell’eventuale nuovo ente o trasferito nelle Regioni e nei Comuni. In totale, oggi, la spesa pubblica che fa capo alle Province per le loro molteplici attività supera i dodici miliardi di euro all’anno. E questa, sia chiaro, non diminuirebbe.
Attenzione. In Italia funzionano 91 Ato per i sistemi idrici, 191 consorzi di bonifica, 145 enti parco regionali, 63 bacini imbriferi, 356 comunità montane, 350 unioni di Comuni, e via, e via, fino a raggiungere l’impressionante numero di ben settemila “enti strumentali” – si pensi, per capirci, alle “partecipate” comunali – con dentro un personale politico di ben 24 mila unità e un costo stimato in 2,5 miliardi all’anno. Eppure, forse perché tali realtà non offrono un suggestivo bersaglio alla virulenza nichilista dell’antipolitica né un’occasione per la demagogica coda di paglia della politica, nessuno si sbraccia per abolirle. Non è strano?
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certo, grillo che parla di rinnovabili, di democrazia diretta, di parlamento pulito, di abolire le province e di molto altro, viene considerato un esponente dell’antipolitica. Invece le solite 20 facce di merda che sono li da 30 anni a spartirsi mazzette, rimborsi elettorali, trans, escort, minorenni, ballerine e quant’altro… questi dovrebbero rappresentare la politica del paese ed occuparsi della cosa pubblica. sai che c’è? se questa è la politica, tenetevela stretta e viva l’antipolitica di grillo. preferisco sentir parlare di problematiche sul territorio e non di percentuali, di spread e debito pubblico per altri 50 anni.
Se ai grillini manca una visione complessiva della società come dice Liuti, e se il PD e Carancini ce l’hanno, io preferisco l’antipolitica tutta la vita!
@Liuti
La politica sappiamo dove c’ha portato, perchè criticare “l’anti” prima di farla iniziare?
Elogio della Provincia (delle competenze, dei tavoli di concertazione, delle case cantoniere e dei bambini mai nati…)
…Fu il siciliano Ugo La Malfa il maggior nemico dell’ente che, nel secondo dopoguerra, con la Commissione dei ‘settantacinque’ propose: “La Repubblica si riparte in Regioni e Comuni. Le Province sono circoscrizioni amministrative di decentramento statale e regionale”
(Liutprando in Prima pagina, Quaderni padani | 30 set 2011)
Il sistema pubblico in Italia costa il 12 % del PIL. In Germania l’8 %. La differenza sul bilancio dello Stato italiano ( inteso come bilancio complessivo) è di oltre 60 miliardi di euro. Il problema è tutto qui.
Monti doveva prendersela solo con le Province ? Intanto non lo ha fatto lui ma non dimentichiamo che nella lettera alla UE questo era un impegno assunto dal Governo italiano e poi nel frattempo numerose altre leggi sono state varate per snellire l’amministrazione pubblica e che debbono essere ancora applicate. Potrebbero essere fatte tante altre cose piu’ significative ? Certo che sì. Comincerei con la cessione allo Stato di tutte le azioni bancarie in proprietà alle fondazioni pagate con titoli del debito pubblico. Lo Stato potrebbe vendere queste azioni a banchieri e cioè a gente che amministra le banche mettendoci i soldi propri. Si potrebbero evitare i balletti di Alitalia e cedere ENi (si ho detto un’eresia) proprio ENI il cosiddetto gioiello dell’industria petrolifera italiana visto che non mi risulta che il fatto che sia proprietà dello Stato abbia portato un qualche beneficio alle aziende ed ai cittadini e così via dicendo. Ho fatto anch’io dell’antipolitica ? Per me questa è politica condizionata dal fatto che la Barca affonda ed il comandante non trova di meglio che buttare a mare l’equipaggio pensando di salvare se stesso.
P.S. Non ho particolare simpatia per Grillo ma non facciamo finta che altro non dice che quello che da numerosi anni molti altri, non certamente guitti, vanno dicendo sui guasti che una certa politica autoreferenziale e populista ha provocato al Paese. Solo che tutti coloro che da anni vanno cercando di far invertire la rotta sono stati o vengono quotidianamente travolti dal “quaeta non movere”
I vari ragionamenti sulla politica sono complessi e non possono certo esaurirsi in un semplice scambio di opinioni….
Grillo, gli indignati, i cittadini che sempre più disertano le urne (ricordiamo che alle ultime Provinciali ha votato meno del 50% aventi diritto, quindi chi ha vinto rappresenta solo il 25% degli elettori) sono tutti “sintomi” che vengono regolarmente spiegati con l’antipolitica, cioè una spiegazione che non è una spiegazione e pertanto non spiega nulla.
