Carancini ieri, oggi e 2020
«Vorrei continuare ad amministrare»

L'INTERVISTA - Il sindaco di Macerata si avvicina alla scadenza del mandato. Cosa farà? «Vedremo quello che si configurerà». Centrodestra in vantaggio per le comunali? «Oggi il consenso è talmente duttile che tra un anno e mezzo può cambiare tutto». Le piscine la sua spada di Damocle? «Ho sbagliato a credere in quegli imprenditori». Cosa si è rotto con il rettore Adornato? «Non lo so, noi continuiamo a collaborare con Unimc. Abbiamo appena accettato l'ampliamento del polo Bertelli». E il Pd? «Dovrebbe valorizzare il lavoro fatto da questa amministrazione»

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Romano Carancini nella redazione di Cm

 

di Giovanni De Franceschi

Sembra proprio che un pensiero corra verso palazzo Raffaello, Ancona. D’altra parte è inevitabile che pensi al 2020, quando dovrà abbandonare il ruolo di sindaco di Macerata dopo 10 anni. Pur senza dichiarare mai esplicitamente di volersi candidare, Romano Carancini ammette che la passione di amministrare lo accompagnerà anche dopo la scadenza del mandato. Quale occasione migliore allora se non le Regionali che si terranno nello stesso anno delle amministrative di Macerata? Magari puntando addirittura in alto, e cioè a prendere il posto di Ceriscioli come governatore. Forse è molto più che una semplice idea o un desiderio, visto quello che ha detto ieri ad Ancona quando ha parlato del futuro del Pd nelle Marche con la collega Valeria Mancinelli. Sulle elezioni regionali entrambi sono d’accordo che il Ceriscioli bis, nel caso, debba passare dalla primarie (leggi l’articolo). Ma poi Carancini ha aggiunto: «Io credo che si debba ripartire dai sindaci per la loro credibilità e la capacità di rapportarsi con le persone. La crisi del Pd è dovuta al desiderio di autosufficienza ed all’autoreferenzialità». Questo è solo uno degli argomenti trattati, Carancini nell’intervista ha affrontato anche il tema dell’ospedale unico (leggi articolo), del nuovo centro commerciale a Piediripa e del caso Orim (leggi l’articolo dedicato), del rapporto con l’università, con la sua maggioranza, con il Pd, quanto fatto nel suo mandato, cosa ha funzionato e cosa no.

carancini-cm3-650x433Sindaco, quindi si candiderà alle prossime Regionali?

«La politica si consuma in pochi attimi e oggi sono solo concentrato sulla città e ossessionato dal portare a termine i progetti avviati. Nei prossimi mesi vedremo quello che si configurerà, è chiaro che c’è la passione di amministrare, però adesso è prematuro parlarne».

Comunque il 2020 è “vicino” ed è impensabile che possa candidarsi a fare il secondo di qualcuno a Macerata. 

«E’ giusto che ci sia un nuovo sindaco ed è giusto anche che ci sia discontinuità rispetto al passato. Certo è che a a chi verrà consegniamo una città pronta per nuovo salto. Per quanto mi riguarda, ripeto, vedremo, ho anche un mestiere a cui posso tornare».

La discontinuità di cui parla potrebbe anche essere rappresentata dal centrodestra, mai come oggi ha la possibilità di vincere le comunali. Cosa consiglia al futuro candidato per evitare la sconfitta?

«Non ho consigli da dare, chi mi seguirà saprà fare bene, io sono a disposizione del centrosinistra. E’ possibile che possa vincere la destra, anche se oggi il consenso è talmente duttile che si sposta molto velocemente. Quindi se è vero che il 4 marzo è stato un passaggio tragico per il centrosinistra, non vuol dire che tra due anni sarà lo stesso».

Va bene, mettiamola così allora: cosa farebbe lei per arginare l’avanzata del centrodestra?

«Io ho una sola tesi: noi nel 2015 abbiamo presentato un programma, fondamentale sarà rendicontare alle persone quello che abbiamo fatto in questi cinque anni. Per questo lavoro a testa bassa, la credibilità politica si misura sulla capacità di realizzare quanto promesso. Noi dobbiamo essere concentrati per portare a casa i risultati e poi ci presenteremo ai cittadini dicendo: “questo è quello che abbiamo fatto”».

“Priorità alle piscine” è stato il suo primo slogan nel 2010. Cosa dirà in merito quando si presenterà ai cittadini?

