
La piccola protagonista di Bia
di Marco Ribechi
Una bambina, da sola, a salvare il mondo. La magia dell’opera è in grado di fare anche questo, specie se in una cornice insolita ma altamente suggestiva, il cortile di Palazzo Buonaccorsi a Macerata. Ha riscosso grandi consensi Bia, lo spettacolo al contempo opera, performance, azione e istallazione, vincitore del progetto Macerata Opera 4.0. I temi trattati, in maniera viscerale e di forte impatto, riguardano le distorsioni del mondo moderno, con una particolare attenzione alla società che verrà, costretta di volta in volta a fare i conti con un mondo peggiore lasciato dalla generazione precedente. L’eredità trasmessa è sempre più pesante e complessa da gestire, non un regalo ma un pesante fardello.
Da queste considerazioni non può sottrarsi nemmeno l’opera che in Bia si confronta, attraverso linguaggi eterogenei, proprio con il tema della modernità. Bia, nella mitologia la personificazione della forza avversaria dei Titani, è in realtà una bambina catapultata in un mondo fatto di confusione, suoni distorti, trasmessi al pubblico attraverso delle cuffie. Il ruolo dello spettatore quindi è da subito focalizzato sul suono e sull’azione, restando isolato dal resto del mondo proprio tramite l’apparecchio acustico. I suoni della città si alternano a quelli della vita, dei respiri affannosi, un cuore che batte, rumore di pietre e di vento. Bia, la bambina protagonista, nasce e vaga in una sorta di universo di cui cerca di trovare un senso. Il passaggio generazionale si realizza con l’incontro di una donna matura, una nonna, che le trasmette la sua eredità e la vita futura sulla Terra.
Ora, visto con gli occhi di una bambina, tutto è orrore, tutto è dolore. Si ascolta il rumore del mare accompagnare il canto delle sirene che, come nella mitologia, coincide con le navi dei naufraghi che non vedranno mai delle coste né dei porti sicuri. Alle spalle del pubblico sopravanza, a passi millimetrici, un esercito di bambini che viene avvertito con la propriocezione prima ancora che con la vista, una forte presenza incombente a cui lo spettatore non può sottrarsi. Una trovata molto emozionante e angosciante. I bambini cadono a terra morti, inizia un rastrellamento che trasporta la scena in un territorio di guerra dove, distorto, echeggia l’Inno alla Gioia di Beethoven, scelto per rappresentare l’armonia dei popoli europei. Evidente nello spettacolo è anche il fallimento di questa Europa moderna che invece di guidare il mondo verso un futuro splendente in realtà è una delle prime cause di scontri, conflitti, morte.
Irrompe nella scena una figura che, nelle forme e nelle movenze, sembra uscire dalla cinematografia musicale, più esattamente dal film The Wall dei Pink Floyd. E’ l’eccelente e terrificante baritono solista Emily De Salve nei panni dell’istruzione che, invece di liberare l’individuo, lo costringe a sostenere una società capitalista malata, dove la differenza è perseguitata e l’espressione individuale repressa. Con un frustino da fantino infatti domina due adolescenti dalle vesti lacere, forse sono già troppo grandi e per loro è troppo tardi riscattare le sorti del mondo. Non possono più sottrarsi all’educazione che hanno ricevuto. Ma ecco riapparire Bia, che risveglia gli altri bambini invitandoli a schierarsi in battaglia. La figura anziana, si frappone tra l’orrenda dominatrice e la bambina.
E’ in realtà la cultura, l’amore, la vita, la madre Terra che riesce a convertire il dolore e la violenza in un battito di mani armonico. Il pubblico entra in scena, i bambini dopo aver corso festosi in tondo, invitano gli adulti ad entrare nel loro mondo, a guardare nelle sette semisfere colorate che compongono la scenografia dove, in degli schermi, ci sono bambini addormentati, adulti che ancora devono nascere, che meritano di crescere in un luogo armonioso e non sopraffatto da fame, guerra, dolore e morte. L’appello di Bia al termine dello spettacolo è micidiale: indicando uno per uno gli spettatori chiede “E tu?”, “E tu?”, “E tu?”. Nessuno può sottrarsi al giudizio di una bambina innocente che chiede il massimo impegno di tutti per godere della libertà di una vita serena. Bia sono i nostri figli. Lo spettatore, resterà con la domanda a cui solo lui può rispondere: e io, da che parte sto?
(Foto Tabocchini/Zanconi)
Drammaturgia e testi Davide Gasparro, Riccardo Olivier, Antonio Smaldone
Musica Marco Benetti
Regia RICCARDO OLIVIER, ANTONIO SMALDONE
Scene e costumi STEFANO ZULLO
Luci PAOLO VITALE
Video Art PIERA LEONETTI
Coreografia RICCARDO OLIVIER
Regista collaboratore DAVIDE GASPARRO
Coreografa assistente ERICA MEUCCI
Una bimba OTTAVIA PELLICCIOTTA
L’anima FULVIA ZAMPA
La donna in tailleur EMILY DE SALVE
Le vittime GIORGIO EPIFANI, MICHELE POLISANO
Κόρος (coro senza voce) ASD EL DUENDE
Voce di Bíα GIANCARLO SESSA
Yaguine Koita e Fodè Tounkara RAFFAELLA DI CAPRIO
Voci delle anime dei naufraghi VALERIA FEOLA, GIULIA MOSCATO
Prigionieri, lavoratori e cultori dell’essere “umani” PUBBLICO
Sponsor tecnico Silent-Disco Italia
Si ringrazia la scuola di danza di Elvira Pardi (ASD El Duende)
Produzione esecutiva Fattoria Vittadini
Un progetto di #ToTEAM con la direzione artistica di Antonio Smaldone vincitore del Concorso Macerata Opera 4.0 per under35 dall’Associazione Arena Sferisterio, in coproduzione con Fondazione Romaeuropa, Fondazione I Teatri diReggio Emilia, Marche Teatro e Fondazione Teatro delle Muse di Ancona e in collaborazione con Opera Europa