Ma l’antipolitica è un rifiuto totale, mentre qui invece assistiamo ad un movimento (anzi a più movimenti) che rifuggono da questo modo di fare politica, dai partiti sempre più diventati lobby di interessi e prebende, da una siotuazione in cui chi governa porta più danni che benefici….
Ma quella che erroneamente viene etichettata come antipolitica ha delle sue ricette, propone dei propri programmi, ha una visione diversa dell’economia, della politica, dela società.
Certo ha padroni del vapore fa comodo etichettarli come “anti” per cercare di negare il loro punto di vista, per cercare di far sopravvivere questo carrozzone partitico pieno di mediocri: “anti” è un sinonimo negativo per cui se sei anti sei “cattivo”….
E veniamo alle Province, enti inutili, al pari di altri carrozzoni che sono serviti e servono per occupare poltrone, dare stipendi ai trombati alle elezioni, far assumere parenti e amanti, dilapidare inutilmente denaro pubblico: tanto per fare un esempio non so quanti ricordano nel libro “La Casta” si parlava di (IINUTILI) comunità montane con un altezza massima (del territorio) di appena 23 metri, cioè che di montane non avevano nulla….
Ma torniamo alle inutili Province.
In moltissimi Paesi industrializzati di democrazia avanzata (penso alla Germania, alla Francia, all’Inghilterra, ma ce ne sono molti altri) gli organismi politici amministrativi sono sempre 3.
Ci sono Comuni, Province e Nazione oppure Comuni, Regioni e Nazione…
Cioè tra l’ente statale di riferimento cittadino (Comune)e lo Stato c’è un solo ente intermedio: o la Provincia o la Regione.
Solo in Italia ce ne sono 4, in quanto gli enti intermedi sono 2 (Provincia e Regione), con un aumento di poltrone, incarichi, consulenze, ecc. ecc. ecc. cioè con un aumento INUTILE di costi.
Tra l’altro, per giustificare le Province nel corso degli ultimi 25 anni queste hanno “raccattato” competenze (cioè vi è stato un trasferimento di incarichi) che prima erano Comunali o Regionali..
Ma sulla inutilità delle Province (e degli altri carrozzoni statali) CM potrebbe organizzare un dibattito pubblico tra gli amministratori….
Beppe Grillo, come tanti altri, non sono altro che persone capaci di acquisire autorevolezza non per cio’ che dicono, ma perche’ vogliono, in qualche modo , distruggere l’attuale…..
( da Google )
Ci dicono che oggi le Province costano circa 12 MLD l’anno e – siccome é evidente che i dipendenti giustamente non potranno essere licenziati e che molti altri costi dovranno comunque essere sostenuti da Comuni e Regioni che ne erediterebbero le funzioni – il risparmio non sarebbe poi così significativo, quindi alla fine dei conti conviene mantenerle ed il perché è estremamente semplice-perché anche se appaiono come un apparato estremamente costoso , esse hanno una funzione fondamentale per la Casta (le presidenze di provincia sono tutte occupate dal Pd, del Pdl, della Lega, dell’Udc): sono come lobby locali che sfruttano la radicalità nel territorio per ottenere maggiore influenza nelle scelte locali (e portare voti preziosi).
La loro esistenza permette ai politici di piazzare personale, di riciclare trombati, di elargire stipendi ai maggiorenti locali.
Non vi sembrano motivi più che sufficienti per salvarle, nonostante il momento di crisi economica che sta attanagliando l’Italia?
Meglio tagliare le pensioni, reintrodurre i ticket e inserire una patrimoniale sui piccoli risparmiatori.
Nel frattempo la legge per l’abolizione delle province rimane aleatoria.
Ha però ragione anche il Dott Liuti quando dice che alla fine-togli di la –togli di qua, poi il rischio è che arriva qualcuno che poi toglie anche noi dalla circolazione.
Che fare ???
Mandarli tutti a casa ? Forse si ma ad un patto- che si stabilisca prima in quale casa, altrimenti e qui sta l’altro rischio, questi ce li potremmo ritrovare tutti a casa nostra e magari con la pretesa del diritto allo Jus Primae Noctis .
Scherzi a parte – secondo me il problema più grande che abbiamo in Italia è che per i motivi che ho detto prima- fin quando ci sarà la politica a fare da intermediaria in tutto – non si cambierà mai nulla,
La sanità continuerà a costare il doppio rendendo la metà.
