Il palco dello Sferisterio
di Marco Ribechi
Il green pass ritarda lo Sferisterio ma Marcorè non lo fa decollare. Forse resteranno le lunghe code agli ingressi e i quasi trenta minuti di attesa per l’inizio dello spettacolo le cose più memorabili della passata notte nell’arena maceratese, dove un numeroso pubblico è arrivato per assistere all’evento “Le divine donne di Dante”, messo in scena da Neri Marcoré.
Il controllo dei green pass
L’attore di Porto Sant’Elpidio si è cimentato nel complesso ruolo di interprete della Divina Commedia in omaggio ai 700 anni dalla morte di Dante Alighieri senza però brillare per preparazione e interpretazione, apparendo a tratti ben oltre i propri limiti espressivi.
Ma andiamo con ordine. Fuori dal cancello e dalle porte del tempio della lirica spettatori e controllori si sono cimentati per la prima volta nell’utilizzo del green pass che proprio da ieri è diventato d’obbligo nei luoghi pubblici. L‘operazione per la sua complessità è stata svolta egregiamente ma, nonostante i controlli siano iniziati pochi minuti dopo le 20, è stata necessaria quasi un’ora e mezza per permettere a tutti di accomodarsi ai propri posti. Ognuno dei presenti ha dovuto mostrare il pass, poi il documento di riconoscimento, in seguito la misurazione della febbre, il controllo dell’idoneità della mascherina, esibire il biglietto, aprire le borse, igienizzare le mani per poi finalmente muovere il primo passo dentro l’arena. Il tutto a volte eseguito in maniera agevole ma altre tra i brontolii e le lamentele della gente. Stoici è l’unico aggettivo attribuibile alle maschere e ai volontari della Croce Rossa che, in ogni caso, hanno svolto un ottimo servizio. Risulta chiaro che da oggi in poi non sarà più facile per nessuno.
Le code all’ingresso dell’arena
Dopo alcune scuse per i giustificati ritardi parte la nottata dantesca. L’evento in programma nasce dalla buona idea di celebrare Dante Alighieri facendo un viaggio tra le figure femminili che il sommo poeta incontra lungo le pagine della Divina Commedia, accostandole alle cultura contemporanea tramite canzoni più o meno famose. Di quarantadue totali ne sono state selezionate quindici, differenti per personalità e simbologia, a rappresentanza del ruolo della donna nell’allegoria universale. Un approccio interessante e differente che però, nei fatti, non è sorretto dall’interprete. Fare l’esegesi dei vangeli, declamare i versi del poema, addentrarsi in complesse citazioni tratte dalla storia della letteratura è un’operazione che andrebbe fatta con più cognizione di causa e forse meno protagonismo.
Neri Marcorè
Infatti, purtroppo, Marcoré non ha la forza interpretativa di Carmelo Bene, né la voce di Vittorio Gassmann, né la preparazione e la verve di Roberto Benigni e appare così inchiodato in un ruolo che forse si è ritagliato con troppa autostima. In nessun momento della serata è passata l’impressione che l’attore potesse far sinceramente suoi i seppur ottimi testi di Francesca Masi e letture sono risultate ingessate, scolastiche, con il coinvolgimento emotivo del telegiornale della notte.
A gettare benzina sul fuoco anche l’aspetto musicale in cui, di nuovo, Marcoré veste panni suoi solo in parte. I brani scelti sono principalmente del repertorio di Vinicio Capossela (Ultimo Amore, Le Pleiadi, Ovunque Proteggi), Francesco De Gregori (Cardiologia, Sempre e per sempre), Ivano Fossati (Il bacio sulla bocca, Notturno delle tre) per sfociare in una dimensione internazionale con Sting (Fields of gold, Fragile), i Depeche Mode (Enjoy the Silence) e gli immancabili Beatles (Here comes the sun). L’interpretazione e il livello vocale però sono poco più che mediocri.
Neri Marcorè alla chitarra
Ogni volta che Neri Marcoré imbraccia la chitarra è come un atto di sano egocentrismo, un mero modo per non rimanere impagliato sul palco. Sembra quasi dimenticarsi che dietro di lui c’è l’ottima orchestra Arcangelo Corelli diretta dal Maestro Jacopo Rivani che conta ben sei fiati, diciotto archi, un’arpa, un pianoforte alternato alle chitarre (Domenico Mariorenzi), un basso elettrico (Stefano Cabrera), una batteria (Beppe Basile) e due coriste (le splendide Flavia Barbacetto e Angelica Dettori) che danno manforte ogni volta che l’abilità canora del protagonista vacilla. Ben trentuno artisti.
