di Giancarlo Liuti
I recenti sviluppi della questione ospedaliera mi costringono a fare ammenda – e ne sono felice – di quanto scrissi due settimane fa, quando m’era parso di capire che con la già finanziata costruzione ex novo di un grande ospedale a Campiglione di Fermo la linea politica di Luca Ceriscioli, presidente della Regione Marche con delega alla sanità, fosse animata da una misteriosa “antipatia” verso i pur sacrosanti interessi della provincia (pardon, area vasta) maceratese. E quali sarebbero i recenti sviluppi? Che anche la nostra provincia (pardon, area vasta) dovrebbe avere un nuovo e grande ospedale di primo livello a vantaggio delle 322.000 persone che vi risiedono e in casi particolari potrebbero aver bisogno di diagnosi e terapie altamente specialistiche. Non a caso, però, ho usato i condizionali “sarebbe” e “potrebbe”. Come quelle del Signore, infatti, anche le vie della politica sono infinite e piene di curve all’indietro.
Nel frattempo, anche se in mancanza di una decisione ufficiale, a Macerata già si discute sul quando e sul dove costruirlo, questo nuovo ospedale provinciale (pardon, di area vasta). Il “quando”, purtroppo, esclude il “subito”, giacché vi sarebbero problemi di finanziamento regionale e statale rispetto ai quali la provincia di Pesaro sarebbe in vantaggio. E, stabilito che il territorio debba (o dovrebbe?) essere quello di Macerata, sul “dove” ci si divide fra coloro che preferirebbero il versante del Chienti (poniamo “Valleverde” o qualcosa del genere) e coloro che invece sarebbero favorevoli al versante del Potenza (poniamo il “Centro Fiere” o qualcosa del genere). Nel primo caso c’è il vantaggio viario della superstrada a servizio di centri importanti come Civitanova, Corridonia e Tolentino, nel secondo l’opportunità di sottrarre un’intera valle della provincia (pardon, dell’ area vasta) alla deplorevole “disattenzione” da parte del capoluogo nei confronti di centri anch’essi importanti come Recanati, Potenza Picena, San Severino, Porto Recanati, Cingoli e Treia. Dibattito interessante, certo. Purché si sappia, prima, se questo benedetto ospedale “capofila” si è davvero deciso di farlo. Il che non risulta, ahimè, da alcun atto ufficiale, come invece è accaduto per Campiglione di Fermo.
Resta comunque una “quasi” certezza, ossia che la “linea” del presidente Ceriscioli è di creare nelle cinque province (pardon, aree vaste) marchigiane un nuovo ospedale “capofila” dotato di tutte le specialità mediche e chirurgiche in stretto contatto fra loro. Qualcosa di simile, per le intere Marche, al ruolo di “Torrette” di Ancona. Qualcosa, intendiamoci, che già esisteva a Macerata da almeno trent’anni, ma che stava via via decadendo per l’andazzo un po’ demagogico (si pensi all’affannosa mendicità di consensi fatta da ogni partito in ogni comune e in ogni frazione), un po’ campanilistico (si pensi alle ambizioni dei sindaci) e un po’ personalistico (si pensi a quelle dei primari dei nosocomi minori), un andazzo agevolato dal furbastro “lasciar fare” della Regione. E adesso, se questo è vero, accetto l’elegante epiteto di “ruffiano” attribuitomi da quel commentatore di CM che usa “pavoneggiarsi” coi versi romaneschi del Belli e aggiungo di condividere in pieno la tenacia e la fiducia del sindaco Romano Carancini, che una soluzione ospedaliera analoga a questa l’aveva inclusa nel suo programma elettorale.
Vediamo ora come si sarebbe giunti, per la provincia di Macerata (pardon, per l’area vasta numero tre) alla scelta dell’ospedale “capofila”. Una storia lunga? No, brevissima. Una storia che va dalla vigilia di Natale, quando Ceriscioli annunciò l’istituzione di un “presidio unico” comprendente, parve alla pari, gli ospedali di Macerata, Civitanova, San Severino e Camerino e ci si attendeva che si concludesse martedì scorso all’Abbadia di Fiastra nella segretissima riunione del direttivo provinciale e dei sindaci del Pd. Perché segretissima? Qui sono d’accordo con Ceriscioli, che ben conoscendo com’è ridotto il suo partito, il Pd, ha deciso di non farlo sapere in giro. Secondo voci dal sen fuggite, pare comunque che gli esponenti civitanovesi si siano mostrati vivacemente contrari alla soluzione finale con un confronto assai acceso – dove s’è parlato perfino della Lube! – fra Giulio Silenzi, vicesindaco di Civitanova, e Romano Carancini, sindaco di Macerata.
E per quale ragione? I civitanovesi temono forse la chiusura del loro ospedale? E perché mai? L’eventuale creazione di un ospedale “provinciale” a Macerata determinerebbe forse la chiusura degli altri nosocomi del “presidio unico”, ossia di quelli esistenti a Civitanova, San Severino e Camerino? Non pare proprio. Anzi, sono convinto che Civitanova, città di oltre quarantamila abitanti, abbia il diritto di conservare il proprio ospedale, un diritto che a quanto mi risulta non sarebbe messo in dubbio dallo stesso Ceriscioli. E allora?