Le pubbliche amministrazioni idem e cosi via tutto il resto.
Grillo mettiti l’anima in pace e insieme a te lo facciamo pure noi ..
Antipolitica: atteggiamento di chi, in ambito politico, propugna un rinnovamento dei metodi e dei comportamenti basato sul rifiuto degli aspetti deteriori del fare politica.
Di per se dovrebbe essere un’accezione positiva, ma ha assunto volutamente connotazioni negative per etichettare preventivamente un movimento che ora fa paura. Fa paura perché il movimento accede alla politica da porte non controllate.
Chi pensa che viviamo in una democrazia, ha un concetto errato di tale parola. La politica “democratica” negli anni ha avuto il ruolo fondamentale per mantenere lo status quo: chi ha il potere lo mantiene chi non ce l’ha non ci potrà mai arrivare ad averlo a meno che non diventi servo dello stesso sistema.
Posso fare numerose critiche a Grillo, ma c’è un particolare che fa la differenza. Nessuno ovviamente lo ha fatto mai notare, si preferisce parlare di province…
Lui sta proponendo “la rete” come paradigma di governare la cosa pubblica. E questo fa paura, pochi lo capiscono, nessuno ne vuole parlare.
Io mi chiedo: una volta stabilita l’utilità di un ente intermedio tra Regione e Comuni (su questo sono d’accordo con Giancarlo Liuti), perchè le funzioni di questo ente non potrebbero essere gestiti solamente da organi burocratici (ovviamente sottoposti ad adeguati controlli)? Perchè la gestione burocratica dell’ente intermedio dovrebbe per forza essere peggiore della gestione assegnata ad organismi politici (Giunta e Consiglio Prov.le), che anche al livello provinciale hanno dato pessima prova di sè? La gestione commissariale di due anni fa è stata forse così differente da altre precedenti e successive gestioni politiche?
Se da qualche parte si deve cominciare a sfoltire per ridurre i costi della politica e per mandare a casa qualcuno che vive solo di politica (il professionismo politico è una delle principali cause del malaffare, anche negli enti locali), le Province da abolire possono essere un buon inizio. Ciò non toglie che vi sia anche un’altra miriade di enti inutili che contemporaneamente o anche prima dovrebbero essere soppressi per esigenze di risparmio e di razionalizzazione della gestione della cosa pubblica.
@ ipn
Oggi tutto e’ a disposizione. C’e’ un sistema di ricerca come Google, che e’ superiore a qualsiasi cosa l’umanita’ abbia mai ideato per gestire una grande biblioteca. E’ GRATIS, o quasi. Le grandi reti di telecomunicazione sono il piu’ gigantesco manufatto -funzionante- che l’umanita’ abbia mai costruito prima. Robette tipo Taj Mahal, Piramidi Egizie, e altre quisquilie sono nulla in confronto. Chiunque abbia accesso alla rete, oggi anche senza cavi, ovunque nel mondo o quasi, ha accesso a quasi tutto lo scibile. La piu’ gigantesca costruzione che l’umanita’ abbia mai messo in piedi.
..ma in quanti sfruttano la rete…..Grillo un “buon comico”
( da Google )
L’importante è che l’abolizione delle province non sia, anche solo sul piano simbolico, uno schiaffo alla sovranità popolare a vantaggio di nuove burocrazie e tecnocrazie. In questo senso mi pare giustificata la preoccupazione di Liuti. Tuttavia, le proposte di abolizione o superamento progressivo di questo ente sono antiche e comunque antecedenti al recente revival di populismo antipopolare (ad esempio, il programma elettorale del Pdl alle politiche del 2008 si esprimeva chiaramente in questo senso; poi la Lega e la debolezza del Pdl bloccarono tutto). In ogni caso, andrebbe fatta una scelta netta, evitando pasticci. Le Province restino come ente elettivo ed effettivo, pur con tutte le riforme e i tagli, oppure vengano abolite totalmente, ridistribuendo le competenze tra Regione e Comuni. Quanto alla pletora di società e consorzi vari, nei quali vanno a braccetto statalismo e socialismo municipale, partitocrazia ed elitarismo, la linea della riforma e dei tagli (veri) può essere solo la conseguenza di scelte culturali e di fondo, le quali presuppongono la politica e non certo la cosiddetta “antipolitica”.