«Che ho sbagliato a credere in quel progetto e a quegli imprenditori, ma non a mettere le piscine tra le priorità».

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La posa della prima pietra per la Mestica

Visto che le piscine resteranno sulla carta, quali sono le priorità di questo ultimo anno e poco più di mandato?

«Portare avanti e concretizzare i progetti già avviati: penso al bando per l’arredo centro storico, al museo archeologico, alle scuole Mestica e Dante Alighieri alle ex Casermette. La città sarà diversa, più aperta».

A proposito della Dante Alighieri, però, si è già in netto ritardo: i lavori sarebbero dovuti partire entro l’estate.

«L’obiettivo resta concludere entro settembre 2019. Purtroppo ancora non sono partiti, ma non dipende da noi, è di competenza della struttura del commissario alla ricostruzione. Ora ce n’è uno nuovo, telefoniamo tutti i giorni».

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Il rettore Francesco Adornato il 26 giugno ha annunciato l’uscita dal progetto

Ex Upim e rapporti con l’università: cosa si è rotto?

«Voglio ribadire l’importanza dell’università per la città, che nessuno mette in dubbio. Vogliamo continuare a renderci disponibili a una collaborazione e non c’è nessuna ostilità da parte nostra. Rispetto all’ex Upim c’è stata una comunicazione interpretata male, ma oggi sono nelle condizioni di poter andare avanti col progetto. Sono pronto ad andare a cena con il rettore, a tendere la mano. Ovviamente ci deve essere un discorso di fiducia reciproca e da parte mia non c’è nessuna diffidenza. Non possiamo permetterci di proiettare un’immagine di divisione sulla città. Sottolineo che il rapporto tra la città e Unimc nel periodo di Lacché è stato sereno e senza polemiche, nonostante ci siano stati momenti di confronto».

Quindi è un problema personale col rettore Adornato?

«Non lo so, io credo di no, stimo profondamente il rettore e credo sia una figura importante. Forse ci possono essere state delle incomprensioni, che però si possono superare».

Uno degli obiettivi del 2015 era un miglior rapporto con Unimc, tanto che ha anche assegnato una delega per questo. E’ stato il rettore stesso però a parlare di delega fantasma, per non aver mai visto l’assessore competente, Stefania Monteverde.

«Basterebbe vedere i progetti a cui stiamo lavorando insieme, quello dedicato alle start up per esempio. Oppure il polo Bertelli a Vallebona: abbiamo messo una linea di bus dedicata agli universitari con 43 passaggi al giorno, modificando per questo anche la viabilità in via Urbino».

Un fatto è certo: manca un rapporto col rettore. Forse è stata davvero inutile quella delega?

«Questo lo dite voi, noi continuiamo a collaborare attivamente con Unimc. Ci hanno chiesto l’ampliamento del polo Bertelli e abbiamo detto sì. E’ come se sotto il profilo pubblico si volesse mandare un certo tipo di messaggio e sotto il profilo sostanziale però si continua ad andare avanti con i progetti. Ripeto: da noi sempre e totale disponibilità, non ho niente contro il rettore, né contro l’università».

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Maurizio Del Gobbo

Proprio sul rapporto con Unimc è arrivato anche un’ordine del giorno presentato dalla sua stessa maggioranza. Un atto insolito, che è suonato come un’ammonizione.

«Potrebbe sembrare che il Pd abbia un atteggiamento teso ad isolarmi, perché un odg del genere significa tagliare il ramo su cui si è seduti. Ma io voglio pensare solo che Del Gobbo non sia sufficientemente informato delle collaborazioni e dei progetti avviati con Unimc».

Ma perché il capogruppo del Pd non l’ha chiesto a lei direttamente?

«Questo dovreste chiederlo a lui».

Che il suo rapporto col Pd sia stato fin dall’inizio quantomeno problematico, non è stato mai un segreto.

«Loro si sono acquietati nel 2015, quando mi sono rimesso in gioco, ma se oggi vado a fare un bilancio, con un terremoto dentro e i sei mesi di apnea che abbiamo vissuto dopo i tragici fatti di inizio anno, non posso che ringraziare questa maggioranza. Abbiamo fatto scelte coraggiose in questi anni. Certo alcuni passaggi non sono comprensibili, non è che devono difendere me, dovrebbero difendere loro stessi. Perché io tra un anno e mezzo non ci sarò e loro dovranno valorizzare il lavoro fatto».

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