Massimo Bianconi oggi in udienza
«Non ho mai forzato le decisioni per la concessioni dei crediti. Le istruttorie delle pratiche partivano dalle singole filiali e, se non c’erano motivi di tipo ostativo, arrivavano fino al consiglio di amministrazione». Così Massimo Bianconi, direttore generale di Banca Marche dal 2004 al 2012, nel processo che lo vede imputato con altre dodici persone per il crac dell’istituto di credito. L’ex manager, oggi in pensione, è stato interrogato questa mattina dalla procura per quattro ore. Dopo un breve excursus sulla carriera professionale di Bianconi (arrivato a Banca Marche dalla San Paolo con uno stipendio annuo lordo di un milione di euro, esclusi i bonus), è stato trattato il capitolo della concessione dei crediti. «Se non c’erano pareri vincolanti – ha detto Bianconi – dalle filiali le pratiche arrivano al consiglio di amministrazione. Era il vice direttore dell’Area Mercato (Stefano Vallesi, ndr) che le proponeva al cda. Il giorno prima veniva da me per analizzarle e io ne condividevo le scelte. Se avessi voluto, le avrei potute bloccare». Se alcuni consiglieri chiedevano delucidazioni, «potevo intervenire e se per alcune posizioni c’erano delle perplessità, la pratica veniva immediatamente ritirata. E’ successo anche che sono state trattate pratiche quando neanche ero presente». Prima del giorno della riunione, però, i consiglieri non avrebbero avuto accesso alle pratiche. L’ex componente del cda Francesco Cesarini, nella sua testimonianza aveva invece puntato l’attenzione sulla «poca dialettica» in seno al consiglio e come la forza accentratrice fosse su Bianconi. Tesi smentita dall’ex dg: «Non mi sono mai permesso di accelerare i pareri sulle pratiche o di forzare le decisioni» ha detto in aula. L’accusa-madre è l’aver concesso aperture di credito a imprenditori già esposti in maniera importante. Il primo cliente citato dalla procura è stato l’imprenditore anconetano Pietro Lanari: «Era clienti di Banca Marche da sempre. Con lui ho solo avuto solo un incontro conviviale a pranzo, a Porto Recanati, insieme a Vallesi. Era un’occasione per presentarci un progetto. Poi è venuto sempre in banca».
Pietro Lanari
«Il complesso del Santa Cristiana di Numana – ha continuato l’ex dg – mi sembrava fosse un progetto interessante. Dissi a Lanari di andare in filiale in maniera tale da preparare l’istruttoria». Stesso iter per l’ex Sacelit di Senigallia dove doveva sorgere un complesso residenziale: «Per noi il progetto aveva una sua validità, perchè avrebbe incrementato il turismo». Niente da fare, invece, per un mega progetto in Argentina, a Mar De Plata, dove «Lanari aveva comprato un terreno: voleva realizzare un albergo, un centro commerciale e una serie di ville. Mi pagò il viaggio in Argentina, io partii da Roma. Un giorno visitai l’area del progetto e poi a spese mie rimasi due giorni a Buenos Aires. Tornai in Italia, mi confrontai con Vallesi e decidemmo che quel progetto per Banca Marche non era plausibile. Già eravamo molto esposti con Lanari». Lo stesso imprenditore, sentito come teste prima del lockdown, aveva parlato di circa 250 milioni di linee di credito aperte. Il fallimento del Gruppo connesso a Lanari portò al blocco dei cantieri (per Bianconi partito tra il 2010 e il 2011) e diverse incompiute, ancora tuttora visibili. Le stesse procedure per la concessione dei crediti sarebbero state seguite per il rapporto con Vittorio Casale, imprenditore arrestato per bancarotta nel 2011 ( «dopo la notizia convocammo subito il cda e incagliammo delle posizioni») e co-imputato con Bianconi nel processo per la corruzione tra privati, terminato per Casale con un’assoluzione. Dopo le domande della procura, quelle delle parti civili. Quelle costituite sono più di 3mila.
(fe.ser.)
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Mi par già di vedere che alla fine risulterà che la colpa è stata dei risparmiatori.
Questo signore, dall’alto della sua pensioncina milionaria, appare del tutto distaccato dalla disperazione dei piccoli privati che avevano investito su Bancamarche e che si sono visti AZZERARE di botto anni di risparmi. Che gliene importa, sono altre le cose importanti nella vita piuttosto che il vile danaro risparmiato ogni giorno, giusto? Certo…per gli altri però!