La burocrazia della struttura pubblica è nota a tutti. Inefficienze, corruzione, clientelismo, scadente informatizzazione ed infine scarso impegno di una parte consistente del personale perché il posto è sicuro ed i controlli in pratica non esistono. Tanti dirigenti pagati profumatamente (i più alti del mondo) con una efficienza tutta da dimostrare. Si pensa più ai diritti che ai doveri. In più, premiati a fine anno senza una vera verifica se sono meritati. La macchina burocratica delle amministrazioni pubbliche rappresentano i risultati di una Politica che non ha saputo amministrare ed indirizzare, ma che ha coltivato il suo orticello. Così non si va da nessuna parte. La prima cosa da fare è di equiparare i contratti del pubblico con quelli del privato, è una questione di giustizia. Basta con i privilegi. Lo stato, le regioni, le province, i comuni, le prefetture, le questure, la sanità, l’università, le scuole di vari gradi e tutte le altre aziende pubbliche dirette o indirette hanno costi gestionali altissimi con risultati di servizi tra i più scadenti a livello europeo.
Se vogliamo modernizzare va rimesso tutto in discussione e riprogettato tutto l’apparato pubblico (vecchio e corrotto). La parola d’ordine deve essere riformare. Ma questa Politica è in grado di eseguire questo compito? Vediamo come siamo ridotti e poi ci lamentiamo dell’antipolitica?
I programmi elettorali devono mettere al primo posto l’efficienza della struttura pubblica, per poter liberare le risorse per gli investimenti nelle infrastrutture e produttivi che possono dare la piena occupazione che è il primo diritto verso un cittadino per una vita dignitosa.
Abbiamo bisogno di politici che sappiano amministrare e non manipolare il consenso con lo sperpero del denaro pubblico a danno dei cittadini.
Gent.mo Fott. Liuti, Le confido che è la prima volta che condivido la sua opinione, dirò di puù, dalla prima all’ultima riga. In merito al tema dell’abolizione delle province, ritengo che il dover a tutti i costi trovare il modo di eliminarle, è una conseguenza della cattiva volontà o non volontà della politica di riformare se stessa, e conseguentemente di non diminuire la spesa pubblica eliminando le inefficienze. I ministri Amato/Lanzillotta avevano preparato uno studio nel 2008 molto interessante, in accordo con gli enti locali, compresa l’Upi. Da tale studio risultavano in Italia 38000 tra consorzi, ato, municipalizzate(le piccole iri di periferia), con 38000 consigli di amministrazione(x 3 quindi) con 38000 collegi di revisori dei conti(x 3 sempre), che svolgevano ,o svolgono xchè nessuno ha provveduto a chiudere niente, funzioni e compiti che potevano tranquillamente essere riportati in capo all’ente locale, comune, provincia, regione. Utilizzando un parametro di 300/350 abitanti o in alcuni casi di superficie, le province venivano ridotte da 108 a 64. Tale studio ed il conseguente disegno ad esso collegato, è rimasto fermo. Ecco allora che si chiude un ente intermedio in tutta fretta senza delineare ancora un quadro di chiarezza.
Dice il Sig . Meschini
abbiamo bisogno di politici che sappiano amministrare..
Mio Dio -.
Speriamo di non aver bisogno di
chirurghi che sappiano operare …
Dott Liuti ora capisce perché i Grillini crescono ???
Così ad occhio e croce sembrerebbe
che gli italiani preferirebbero di più farsi curare dagli
Infermieri che non dai medici
( sig medici e sig infermieri ogni riferimento
ai politici e’ puramente casuale o elemento di
mera metafora )
Sellone, ma quale metafora?? C’è un’aneddotica in ambito medico e paramedico che fa venire i brividi… Direi piuttosto che mai confronto fu più azzeccato!
Alcuni utenti hanno chiesto delucidazioni riguardo al prefisso italiano anti-, che in apparenza ha molti significati differenti. Riproponiamo qui una risposta scritta da Raffaella Setti e apparsa sul numero 40 della nostra rivista La Crusca per voi (aprile 2010).
«Vincenzo D’Aspo ci chiede l’etimologia della parola antipasto in rapporto ad altri derivati con il prefisso anti-, del tipo antibiotico, antipatico, ecc.
Il prefisso (o i prefissi) anti-
Il prefisso anti-, apparentemente lo stesso per tutti i moltissimi derivati, può avere due origini diverse: dal greco antí che significava ‘contro’, o dal latino ante che voleva dire ‘davanti’ nello spazio o ‘prima’ nel tempo. All’origine, tra la preposizione greca e quella latina doveva comunque esserci una relazione abbastanza stretta anche dal punto di vista semantico: chi è ‘contro’, in particolare l’esercito nemico, sta anche ‘davanti, di fronte’; in un secondo tempo i due significati si sono specializzati e quindi distinti.