I saluti finali
Il pubblico se ne accorge e infatti dagli spalti si sentono molti più “Bravi” che “Bravo”. Forse, dato l’accompagnamento di primo livello, sarebbe stato più onesto far esibire un vero cantante. In ogni caso i pezzi più ritmati galvanizzano il pubblico: una coinvolgente versione ad archi di Enjoy the silence, il brano del quartetto di Liverpool e la finale Urlando contro il cielo di Ligabue che trasmette un po’ di carica prima di uscire. Sul palco, a riscuotere meritati applausi, anche la timidissima autrice dei testi che in pochissimi secondi riesce a trasmettere quello che Marcoré non ha lasciato passare in oltre due ore di spettacolo: passione, pudore, emotività e amore per lo studio e la ricerca. Gli applausi quindi questa volta vanno non al nome conosciuto ma ai gregari, tutti molto preparati e sempre capaci di tappare le falle di un protagonista che non regge il paragone né con il suo accompagnamento né con il luogo, considerando che la sua data si è inserita in un panorama di stelle mondiali del canto, della musica e della danza.
(foto agli ingressi di Fabio Falcioni, foto dello spettacolo di Tabocchini e Zanconi)
MARCORE' ad ognuno.il suo mestiere
Che problemi ci saranno mai per controllare un Green Pass? Controlli il biglietto, controlli il green Pass.
Grande Neri
Bello spettacolo!!!!
Spettacolo stupendo,super e bravissimo Neri Marcore!Fila non ne ho fatta sono entrata subito e nessun ritardo!!!!
Nicoletta Bartolini pure io
Un po di attesa.... Ma poi spettacolo stupendo,, Neri Marcore' sei veramente un grande!!!!!
A me è piaciuto, ho trovato molto accurata anche la scelta dei brani musicali. Lattesa per i controlli del green pass è stata nella norma e non ho sentito nessuno che se ne sia lamentato
Io sto provando a risvegliare le coscienze per ritrovare un barlume di razionalità la sto facendo innanzitutto da mamma, perché la piega che ha preso questa situazione pandemica è veramente preoccupante sotto ogni aspetto, all'inizio ci siamo spaventati tutti, è normale, ma adesso non si può più improvvisare e si deve tornare ad un clima di discussioni più pacate e soprattutto piu razionali, non si può vivere in perenne stato di emergenza. Gli anziani e i fragili si sono vaccinati, sono stati messi quindi in sicurezza e se così non fosse, mi scuso se lo dico, ma allora significa che i vaccini non servono e che quella non è la strada maestra. Non dimentichiamoci che proprio i medici hanno detto tutto e il contrario di tutto minando fortemente la loro credibilità, d'altronde la medicina non è una vera e propria scienza ma una pratica che si basa sulle altre scienze e mai come in questa situazione è stato così evidente. Se invece i vaccini funzionano bene nulla ha da temere chi ha scelto questa via per immunizzarsi, quindi insistere con questo green pass, che è solo uno strumento coercitivo per costringere i giovani a vaccinarsi è abominevole, innanzitutto perché non ha una vera valenza di prevenzione sanitaria, un esempio per tutti al banco dei bar non serve ma se ci si siede sullo sgabello si, e secondo ma non ultimo perché è folle esporre le generazioni più giovani che devono garantire il futuro della specie a rischi sconosciuti se non inutili, e se nell'isteria di massa che ha creato questo clima di paura alimentato continuamente ogni dove non si riesce a capire che queste sono le generazioni da salvaguardare maggiormente significa che abbiamo perso di vista quello che naturalmente è il nostro compito principale. Vogliamo usare questi vaccini che non hanno una regolare sperimentazione noi adulti, gli anziani, i fragili e chi ha paura, ok va bene ma lasciamo in pace i ragazzi perché sono loro che ci daranno un futuro. Si vadano a vedere i bollettini dell'ISS li si studi bene e si scoprirà che per la fascia d'età sotto i 39 anni è molto più rischioso immunizzarsi con il vaccino invece che naturalmente se dovesse poi accadere. Il vaccino non è esente da rischi e ognuno deve essere libero, ma veramente libero di sceglierlo perché se dovesse succedere qualcosa ad un figlio che è stato obbligato a vaccinarsi, pena la morte sociale, senza che nessuno si senta responsabile per questo significherebbe che la nostra società ha fallito il suo obiettivo principale. E io non vorrei vivere in una società siffatta. Cinzia Catena.
