Batisti acclamato come un tenore
agli aperitivi racconta l’odio tra Verdi e Parigi

MACERATA - Il musicologo toscano applaudito dal pubblico dell'asilo Ricci si è addentrato in un avvincente racconto sul soggiorno parigino del grande compositore italiano. Una relazione non facile che però lo porterà alla creazione dei suoi più grandi capolavori
- caricamento letture
Batisti-quarto-aperitivo-2021-2-650x433

Alberto Batisti

 

di Marco Ribechi

Record di pubblico agli aperitivi culturali per l’attesissimo Alberto Batisti. Come ogni anno il musicologo toscano ha convogliato all’incontro, oggi programmato nel cortile dell’asilo Ricci, tantissimi appassionati di opera, curiosi di ascoltare il sempre eccellente approccio al cartellone in programma allo Sferisterio. In particolare, dopo la presentazione della presidente dell’associazione Sferisterio Cultura Marilena Sparapani e dopo la lettura ad opera di Gabriela Lampa, si è parlato in maniera molto dettagliata del rapporto di Giuseppe Verdi con la città di Parigi, all’epoca centro culturale mondiale e catalizzatore del gusto e delle tendenze. Gli anni sono quelli successivi al 1847 quando il compositore, dopo aver incontrato il teatro di Shakespeare al teatro La Pergola di Firenze con il Macbeth, dopo aver riscosso un clamoroso successo a Londra con i Masnadieri a Covent Garden, decide di fermarsi senza troppo entusiasmo nella capitale francese, certo però di poter passeggiare finalmente libero come un signor nessuno. Qui però Verdi deciderà di riadattare la sua opera I Longobardi alla Prima Crociata al gusto francese, trasformandola nella Jérusalem. «Era l’epoca della Grand Opéra – spiega Batisti – il genere di riferimento per chiunque volesse lavorare a Parigi. Si tratta di un titolo che veniva scelto una volta all’anno in cui si facevano convogliare grandi risorse economiche. Aveva però dei parametri prestabiliti irrinunciabili».

Batisti-quarto-aperitivo-2021-7-650x433

Il numeroso pubblico presente

Questi parametri rispecchiavano il concetto di grandeur, grande coro, grandi masse, grandi orchestre che spesso esibivano anche gli ultimi ritrovati tecnologici, basti pensare tra i suoi membri ci fu anche Adolphe Sax, appunto l’inventore del sassofono. Un altro stilema del genere era la presenza, irrinunciabile, del balletto. «Veniva chiamato divertissement – continua Batisti – era un momento in cui l’attenzione, più che sulle danze, era incentrato sulle gambe delle ballerine che poi venivano corteggiate dai bohemien alla moda parigina. Ovviamente interrompere un’opera per inserire un balletto cozzava con la drammaturgia verdiana». Altri aspetti erano la necessità di trattare un tema storico eroico, le cui basi erano state gettate da Gaspare Spontini con il Fernand Cortez e da Rossini con il Guglielmo Tell. Infine il tema dell’esotismo: «Uno spazio di colore, pittoresco – spiega Batisti – che doveva far sognare il pubblico verso altri mondi». Ma l’esotismo al tempo non veniva ricercato troppo lontano, potevano essere i gitani, oppure la Spagna, o addirittura la Svizzera e il Sudtirolo. E’ in questo contesto che Verdi si trova a dover cambiare casacca, pur cercando di restare se stesso, così come avevano fatto i suoi predecessori. Nelle lettere che inviava alle sue corrispondenti si legge un astio per Parigi dove “Non ho mai visto così cattivi cantanti e mediocri coristi. La Grand Orchestra è poco più che mediocre” oppure “Qui il sole è pallido e brutto” e ancora “Sono passate solo 48 ore e già mi annoio”.

Batisti-quarto-aperitivo-2021-650x433

Cinzia Maroni e Alberto Batisti

Verdi però troverà anche grande ispirazione dai melodrammi francesi in particolare dalla Signora delle Camelie che poi diverrà la celebre Traviata. Verdi riesce nella delicata operazione di diventare un compositore francese, ad esempio implementando Il Trovatore con il balletto (nella versione francese), oppure inserendo gli esotismi nelle sue opere. Riceve una grandissima delusione con il Don Carlo, disprezzato e poco compreso dai parigini dove aveva invece riversato tutto il suo malessere esistenziale. Ma tutto questo era solo la prefazione alla Grand Opérà originale di Verdi, l’Aida. «Un’opera italiana, scritta in italiano ma confezionata a Parigi – dice Batisti – Cambia salsa e inventa il vero esotismo, non spagnolo, non gitano o mediterraneo ma orientale, a partire dalle arpe egizie, dai canti solenni nei templi, dalla voce della sacerdotessa invisibile. Un Oriente perfettamente inventato nella Bassa Padania che farà da scuola per tutti i successivi. Quante notti d’oriente abbiamo sentito dopo Aida? Pensiamo a Ravel, a Debussy. Persino il ballo non viene messo in un grande contenitore ma viene distribuito qua e là, a fare colore in più parti». Insomma senza Parigi non avremmo avuto né Aida né Traviata, nonostante il rapporto conflittuale con la città Verdi riesce nella prova di umiltà di nutrirsi del gusto dell’epoca e di farlo proprio, generando poi i suoi capolavori. Come gli artisti dello Sferisterio anche per Batisti scorrono, sopra i battiti di mani, numerosi “Bravo” carici di entusiasmo. L’appuntamento si è concluso poi con il solito aperitivo, accompagnato dai prodotti dell’azienda agricola Sigi. Domani la filosofa Ilaria Gaspari si cimenterà sul tema “Violetta una improbabile Odette” collegando La Traviata con il romanzo di Marcel Proust “Alla ricerca del Tempo Perduto”.

Marilena-sparapani

Marilena Sparapani

gabriela-Lampa

Gabriela Lampa

Articoli correlati






© RIPRODUZIONE RISERVATA

Torna alla home page
-

Come butta?
Vedi tutti gli eventi


Quotidiano Online Cronache Maceratesi - P.I. 01760000438 - Registrazione al Tribunale di Macerata n. 575
Direttore Responsabile: Matteo Zallocco Responsabilità dei contenuti - Tutto il materiale è coperto da Licenza Creative Commons

Cambia impostazioni privacy

X