Le formazioni con questi prefissi sono per lo più derivati che hanno una base già presente in italiano, a cui è stato aggiunto il prefisso latino o greco.
In italiano il prefisso greco antí esprime due significati: ‘contro’ e ‘il contrario di’. Rimandano al primo significato di antí, ad esempio, antiacido (‘che agisce contro l’acido’), antibiotico (‘che agisce contro i batteri’), antipatico (‘che suscita un sentimento di avversione, quindi contro qualcosa o qualcuno’), antitarme (‘che agisce contro le tarme’); per il secondo significato possiamo segnalare antieroe (‘il contrario dell’eroe’), antimateria (‘il contrario della materia’). Con il primo significato di ‘contro’ è un prefisso ancora molto produttivo (il volume dei Neologismi curato da V. Della Valle e G. Adamo, dell’Istituto dell’Enciclopedia Treccani del 2008, elenca 282 neologismi con questo prefisso, del tipo antiansiogeno, antibarriere, anticasta, ecc.).
Sui derivati con il prefisso latino ante- è opportuna una breve riflessione in merito alla forma: ante- si è mantenuto inalterato in parole dotte come antefatto, anteporre,antesignano, antelucano o come le più moderne antemarcia e anteguerra; lo stesso prefisso ha subìto il passaggio della e in i, e ha quindi assunto la formaanti-, in pochi derivati, tra i quali antipasto, in cui ha valore temporale, e il gruppoanticamera, antibagno, anticucina, antiporta (che però ha un sinonimo incontroporta!), in cui ha valore spaziale. Per spiegare questi casi si può invocare il fatto che la variante anti era già presente in latino, e poi attestata in antichi testi siciliani e toscani (in Giacomo da Lentini, ad esempio: «Anti vorria morir di spata / ch’i’ voi vedesse currucciusa», o in Guinizzelli: «Né fe’ amor anti che gentil core, Né gentil cor anti ch’amor, natura»), con funzione avverbiale e significato di ‘prima’; può trattarsi dell’evoluzione dell’e protonica in i, propria del fiorentino (si pensi ai tanti derivati con i prefissi de- e re- passati a di- e ri-), e, infine, dell’attrazione dell’anti- derivato dal greco. Nonostante l’omofonia dei due prefissi in alcuni derivati, non sembra tuttavia crearsi confusione nella mente dei parlanti: la serie dei derivati con anti- spaziale, e più raramente temporale qual è appunto il caso di antipasto, è molto limitata e indica referenti concreti ben noti.»
Digressione filologica interessante quella qui sopra. Credo che la stragrande maggioranza degli interessati utilizzino il prefisso anti come “contro la politica” (poi qualcuno pensa a questa politica fatta da questi politici ed altri invece la minoranza credo pensano alla politica tutta). Utilizzarlo come prima della politica però non sarebbe male perchè riguarderebbe quello che precede lo scontro politico e quindi la condivisione delle regole del gioco democratico che potrebbe essere in realtà la considerazione che schioda la discussione. In effetti se accettiamo le regole fissate dalla democrazia e dalla costituzione del nostro paese a quel punto non ha senso discutere di antipolitica perchè tutti sarebbero in effetti per la politica , cioè sarebbero a pieno titolo leggittimati a proporre la propria soluzione. Ma è probabile che di tutto questo a Grillo freghi ben poco perchè il suo vero obiettivo è acchiappare chi è antipartito (e quando gli capita un altro momento come questo ?)
Ma quante parole al vuoto,demagogiche ipocrite.Si invoca sovranità popolare e poi i partiti approvano il Porcellum dove i parlamentari sono dei nominati dai segretari dei partiti.Si invoca la sovranità popolare poi ABC studiano ina legge elettorale che non solo non si conoscerà PRIMA le coalizioni ma impedisce ai partiti minori che sono milioni e milioni di cittadini fuori dal poarlamento.Le Provincie si sono moltiplicate per volere dei grandi partiti,per allargare le cricche il nepotismo e la gestione del potere.Si parla di sovranità popolare e poi in barba al referendum che aboliva il finanziamento pubblico ai partiti si è approvata una legge il RIMBORSO(sic) che è una vera e propria TRUFFA ai danni dello statoi e dei cittadini.Le Provincie non si vogliuono abolire perchè i partiti di ABC non mollano l’osso…..d’oro.
Credo che il vostro opinionista spari a zero più di grillo, i programmi dei candidati cinque stelle ci sono, basterebbe andare alle riunioni aperte o anche richiederli per mail tramite i contatti sul portale 5 stelle e sui loro siti web.