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…”Risorgi Dante” gli è andata male, ahimè, meglio tornare a “Risorgi Marche”, sicuramente assai più facile, certo, anche se forse meno redditizia, ma comunque ottimo enorme palcoscenico per marcarsi e smarcarsi. C’è marca e marca, ci sono marche e marche, e poi ci sono le marchette, basta scegliere ed accodarsi, cercando di non essere l’ultimo vagone!! gv
Complimenti, finalmente un giornalista che ha il coraggio di recensire uno spettacolo di Marcorè per quello che effettivamente vale, senza problemi di deferenza verso un artista simpatico, ma evidentemente molto sopravvalutato.
Lasciate ogne speranza, voi che col grinpasse intrate.
Neri Marcore’ non mi e’ mai piaciuto.
Marco Romagnoli. A occhio non sembra una grande notizia ! Magari a qualcun altro piace ! Buona giornata !
Temo che in buona parte dei giudizi negativi si annidi quella piaga tutta nostra che vuol sì che sia bravo solo chi viene da fuori (evangelicamente, “Che cosa può venire di buono da Nazareth?).
Mi associo alla malattia anche io che, di fronte all’orchestra dell’Arena molto cameristica e poco verdiana, soffro pensando a quale ensemble richiederebbe invece il melodramma romantico di Aida.
Evidentemente la medesima malattia si manifesta in sintomi opposti in me e nell’amico Marco Ribechi.
Quest’anno non sono potuto andare a vedere il mio amico Neri. L’ho soltanto ascoltato da casa (sempre il famoso agio di vivere alle spalle dello Sferisterio).
A me è piaciuto, sebbene non abbia potuto sentire come si deve tutti i parlati: però canta bene, anche quest’anno si è scelto un parterre di musicisti al fulmicotone. E l’idea è indubbiamente innovativa. Senz’altro più delle tirate finto-esegetiche di Benigni a Sanremo.
Quanto ai gradimenti personali… beh, lì ognuno di noi ha il proprio gusto, è inevitabile.
Sta di fatto, però, che per un’orchestra sinfonica piena, e pienamente verdiana, io il golfo mistico dello Sferisterio lo ristrutturerei.
Confesso di essere rimasto molto sorpreso e dispiaciuto perfino nel leggere la recensione di Marco Ribechi su Cronache Maceratesi dello spettacolo ‘Le divine donne di Dante’ di Neri Marcorè: l’assunto di fondo del pezzo è che niente era andato benissimo ma che alla fin fine se una cosa c’era di irrecuperabile questa era stata la performance del protagonista, colpevole di ogni sorta di carenza (non sa recitare, si sopravvaluta, non sa cantare, è ingessato, è scolastico …); addirittura quando si azzarda a cantare qualche pezzo che so di Capossela, De Gregori, Fossati, Sting o dei Beatles risulta poco più che mediocre. In tutto questo disastro invece la band e il suo maestro sono stati eccezionali come eccezionali sono state le coriste che ci hanno messo una ‘pezza’ quando proprio Neri non ce la faceva e il pubblico ha gradito.
Ho seguito con grande attenzione e interesse lo spettacolo, gradevole e mai fiacco ciò sicuramento grazie anche alla verve dell’orchestra. Tutti i pezzi recitati, di eccelsa qualità quanto al testo, sono stati porti con garbo e classe; le belle e bellissime canzoni non hanno mai dato adito ad alcuna preoccupazione circa la loro resa sonora proposta da Marcorè.
Mi riesce dunque difficile capire come mai se il protagonista di uno spettacolo è una frana, lo spettacolo stesso poi tutto sommato può essere andato bene tanto da catturare gli applausi del pubblico.
Attentissimo l’autore della recensione nel sentire dal pubblico il grido ‘Bravi’ diretto a tutti meno che al protagonista anziché il ‘Bravo’ di ordinanza (in verità io ho sentito applausi ripetuti per tutti, protagonista compreso).