Mi auguro che vadano tutti sul lastrico dal primo all’ultimo, coloro che si rimpallano le responsabilità e coloro che nelle filiali inducevano i clienti ad investire su nuove azioni.
Vergogna.
Non doveva fare il il diggì di banca ma il direttore della Crusca o della Treccani. Parla in maniera squisita. Invece di “Non ho mai concesso prestiti in cambio di mazzette (presunte)”, usa un maschio “Non ho mai forzato decisioni!”. “Aho, a questo bisogna daje li sordi”..signorilmente sostituito con un più tecnico ” analizziamo e condividiamo le scelte”. Ad un brutto ” mettersi d’accordo per qualcosa..” c’è in risposta ”
avere un bell’ incontro conviviale ” che poi visto il luogo a base di pesce, probabilmente un bel brodetto alla portorecanese
se oltre ad uomini d’affari erano anche buongustai . Quello è un piatto che solo lì puoi degustare nella sua più originale ricetta. Meraviglioso poi, dopo l’arresto del bancarottiere, invocare un cda e non per trovare delle banali scuse ma per ” incagliare in decisioni” che presumo comuni. Al prossimo che mi viene a chiedere indietro presunti debiti lo stordisco con un ” senti frà, ma io quante linee di credito aperte avrei con te?”. Troppo forte sto signore. Quello che più mi ha colpito, da un punto di vita procedurale e non aver sentito: ” Ma Lei, che cactus è rimasto a fare per due giorni a Buenos Aires?”.
Nella sua complessità è tutto assi semplice, che anche un bimbo dell’asilo arriverebbe a capire:
alla fine della fiera ci saranno coloro che resteranno con il cerino in mano (e riceveranno, gratis, anche qualche altra cosa dove non batte mai il sole) e poi ci saranno i soliti che, tra prescrizioni, sconti di pena, leggine varie, carambole giuridiche, riti abbreviati NON sconteranno nemmeno un giorno di galera…
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Inutile farsi il sangue cattivo, non serve a nulla; una serie infinita di reati (fallimenti, truffe, bancarotte, crack finanziari, ecc. ecc.) hanno tempi lunghi (e prescrizioni brevi) e condanne lievi…
Inutile pensare che, come accade in altre Nazioni “civili”, anche da noi i colpevoli verranno sbattuti in galera, senza benefici, per 10 o 15 anni: messa in prova, 2 anni condonati per tutti, servizi sociali, età avanzata e mille altri piccoli articoli azzeccagarbugli faranno si che i “ladri” condannati saranno -forse- giudicati falliti, ma lo Stato ed i creditori difficilmente, MOOOOOOLTO difficilmente, metteranno le mani sul malloppo.
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Certo se eravamo in Germania, in Francia, in Inghilterra o negli USA questi signori -se condannati- sarebbero giunti alla fine della loro vita ancora guardando il sole a scacchi.
Ma purtroppo siamo in Italia, la patria del possibile (solo Roma ha lo stesso numero di avvocati di TUTTA la Francia.. chiedetevi il motivo), delle mille leggi, delle mille deroghe, degli sconti che si fanno a tutti, degli aggiustamenti in corso d’opera, del “volemose bene”, dei condoni “tombali”, delle mille grandi piccole irregolarità mai sanate…
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Il “sistema” è organizzato per preservare se stesso: da almeno 200 anni in Italia si ha notizia, ciclica, di truffe, ruberie, tangenti, intrallazzi, fallimenti, appropriazioni indebite, ecc. ecc. ecc.
Ma PURTROPPO NON ABBIAMO MEMORIA…
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Ci sono stati tanti grandi scandali, tante tragedie, tanti morti in Italia [[[[le prime che mi vengono in mente: lo scandalo della Federconsorzi, la strage del Vajont o, ancora prima, lo scandalo della Azienda Monopoli Banane… ma basta un veloce giro su internet, e di scandali GROSSI ne troviamo almeno 1 l’anno!!!]]]] ma le PENE sono state sempre lievi e ridicole.
Anche nell’abominevole scandalo Parmalat ci sono state (forse per la prima volta) pene “severe” ma, data l’età di molti dei condannati, gli anni passati in prigione sono stati ridicoli; e i truffati, oltre al solito cerino, si sono ritrovati “l’ombrello di Altan” nel solito posto..
… Cerino e ombrello che avranno, aggratisse, anche i truffati B.d.M.