Ps. non è vero che non è stato sollevato il problema delle comunità montane o dei microcomuni o ancora delle partecipate comunali, per questo basterebbe SEGUIRE appunto i lavori dei 5 stellati, cosa che un’ opinionista DOVREBBE fare prima di parlare, altrimenti si scade vermanente nella malafede e nel populismo! Grazie!
Tra l’altro,perche’ Grillo e’ associato sempre e comunque ad “anti” solo perche’ ha trovato un modo diverso di fare politica?
Fare politica e’ una cosa nobile,sono gli attuali politici che non lo sono!
Carissimo Dott. Liuti….volevamo significarle solamente che sulle pagine di C.M. anche altre forze – oltre Salvi – avevano espresso delle valutazioni serie. Gliele riproponiamo, dato che sembra spesso sfuggirle il Pluralismo a cui spesso fà riferimento!! Per i lettori di C.M. presentiamo qui le nostre valutazioni, che hanno il peso dell’esperienza e la ricerca dell’efficenza e non del populismo che oggi va’ tanto di moda e dove ognuno cambia idea a giorni alterni o a seconda della platea che ha davanti
!!
«Province da difendere solo se più efficienti, svolgono funzioni e servizi di area vasta in stretta collaborazione e sussidiarietà verso i comuni e si azzerano i costi della politica. Questa in sintesi è la nostra proposta.
Per questo abbiamo piu’ di due mesi fa abbiamo votato contro il documento predisposto dall’UPI nazionale che intendeva istigare tutte le Istituzioni (Regioni in primis) a ricorrere e osteggiare la proposta contenuta nella Legge 214/2011 – cosiddetta ” Salva Italia”, persino attraverso il ricorso alla Corte Costituzionale. La nostra valutazione sulla proposta Monti è positiva con richiesta però del mantenimento delle dfunzioni “core” attualmente svolte dalle Province (istruzione secondaria e organizzazione scolastica, trasporto pubblico locale, gestione infrastrutture viarie e bonifica,tutela ambientale, sviluppo economico) e attribuzione di ulteriori funzioni di area vasta come indicato nel nostro ODG respinto dalla maggioranza seppur con consistenti defezioni. Solo in questo modo le funzioni della Provincia sarebbero più asciutte ed esercitate in stretta collaborazioni con i comuni che le compongono e soprattutto saranno depurate dai costi e dalle inefficienze della cosiddetta “politica” e dei vari Modelli con cui oggi, senza un reale collegamento a maggioranze politiche di Livello Nazionale o di reali collegamenti con le forze presenti nei Consigli Comunali.
Come puo’ esserci una visione politica di alta responsabilità e profilo e in stretto rapporrtto con il territorio se in Provincia – guardiamo l’UDC – e’ con la sinistra radicale, a Porto Recanati, Treia, Monte San Giusto, Civitanova Marche, Matelica, ecc. (sino ad oggi) con il Centrodestra, a Civitanova ora percorre da sola la via del Terzo Polo (senza FLI o Civici) e addirittura a Tolentino e’ in appoggio ad una lista Civica!!
La cosa strabiliante è avvenuta invece al termine del recente Consiglio provinciale apero sul ruolo delle Province affrontato dai pochi Sindaci presenti, dai sindacati e con il pregevole contributo apportato dai rettori delle Università di Macerata e di Camerino. I partiti di centrosinistra e che a livello nazionale hanno fatto campagne di captatio-benevolentiae per l’abolizione tout-court delle Province qui hanno detto il contrario. L’UDC ha votato per il documento UPI e cioè per il mantenimento di tutto com’è oggi, l’IDV non ha partecipato al voto (e pensare il tradimento verso il milione e mezzo di firme raccolte), il PD ha difeso gli interessi di bottega votando per il mantenimento dello status quo con una defezione importante, il Consigliere Vesprini, che ha difeso la necessità di snellire le province e di azzerare i costi della politica e favorevole sostanzialmente alla nostra proposta.
Le nostre valutazioni partono dalla considerazione che la norma contenuta nel “Salva Italia” lungi dal conseguire cosi com’è enormi risparmi – come indicato espressamente dalle relazioni tecniche della Camera e del Senato, che non hanno ritenuto di potere quantificare alcuna cifra dai risultati delle misure stesse – produce notevoli costi aggiuntivi per lo Stato e per la Pubblica amministrazione, ingenera caos nel sistema delle autonomie e conseguenze pesanti per lo sviluppo dei territori. Inoltre la norma non tiene minimamente conto dell’aumento della spesa pubblica, pari ad almeno il 25% in più, che si avrebbe dal passaggio del personale delle Province (56.000 unità) alle Regioni o dal trasferimento di competenze di area vasta ai Comuni e che il decreto non considera la difficoltà a computare e trasferire il patrimonio e il demanio delle Province: 125.000 chilometri di strade, oltre 5.000 edifici scolastici, 550 centri per l’impiego, sedi, edifici storici, partecipazioni azionarie dotazioni strumentali, ecc.
