Una a una, con passione e anche con un po’ di fortuna, riemergono le fonti storiche di Macerata, da sempre pallino dell’attuale assessore all’Urbanistica Silvano Iommi. E’ proprio lui oggi a descrivere la video ispezione di una di queste: la fonte di Santa Maria Maddalena. Questa fonte, ritrovata grazie a una ricerca partita da un carteggio del 1822, si trova in zona Fontescodella, che è ricca di riferimenti e reperti legati alle vie dell’acqua maceratese. Di seguito il racconto di Iommi e gli ultimi aggiornamenti sul ritrovamento della fonte.
Silvano Iommi
“Puteum olim Sanctae Mariae Magdalenae superius detectum in Fontem convertit Franciscus Conventatus Gonfalonier. Anno 1822”. Quando iniziammo la ricerca della fonte era giusto questo cartiglio lapideo, incastonato nel frontalino della vasca principale, l’unica cosa che affiorava dal terreno e che si riusciva ad intravvedere tra una fitto groviglio di vegetazione e cumuli di rifiuti; evidentemente stiamo parlando di fonte Santa Maria Maddalena, il cui nome antichissimo indicava sin dal 1300 anche l’odierna Porta Convitto a Macerata.
Il fatto che in origine la fonte fosse indicata come pozzo (puteum), è stato per noi un altro motivo per approfondire l’indagine attraverso ulteriori saggi di scavo fatti più monte del fontanile alla ricerca dei condotti di adduzione e dell’eventuale sorgente. Il breve e suggestivo filmato documenta la video-ispezione sub-orizzontale effettuata all’interno della vecchia condotta in terracotta fino a cadere dentro un vasto e ricco invaso d’acqua sorgiva (probabilmente il puteum originario). Dal punto di vista storico-territoriale il fontanile ricade nella fascia periurbana definita come “prima senata”, in una località che non a caso si è chiamata fino al 1880 contrada acquadocia (acqua dolce), e registrata nei documenti d’archivio come appartenente al quartiere di S. Giovanni. Come descritto nel volume su “Fonti, Fontane … le acque di Macerata”, sia l’attuale fontanile a due vasche che l’antico pozzo-sorgente appena scoperto a circa 8 metri di profondità sotto via Torregiana, risultano costruiti strategicamente all’incrocio tra l’antica gabba della Vetreria (oggi via IV Novembre) proveniente dall’odierno Corso Cavour e la primitiva strada di fondovalle Macerata-Tolentino detta Turris-Jani (odierna via Torregiana). Gli estesi e complessi lavori di somma urgenza ancora in corso nella zona per il rifacimento della rete fognaria di Fonte Scodella hanno permesso, da un lato, di fare una prima bonifica dell’intero sito del fontanile rendendo riconoscibili le caratteristiche funzionali e tipologiche del manufatto in vista di un suo restauro e valorizzazione, dall’altro hanno consentito di acquisire nuove conoscenze sul sistema tecnico-costruttivo adottato sia per la captazione delle acque sorgive che per la loro distribuzione.
Grazie alla straordinaria e qualificata collaborazione degli operatori del Servizio Idrico Integrato di Apm, egregiamente coordinati per l’occasione dalla preziosa professionalità e passione di Fernando Palmieri, è stato possibile ritrovare non solo il punto di origine della sorgente ancora attiva, ma anche l’osservazione stratigrafica dei vari interventi di riparazione effettuati negli ultimi due secoli. Tutti elementi di conoscenza che illuminano ulteriormente quanto era solo in parte già emerso dai documenti d’archivio. In modo particolare si è potuto riconoscere l’intervento novecentesco relativo alla riparazione fatta a seguito di una emergenza idrico-sanitaria causata da un inquinamento prodotto dalla rottura di una vecchia fognatura che, in quella zona, correva sopra la condotta idrica costituita da elementi in cotto. Nella fitta corrispondenza del 1915 tra le diverse autorità sanitarie, infatti, si parla di tale inquinamento e dei lavori urgenti da eseguire sulla “fontanella sotto il Convitto” e sul pozzo della casa cantoniera. Tuttavia, la documentazione archivistica tace sul fatto che l’indagine sull’acqua della zona sarebbe stata avviata da una denuncia di Ferrovie Statali dopo la morte per sospetto avvelenamento di una ragazza che abitava nella casa del casellante.
Il sistema pozzetto e condotta in tubi di cotto adagiati sul preesistente cunicolo di scolo in mattoni
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L’amore del proprio passato e della sua Storia ci permette di vedere il futuro. Purtroppo abbiamo distrutto parecchio. Con Jommi, l’amico carissimo, Macerata si sta salvando. Con amici di Montolmo, oggi impropriamente ribattezzata dal regime fascista cvol nome di Corridonia, ci mangiamo il fegato per le troppe distruzioni della nostra Storia negli ultimi cento. C’era la mania di “svecchiare” nell’inconscio collettivo dei cittadini di allora. E abbiamo lasciato fare la distruzione agli innovatori modernisti fino ai giorni nostri. Quando non si ama la Soria non si ama la Città e il suo popolo.
Ricordo che nella sacrestia della chiesa trecentesca di San Francesco, il cui interno trecentesco con affreschi fu distrutto da un benemerito cittadino che dette una platicità neoclassica orrenda all’interno, si trovava una pala d’altare di Durante Nobili – credo – non eccessivamente ben dipinta, nel senso che l’avrei modestamente dipinti meglio anche io (non parliamo poi del caro indimenticato Guido Bruzzesi). La pala veniva presa a calci da chi passava e ridotta a buchi. Quando il PCI andò in amministrazione con i transfughi democristiani di Sinistra del sindaco Angelo Cartechini, imposi il restauro dei dipinti del pittore Sigismondo Martini e di quella pala d’altare, nella cui parte bassa era dipinta la Montolmo degli inizi del XVI secolo, ripresa dal convento degli Zoccolanti. Ci è rimasto così ciò che era quella città, parte della quale abbattuta, ma con riferimenti abitativi riconoscibili ancora oggi. Credo di avere fatto bene a fare reintelare il dipinto da Gianfranco Pasquali, uno dei restautaroia accreditati presso la Soprintendenza. Ci sarebbe da ripulire la tela, ma per intanto l’immagine della città ormai scomparsa è rimasta. E di ciò ne vado fiero.
Andremo a vederla.
Maddalena era l’amante di Gesu’:
Non poco.