La verità è che questa storia brevissima ne nasconde un’altra lunghissima, quella della contestazione di Civitanova del ruolo di Macerata come capoluogo di provincia e non soltanto in tema ospedaliero ma praticamente su tutto. Una storia che ha ormai quarant’anni. Diamole, dunque, un rapido sguardo. Basandosi sulla sua maggior forza in fatto di sviluppo industriale, artigianale e commerciale – il che,ovviamente, le rende merito – Civitanova non accetta di figurare in subordine a Macerata per quanto riguarda la guida della provincia (pardon, dell’area vasta numero tre), la ritiene un’ingiustizia e non perde occasione per ribellarsene, iniziando – ricordate? – dalla segnaletica autostradale, dagli uffici turistici e poi, via via, fino a certe pretese universitarie. Ora non c’è alcun dubbio sulla vocazione civitanovese all’imprenditoria privata e al coraggio tutto marinaro con cui se ne affrontano i rischi e se ne accolgono i successi, ma vi sono parecchie, non secondarie e non contestabili ragioni per le quali la provincia (pardon, l’area vasta numero tre) debba vedere in Macerata il proprio punto di riferimento civile.
E sono ragioni che affondano le radici nella storia di secoli, nell’antico e attuale prestigio dell’università, nell’assetto urbano e, non ultima, nella sua baricentrica collocazione territoriale. Inutile disperarsene, è soltanto un vano sperpero di risorse intellettuali. Vi siete mai chiesti per quale non arcano motivo Roma è la capitale d’Italia? Fu forse scelta, nell’Ottocento, perché superiore a Torino e a Milano in fatto di sviluppo industriale e commerciale, come appunto è Civitanova rispetto a Macerata? No. Roma fu scelta perché era stata per secoli capitale di un impero, perché le imponenti vestigia di ciò sono ancora presenti nella loro monumentalità e perché tali vestigia provengono dal centro o dal baricentro d’Italia (ecco allora un ulteriore argomento, stavolta territoriale). Perdonerete questo mio spropositato raffronto con la piccolezza, da ogni punto di vista, della nostra realtà provinciale. Ma è un tentativo forse un po’ sempliciotto di aiutare me stesso a convincere me stesso.
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Li Spedali de Roma
Cqua avemo sei Spedali, e ttutti granni
che cce sei medicato e stai bbenone.
Si ttrovi cuarchiduno che tte scanni,
ciai lo Spedàr de la Conzolazzione:
ciai San Giachemo, senza che tt’affanni,
si gguadaggnassi mai cuarche bbubbone:
c’è Ssan Spirito poi e Ssan Giuvanni
che ccura ammalatie d’oggni fazzione.
Hai la tiggna? te pía San Galigano,
dove tajjeno auffa li capelli
mejjo de Rondinella er babbilano.
Finarmente sce sò li Bbonfratelli:
ma cqui nun pò appizzacce oggni cristiano.
Cuesto nun è Spedàr da poverelli.
Liuti, trovo verosimili solo le ultime due frasi pardon l’ultima, di tutto il discorso.
STORIE , CONGETTURE ,IPOTESI OVVERO .. FREGNACCE …PER TUTTI COLORO CHE DI TANTI IMPEGNI POLITICI USANO NUTRIRSI… PER ESISTERE .
Così come avviene quando nuove Amministrazioni Comunali per far notare la loro presenza iniziano a cambiare la segnaletica stradale : già da subito chi nota queste cose arriva alla conclusione che l’albero per il momento non da frutti e che sarà già un bene qualora potesse rimanere sempre vigile la speranza che in futuro non arrivino frutti acerbi .
E che dire della polemica tutta ‘ ab et propter interiora viscera ‘ sulla piscina ( in area non adatta ..sperpero e forse nemmeno adeguata alle vere esigenze e potenzilità – in altro sito forse sì ..) e sul palazzetto dello Sport negato da Macerata per un ventennio alla Lube (… a spese di questa ultima !!!! Su area con il solo diritto di superficie !!! e quindi con danni economici enormi alla Lube che non ha potuto sfruttare le proprie potenzialità economiche ed imprenditoriali insieme ad altre aziende …etc.. ) FATEMELO DIRE !!! ANDATE A CASA !!!
Si parla tanto di area vasta: credo che sarebbe una cosa buona e utile per tutti. Ma solo se venisse applicata per i politici, cioè un politico per ogni 500.000 abitanti.
Tanto l’errore originario è stato quello di non aver dotato ognuna delle due così diverse ma entrambe eminentissime realtà civiche d’una propria provincia (o area vasta), e il solo modo di rimediare è che Macerata e Civitanova si trovino d’accordo d’affidare alla sorte il compito di dirimere ogni insorgente questione di primato provinciale (o vastaerale) col semplice e praticissimo sistema del lancio della monetina.
Giorgi, perché affidarsi alla sorte e non all’abilità di eccellenti arcieri? Per i bersagli ci sarebbe l’imbarazzo della scelta. Magari come i politici, possiamo aprire un tavolo per discutere su chi meglio rappresenterebbe le due cittadine.