Tale norma impone una modifica della normativa tributaria, poiché le entrate tributarie, patrimoniali e proprie delle Province dovranno passare in quota parte a Regioni e Comuni per garantire il finanziamento delle funzioni, proprio nel momento in cui si stanno verificando le condizioni per il passaggio dalla spesa storica ai fabbisogni standard nelle Province attraverso l’attuazione delle norme sul federalismo fiscale e che la norma avrà effetti devastanti sulle economie locali, poiché produrrà il blocco totale degli investimenti programmati e in corso delle Province, perché i mutui contratti dalle Province, nei casi in cui questo fosse possibile, dovrebbero essere spostati alle Regioni o alle altre amministrazioni locali, e che ostacolerà i diversi progetti, anche pluriennali, finanziati dai fondi strutturali Ue o da sponsor o fondazioni bancarie in cui sono impegnate le Province, con il serio rischio di interrompere la gestione delle attività e dei connessi importantissimi flussi di spesa.
E’ giusto anche valutare il fatto che la norma cosi com’è produrrebbe un nuovo pericolo di accentramento di funzioni verso le Regioni e noi sappiamo benissimo i danni prodotti- ad esempio – in termini di offerta quantitativa e qualitativa alla comunità Maceratese di una visione “anconocentrica della sanità”, dello sviluppo economico e dei servizi a rete.
Noi riteniamo invece non piu’ funzionale ai ruoli della nuova provincia il mantenimento in vita degli attuali apparati politico-elettivi al vertice delle Provincie, dal momento che la domanda di servizi resi dalle Provincie alle comunità provinciali e al territorio è obiettivamente formulabile, in sede di scelte politiche, principalmente provenienti dai Comuni da un lato e in stretta relazione con le Regioni dall’altro. Questo aspetto inoltre incide profondamente sui cosiddetti “costi della politica” in quanto la tanto declamata “funzione di interprete della domanda di servizi di area vasta” si rivela poco più di un espediente retorico evocato da chi si ostina a riprodurre modelli e schieramenti politici nazionali o sperimentali orientando la Provincia verso ruoli che non deve avere e che mette in crisi spesso il vero ruolo e cioè quello di operare con la dovuta legittimazione a livello sovra-comunale, senza interferire nella inter-comunalità – cioè a dire nella collaborazione orizzontale tra Comuni – ed in modo autonomo rispetto alle Regioni.
E’ indubbio però che le Province possono svolgere un ruolo insostituibile nello sviluppo di azioni e politiche di area vasta supportando, in regime di sussidiarietà, i servizi che i Comuni, soprattutto quelli di piccole dimensioni, non sono in grado di assicurare ai loro territori (Programmazione urbanistico-ambientale di area vasta, centrale unica appalti, centrale unica acquisti, sviluppo di sistemi integrati di e-governement e integrazione dei sistemi informativi, assistenza tecnico-amministrativa agli Enti di minor dimensione, produzione e condivisione delle risorse informative e la valorizzazione delle Banche Dati e dei patrimoni informativi pubblici, pianificazione delle reti commerciali della grande distribuzione, sviluppo dei distretti industriali caratteristici, piani di gestione dei reticoli idrografici minori) ed invece ipotizzare unioni di due o più ambiti provinciali per lo sviluppo di sistemi territoriali ottimali dove l’ambito territoriale, economico e sociale delle attuali provincie diviene sottodimensionato (Ambito gestione Rifiuti, Ambito gestione Trasporto Pubblico Locale, programmazione offerta formativa e dei nuovi ITS, creazione di validi Sistemi relativamente ai Distretti Turistici e ai Distretti Produttivi del Made in Italy e di altri settori, sviluppo di Poli di eccellenza Sanitaria e Socio-Assistenziali e anche il riordino delle amministrazioni periferiche dello Stato).
