di Giovanni De Franceschi
Alla domanda se possa vedersi da qui a breve in ruolo politico, la sua risposta è semplice: «Svolgo già un ruolo politico, la Croce rossa è una macchina da guerra del bene». Rosaria Del Balzo Ruiti è la presidentessa per eccellenza della nostra provincia. Oltre alla Croce rossa di Macerata, presiede anche il cda della Fondazione Carima. E in vista del 2020, quando si voterà sia a Macerata città che per le regionali, in molti la stanno tirando per la giacchetta, vedendo in lei un candidato ideale. Sia per lo spessore culturale e umano, sia ovviamente per il bacino di voti che porterebbe con sé. Ma lei al momento non ci pensa per niente a buttarsi nella mischia, domani chi lo sa. Anche se è convinta che Macerata stia vivendo un momento difficile, oggi le sue energie sono completamente assorbite dall’associazione, dalle 1.400 famiglie italiane bisognose che aiutano ogni mese, dai circa 50 ragazzi extracomunitari dei progetti Sprar, dalla ruolo che la fondazione svolge per il territorio, punto di riferimento imprescindibile. Basti che pensare che solo con il terremoto la Fondazione ha aiutato una cinquantina di comuni del cratere finanziando l’acquisto di mezzi e strumenti di cui necessitavano. E che l’ente riversa sul territorio circa 1,2 milioni all’anno per progetti e iniziative di ogni tipo.
Presidentessa, iniziando dal discorso immigrazione: qui a Macerata si respira un clima pesante. C’è paura e diffidenza, come ci si è arrivati?
«La situazione è indubbiamente peggiorata. I tragici eventi di inizio anno, con l’omicidio di Pamela e il raid di Traini, hanno sicuramente esasperato gli animi. Ma probabilmente hanno solo portato a galla un sentimento già diffuso. Anche se devo dire che nei nostri centri di accoglienza questo clima non si respira, perché noi cerchiamo di non andare a impattare troppo in realtà piccole. Noi cerchiamo di fare un’integrazione molto familiare e quando la gente conosce veramente questi ragazzi, poi le cose cambiano. La verità è che la non conoscenza genera timore».
Cosa risponde a chi usa come slogan “prima gli italiani”?
«Certo prima gli italiani, infatti noi le nostre 1.400 famiglie le aiutiamo qui. Ma i due discorsi vanno tenuti separati, non si escludono a vicenda. Ha mai visto come arrivano questi ragazzi? In un sacchetto di plastica hanno tutta la loro vita, sono vestiti uguali e addosso portano i segni delle torture subite. Anche se molti di loro non hanno o non avranno mai i requisiti per ottenere la protezione internazionale, è un delitto permettere loro di cercare una condizione di vita migliore?»
Quindi, ammesso che tutti hanno il diritto di cercare condizioni di vita migliori e che, stando ai numeri, non c’è nessuna invasione, c’è un problema di percezione. Da cosa deriva?
«E’ evidente che la norma è assolutamente carente. Quando finisco i progetti, molte di queste persone vengono sbattute fuori dai centri di accoglienza e lasciate in mezzo a una strada. E che fai quando non hai nessuno, non hai dove stare e di che vivere? Delinqui».
Quanto la politica ha inciso o incide su questa percezione?
«Adesso è facile cavalcare l’onda, la gente ha paura. Soprattutto qui dove con l’uccisione di Pamela la gente ha preso coscienza del problema in maniera brutale ed è destabilizzata. Quindi è facile fare di tutta l’erba un fascio. Ma non si capisce che l’accoglienza genera lavoro ed economia: qui in Croce rossa per i 50 ragazzi che ospitiamo, abbiamo assunto sei persone. L’integrazione passa attraverso la conoscenza, solo così si può mettere in moto il meccanismo virtuoso che genera economia e lavoro. Ma sa qual’è la cosa più brutta? Che io ho paura a dire quello che di bello facciamo insieme a questi ragazzi, per il giudizio feroce, per gli attacchi indiscriminati che potrebbe portare, non solo a me, ma anche e soprattutto a chi ci lavora con questi ragazzi».
