Banca Marche e sentenza Ue, i sindacati:
«Mancato salvataggio costato oltre 5 miliardi»

CREDITO - La Fisac Cgil interviene dopo la pronuncia dei giorni scorsi. L'indignazione di Paolo Ciccarelli della Unisin: «Una beffa bella e buona»

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Foto d’archivio

 

Il mancato salvataggio di Banca Marche, operazione possibile secondo la sentenza della Corte Ue dei giorni scorsi, ha “rotto le ossa” al tessuto economico marchigiano. Le gravose conseguenze della decisione presa nel 2015 dalla Commissione Europea e la recente pronuncia della Corte scatenano la reazione indignata dei sindacati di settore.
«E’ evidente a tutti – scrive la Fisac Cgil –  e non solo alle organizzazioni sindacali che l’hanno sempre sostenuto, che Banca Marche e gli altri 3 istituti commissariati avrebbero potuto essere ricapitalizzati dal Fondo. E questo con oneri molto inferiori rispetto a quelli che sono stati necessari per rimetterle in piedi e farle acquisire da altri istituti: si calcola un costo di oltre 5 miliardi di euro per tutta la collettività. Un costo duramente pagato anche dal sistema economico marchigiano che ha visto diminuire il credito erogato dagli istituti bancari nella regione di oltre il 20% negli ultimi tre anni. Analoga riduzione è quella del personale bancario occupato nelle Marche nell’ultimo triennio, mentre solo nel 2018 gli sportelli bancari nelle Marche sono diminuiti del 12%. Tutte cifre molto superiori alla media italiana». Parla di «beffa bella e buona» Paolo Ciccarelli, segretario regionale Marche Unisin Ubi (UnitàSindacale Falcri – Silcea – Sinfub).

 

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Banca delle Marche, la sede a Jesi

La Fisac Cgil rivendica anche la sua posizione, prima del commissariamento: «Fisac Cgil sostenne l’analogia tra la crisi delle 4 banche e Tercas, presentando ad esponenti politici ed istituzionali uno studio in cui si contestava tra l’altro la svalutazione capestro dei crediti deteriorati (quel 17,65% che divenne valore di riferimento per gli stock di npl in pancia agli istituti italiani), che tanto contribuì a spingere le 4 banche dritte verso e poi dentro il baratro. Il sindacato non venne ascoltato e, complice la debolezza del governo anche allora alle prese con le “flessibilità di bilancio”, il veto europeo divenne un muro invalicabile. All’indomani di una sentenza europea così importante, il presidente dell’Abi Pautelli ha chiesto le dimissioni della commissaria Vestager, il rimborso delle banche danneggiate dalle conseguenze delle decisioni illegittime di Commissione Europea e Direzione Concorrenza UE e di tutti gli azionisti ed obbligazionisti azzerati dalle risoluzioni delle 4 banche».
Il sindacato solleva anche la questione dei lavoratori:  «Quella sorta di bail-in retroattivo messo frettolosamente in piedi dall’allora governo in carica per risolvere uno spinoso problema, forse più politico che economico e finanziario, ha fatto scempio del rapporto tra banche, dipendenti e clienti, influendo senza dubbio in maniera negativa anche sulle dinamiche tra esigenze economiche dei territori ed erogazione del credito, con effetto domino su tutto il sistema. Tutto ciò non attenua, anzi non assolve (perché siamo in presenza di procedimenti penali a carico di coloro che hanno per anni governato Banca Marche e gli altri istituti), la responsabilità di chi ha male amministrato le banche portandole al commissariamento. Ma probabilmente la vita dei lavoratori delle banche, quella dei lavoratori dell’indotto (es. ex Seba) licenziati a causa dell’annullamento di appalti di lavorazioni, la vita dei risparmiatori che hanno visto andare in fumo il frutto dei risparmi di una vita, la vita di tutti gli operatori economici coinvolti, questa si sarebbe stata migliore».

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Paolo Ciccarelli di Unisin

Amareggiato Ciccarelli della Unisin: «È una sentenza che lascia sconcerto e delusione, innanzitutto per la tempistica con cui si è arrivati a questo pronunciamento: tre anni e mezzo sono un’eternità con riferimento agli interessi coinvolti che impattano con la vita economica e sociale del paese; ma soprattutto perché attesta che Banca delle Marche, non certo l’ultima banca sperduta del pianeta ma una importante realtà di dimensioni medio-grandi e con una fortissima connotazione territoriale,  poteva e doveva essere salvata.
Appare evidente come dietro la gestione del commissariamento prima e la risoluzione poi, siano stati commessi tanti e tali errori che hanno danneggiato in primis i risparmiatori che per la prima volta nella storia del sistema bancario si sono visti azzerare il valore delle subordinate e delle azioni; quindi un’intera regione che ha subito forti ripercussioni sotto il profilo economico e sociale, e ne esce con le ossa rotte, fortemente provata, umiliata ed impoverita». Anche l’Unisin sottolinea le conseguenze sui lavoratori: «Sottoposti in taluni casi alla gogna mediatica,  additati come unici e veri responsabili, taluni con vertenze ancora in corso; costretti in quegli anni per fronteggiare l’emergenza ad innumerevoli sacrifici in un quadro, all’epoca, assolutamente confuso ed incerto.
E’ grazie anche e soprattutto al loro impegno, alla loro abnegazione, al loro senso di responsabilità ed attaccamento ad una banca in cui hanno sempre creduto, che è stato mantenuto vivo il legame di fiducia con la clientela ed il territorio. I dipendenti non sono i carnefici ma le vittime di questa situazione piovuta, loro malgrado, sulle loro teste. Tutto ciò non è giusto. Come non è giusto apprendere dopo tanto tempo che quanto accaduto poteva essere evitato con una gestione più attenta». Ciccarelli  si rivolge agli organi politici e istituzionali per una seria riflessione sul sistema: «A questo punto che il danno è compiuto e non sarà più possibile riassemblare i cocci di quella che fu una banca importante e di valore aggiunto per l’intero territorio. Auspico che vengano messe in campo tutte le azioni possibili e necessarie per ridare dignità e giustizia a chi, con questa triste vicenda della risoluzione delle Bridge Banks,  è uscito ingiustamente svilito e sconfitto, i risparmiatori, il territorio, i lavoratori».

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