In questa ottica lo slogan “La Provincia Nuova” con il quale avevamo inteso dirigere l’azione della Provincia di Macerata a partire dal 2009 aveva questo obiettivo. Basta per questo valutare il ruolo della Provincia nell’accordo di programma tra il Ministero dell’Università e le due Università di Macerata e Camerino, la rivalutazione del ruolo della conferenza delle autonomie, la promozione con i Comuni le associazioni di categorie e gli istituti scolastici dei tre ITS approvati, il progetto “Provincia 2020″ e l’adesione a diversi programmi Europei a partire dal Patto dei Sindaci dell’intera Provincia (Covenant of Mejors) nell’obiettivo di risparmio energetico e di sviluppo delle fonti di delle energia rinnovabile entro cui prevedere uno sviluppo del progetto di “Metropolitana di superficie”, la valorizzazione ambientale e turistica dell’area montana (Sibillini Outdoor Festival), un ulteriore qualificazione dei servizi di differenziazione e valorizzazione dei rifiuti.
Siamo anche noi convinti che la scomparsa totale dell’Istituzione Provincia porterebbe ad avere meno garanzie per i nostri territori e vi sarebbero meno garanzie di sviluppo omogeneo del nostro Paese, che verrebbero garantite meno opportunità a chi è più debole. Che diminuirebbe l’identità locale fatta di storia e cultura e le Istituzioni si allontanerebbero dai cittadini.
Siamo altresì convinti che si possono eliminare totalmente i costi della politica (almeno quattro milioni per lo svolgimento delle elezioni, le indennità degli organi e il supporto politico per ogni legislatura) e si potrebbero ottenere enormi economie da un’operazione di ridefinizione e razionalizzazione delle funzioni delle Province anche attraverso un preciso percorso di cambiamento organizzativo verso la semplificazione, la riduzione delle dirigenze e del divieto di esercitare funzioni non previste dalla Carta delle Autonomie, in modo da lasciare in capo alle Province esclusivamente le funzioni di area vasta ed eliminando tutti gli enti intermedi strumentali (agenzie, società, consorzi) che svolgono impropriamente funzioni che possono essere esercitate dalle istituzioni previste dalla Costituzione con il sostanziale impegno e rappresentanza di tutti i Comuni.
Tutte queste analisi sono anche riportate in un interessante studio che l’ Università Bocconi ha svolto di recente (Prof. Senn e Zucchetti) sul possibile riassetto delle Province Italiane. Questo documento e’ stato posto in attenzione di tutti i Consiglieri Provinciali proprio dalla maggioranza…peccato che non l’hanno letto…… questo studio giunge sostanzialmente a delle conclusioni simili a quanto noi abbiamo proposto»
Franco Capponi PPE-PDL
Nazareno Agostini PDL
Volevo solo ricordare a Capponi e a Agostini che durante l’ultima campagna elettorale per il Parlamento il PdL aveva chiaramente scritto sul programma (così come anche ilPd) che era favorevole all’abolizione delle Province…
Poichè ufficialmente la posizione del PdL (e quella del Pd) NON sono cambiate di cosa vanno cianciando???
Aboliscono le province quelli che vogliono abolire il federalismo e il futuro dell’Europa dei Popoli.
1. Stato Nazionale Sovrano
Essi dovrebbero sapere invece benissimo che l’Europa dei Popoli non avrà nessun bisogno degli Stati Nazionali, senza questa premessa: “la definitiva abolizione della divisione dell’Europa in stati nazionali sovrani, qualsiasi altro progresso non è che apparenza“. Altiero Spinelli, padre dell’Europa, Ventotene Agosto 1941.
2. Regione
Essi dovrebbero sapere invece benissimo che Le Regioni sono elemento del federalismo europeo, non certo di quello italiano, se fosse per l’equilibrio italiano dovrebbero essere cancellate tutte senza nessun rimpianto (e sappiamo tutti cosa questo significhi a partire dalla regione “eccellente”, figuriamoci le altre).
La Regione dovrà diventare, opportunamente dimensionata, il mattone dell’Europa, con confini che potranno benissimo, anzi dovranno inevitabilmente e auspicabilmente finalmente, prescindere da quelli nazionali. Il federalismo italiano va invece basato, per essere solido e per rendere solido quello europeo, sui Comuni e sulle Province.
Conclusione:
A me va benissimo che qualcuno voglia eliminare le province: se e’ un centralista anti Europeo e’ del tutto naturale, ma se si spaccia per federalista o sostenitore dell’Europa Unita lo si puo’ smascherare in fretta, dicendo che pensare ad una Lombardia senza province e’ come immaginare una Svizzera senza cantoni. Dal punto di vista federalistico e’ un non-sense paradossale. Dal punto di vista centralistico (nazionale o regionale) e’ perfettamente coerente, e sappiamo già oggi cosa produce.
http://www.losio.com/rue/ItaliadelleCentoCittMANIFESTO.html