Rosaria del Balzo, durantte una cerimonia in cui la Fondazione Carima aveva donato 14 ambulanze al 118
Cambiando argomento, dal crac di Banca Marche ad oggi, com’è mutato il ruolo della fondazione Carima?
«Di sicuro è cambiata, ma già la vecchia governance aveva capito prima del famoso novembre nero del 2015 che era necessario cambiare. Da una parte aprendo presidenza e cda alla società civile e quindi rafforzando il legame col territorio, dall’altro chiudendo con l’epoca delle lobby e della logica di spartizione delle poltrone. Le altre fondazioni che non hanno fatto questo salto, stanno soffrendo. Invece qui con questa apertura, si sono azzerati i malumori nei confronti della fondazione per il crac».
E così è rimasta un punto di riferimento per il territorio.
«Questo è un territorio che ha bisogno di punti di riferimento, soprattutto oggi. E la fondazione rappresenta un punto di riferimento importante. Per il terremoto, per esempio, abbiamo fatto un lavoro enorme: in primis siamo stati i referenti per tanti sindaci che avevano bisogno, quindi abbiamo aiutato la stragrande maggioranza dei comuni del cratere donando mezzi e strumenti che ci venivano richiesti. Ma le erogazioni sul territorio non sono solo in denaro, basti pensare alla cultura, al sostegno che diamo a Unimc e all’Accademia di belle arti, che sono la prima azienda di Macerata. E per me e per il cda questo è un lavoro straordinario».
A proposito di terremoto, cosa non ha funzionato e non sta funzionando?
«E’ mancata e manca una visione d’insieme, una programmazione comune. Ritornando nella zona rossa di Camerino, mi è rimasto impresso il fiocco con cui si festeggiava una nascita rimasto appeso ad una porta. Quel bambino oggi ha 2 anni e mezzo e non è cambiato niente. Anzi, quel silenzio oggi è ancora più assordante. E questo fa capire come la ricostruzione sia ancora lontana».
Chiudiamo con la politica: c’è chi la vedrebbe bene come sindaco di Macerata o come assessore regionale. Se le arrivasse una proposta di candidatura, la accetterebbe?
«Molti anni fa ho fatto la scelta di mettermi al servizio degli altri ed è quello che amo fare. Ma con la Croce rossa e la Fondazione svolgo già un ruolo politico, suppliamo a delle carenze del sistema. E non so se riuscirei a fare di più di quello che faccio oggi per gli altri con un ruolo da assessore o da sindaco. La Croce rossa è una macchina da guerra del bene ed è questo il ruolo che oggi mi tengo stretta».
E Macerata, di cosa avrebbe bisogno?
«Diciamo che provo grande affetto per questa città, ma sta vivendo un periodo difficile. E rimpiango quella Macerata dove si respirava un’aria di leggerezza, perché oggi non c’è più quel clima».
....io non l'ho chiamata....
...manca la politica poi en plein!!
Pensa il contrappasso: per salvare il centrosinistra dopo Carancini chiamano la Croce Rossa. Una città in bilico tra coma è stato comico!!!!
Di tutto è di più, potrebbe fare il terno
ma magari
Incarichi importanti (presidente della cassa di risparmio, della croce rossa, e poi sindaco). Immagino giustificati da una carriera altrettanto importante nel mondo imprenditoriale o delle professioni.
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Non tutti la ricordano bene. C’è l’ombra della massoneria? Cosa si nasconde dietro questa persona? Non mi fido. Penso che non sia per il popolo ma per altri interessi.
All’ultima domanda, quella cruciale – di che cosa ha bisogno Macerata – non ha saputo dare una risposta. Perché?
Scusate ma qualcuno mi sa dire che mestiere fa questa signora?