Mi rendo conto che Marcorè può piacere o meno; al pubblico che ha risposto molto numeroso nonostante l’incognita green pass e a me è piaciuto, a Marco Ribechi e ad altri no ! Ci può stare !
Ma come dare credito a chi scrive “Enjoy the silence,il quartetto di Liverpool”! Ma mi faccia i l piacere!
Marcorè mi piace ma lo spettacolo non l’ho visto. Ma sarà stato così schifoso?
Entro nel dibattito premettendo che non ero presente, ma altrettanto premetto che conosco, abbastanza, Dante Alighieri e i suoi ( di Dante) vari interpreti. Qualsiasi “lettura” di Dante ( ma anche di altri) è “interpretazione”. Come accade nella traduzione: bella infedele, brutta fedele. Questione antica e vera e ampiamente storiografata. Almeno per gli addetti ai lavori. Ma in questo caso, o “pasticciaccio” come direbbe Gadda, si può approfondire. Non io, ma Mc Luhan, sostiene che il “medium è il messaggio” . Traduco semplicemente che se tu ha in mano un microfono e “appari” in Tv, diventi importante e anche interessante o\ e anche simpatico e via sbadigliando. Dunque, un autore “drammaturgico” a più “voci” ( non monolinguistico come Dante, ed è qui è la sua “invenzione” dinamica)si adatta a diverse “letture”. A me, ad esempio, non piace e non apprezzo quella di Benigni che si base, a mio avviso, su una performace attoriale, cinetica, è “ottica”.Meglio molti, ma molti altri, persino quel retore importante che fu Gasmann. Mi sarebbe piaciuto, tanto, ma proprio tanto, anzi tantissimo, che fossero recuperati pezzi ( e ce ne sono a centinaia) di Dante “politico”. Ad esempio: ” ahi serva Italia di dolore ostello, nave senza nocchiere in gran tempesta, non donna di provincie ma bordello”. Attualizzare Dante, oggi, è non parlare più di Paolo e Francesca, accentuare il su “realismo politico”. Basta con i biscotti e gli auguri, basta con questo miele.
Standing ovation per Cinzia Catena da facebook. Quanto all’alto Nerino mi ritornano in mente gli eleganti versi di Franco Branciaroli nelle vesti di Dante:
”leggere i versi miei son duri caz.zi
nessuno lo fa meglio di Albertazzi”, con l’ancor più elegante risposta di Branciaroli-Gassman e Branciaroli-Bene.
Arrivo forse tardi nel dire la mia, ma meglio tardi che mai. Io c’ero allo spettacolo e la recensione che ho letto sembrava essere di qualcuno poco attento e, mi dispiace, anche poco onesto.
Ho avuto l’impressione, dall’insistenza e dal tono dei giudizi perentori del signor Ribechi, che non abbia recensito uno spettacolo, ma abbia colto al volo un’occasione per tentare di sminuire le qualità artistiche di Neri Marcoré (e non mi meraviglierei se ci fossero dei precedenti…). Purtroppo per il giovane critico, noi che eravamo li abbiamo visto ed ascoltato una bella esibizione, interessante anche per la novità della presentazione. Solo Neri poteva portare a casa con successo questa sfida: rendere con naturalezza e chiarezza, un testo letterario encomiabile (quello scritto dalla bravissima Francesca Masi) ma denso di significati e citazioni, alternandolo ad esibizioni canore sottilmente collegate alla donna o alla vicenda della donna dantesca presentata.
Se avesse recitato alla Carmelo Bene sarebbe stato fuori luogo perché l’obiettivo, credimi Marco, non era certo emozionare o commuovere, ma interessare, condividere e catturare ogni volta l’attenzione del pubblico in questo creativo percorso tra testi e musiche.
Neri ha una voce profonda, ricca di sfumature, che ha fatto di lui l’artista eclettico che è diventato e di cui dovremmo andare fieri.
Quando ho letto il giudizio “mediocre” sull’esibizione canora ho avuto la conferma dei miei dubbi su quest’articolo, ed ho sorriso.
Sono contenta che tutti sul palco quella sera abbiano ricevuto meritatamente i nostri numerosi applausi, e che Neri sia stato più volte chiamato ad incassarne di personali.
Mi auguro che chi lavora in questo difficile settore con intelligenza e professionalità, possa essere recensito da professionsti preparati e non condizionati da campanilismi o personali antipatie.