di Giancarlo Liuti
Se pur faticosamente vogliamo attribuire un significato, in Italia, alla parola “democrazia”, non v’è alcun dubbio che il nuovo sindaco di Macerata si chiama Romano Carancini, appartiene al Pd e si accinge a formare una giunta con la quale affrontare i non pochi problemi della città. Se questa è la realtà – non riesco a vederne una diversa – le opinioni “anticaranciniane” interne ed esterne al Pd che prima del ballottaggio con la Pantana avrebbero avuto una loro oggettiva plausibilità ora vagano nell’immaginifico limbo dei rimpianti, dei rimorsi e delle acredini personali, ivi compresa la tesi, davvero singolare, che allude a una scarsa legittimità dell’esito elettorale per l’alta percentuale delle astensioni dalle urne. E sia, così va il mondo. Sarebbe tuttavia preferibile che nella maggioranza prodotta dal voto si cominciasse a pensare esclusivamente al futuro della città e, con realismo, alle occasioni – locali, nazionali, europee – di tirarla fuori dai pessimi tempi della crisi. In ciò condivido quanto già scritto da Matteo Zallocco, direttore di Cm, allorché, prendendo spunto dal titolo di una delle liste in campo, ha lanciato l’appello “Città di Tutti”, ivi compreso l’indispensabile ruolo critico e stimolatore – ma non disfattista – dell’opposizione (leggi l’articolo). Auspicabile, certo, ma sarà possibile? Ebbene, per quanto riguarda il Pd l’unico aggettivo che per ora mi viene in mente è un altro: possibile sì, ci mancherebbe altro, ma non facile.
Nonostante la saggia compattezza almeno di facciata con la quale il Pd maceratese ha affrontato il redde rationem col centrodestra – o meglio: col destracentro – della Pantana (e ne va dato atto anche al segretario Micozzi, che non aveva fatto mistero di propendere per Mandrelli, figura degnissima, sia chiaro, per autorevolezza istituzionale, competenza giuridica e disinteresse personale) non appaiono cicatrizzate le ferite delle “primarie”nelle quali Carancini è prevalso su Mandrelli solo al secondo turno (ma che imbroglio sono queste “primarie” del Pd – mi chiedo – in cui può infiltrarsi chiunque, perfino chi sputa sul Pd?). Nulla di nuovo, comunque, sotto il sole politico maceratese, giacché anche cinque anni fa la candidatura a sindaco di Carancini uscì vincente da un duro confronto con competitori interni fra i quali Mandrelli e anche quelle ferite non solo non guarirono ma lasciarono piaghe che si protrassero a lungo con ben quattro “verifiche” (anzi, “processi”) nel partito e una scoperta ostilità in consiglio comunale da parte soprattutto della commissione urbanistica presieduta da un esponente del Pd che ora ha cambiato casacca ed è emigrato a destra.
Non intendo soffermarmi sulle reciproche ragioni e sui reciproci torti, ma il “casus belli” riguardò fin dall’inizio la posizione di Carancini sulla gestione del territorio (parola chiave: “urbanistica”) in contrasto con quella della precedente giunta Meschini. Azioni e reazioni. E ancora azioni. E ancora reazioni. C’entra anche il carattere ombroso di Carancini? C’entra anche il suo diffidente prescindere da un partito dove la presenza dei “meschiniani”, cui via via si sono aggiunti i “renziani”, non era – e continua a non essere – minoritaria? C’entra anche il suo arroccarsi nei poteri consegnatigli direttamente dalle urne? C’entrano anche certi suoi limiti di sensibilità o di opportunità politica? Può darsi, ma sarebbe ingiusto dimenticarne, ripeto, la reciprocità. Né appare giusto affermare che nel governo caranciniano della città tutto, o quasi tutto, sia andato male. Non è stato così nel sociale, nell’ambiente, nella raccolta dei rifiuti, nella cultura, nello Sferisterio. Ma lo è stato nella manutenzione ordinaria e straordinaria delle strade e del verde – cose che la gente tocca quotidianamente con mano, anzi con piede – e in particolare lo è stato negli effetti del già detto arroccamento, effetti fra i quali spicca una quasi totale mancanza di comunicazione e di trasparenza nei confronti dell’opinione pubblica. Ora Carancini ammette i suoi torti e lancia messaggi di collaborativa apertura verso il partito e il consiglio comunale. Lui, insomma, fa volare “colombe di pace”. Dall’altra parte, però, una “colomba di pace” non s’è ancora vista. Dipenderà, immagino, dalla composizione della giunta e delle commissioni consiliari, e non ultimo dalla nomina del presidente del consiglio. Staremo a vedere. Ma una cosa è certa: se nel Pd si ripeterà l’andazzo degli anni passati ci rimetterà la città. Ed è questo l’unico aspetto meritevole di preoccupazione.
Per quanto concerne l’attività amministrativa le prospettive non appaiono negative e certamente non lo sono come nei peggiori anni della crisi e dei tagli di risorse finanziarie operati dai governi in carica – Monti, Letta, Renzi – nei confronti dei Comuni. Pare insomma che l’Italia stia uscendo dalla recessione e per le amministrazioni civiche si profilino tempi di maggiori possibilità realizzative in opere pubbliche. Se questo è vero – i dati ufficiali sull’occupazione, sull’esportazione e sui consumi interni fanno supporre che lo sia – può avvantaggiarsene il cammino, in passato faticosissimo, del ritorno di Carancini al potere e soprattutto può avvantaggiarsene Macerata. Se invece si ripetono – il rischio c’è – i dissapori, le insidie, le incomprensioni e le reciproche ostilità dell’ultimo quinquennio, allora, ripeto, il conto non lo pagherà Carancini – la qual cosa è secondaria – ma lo pagherà, per intero, la città.
Concludo con un personalissimo moto di solidarietà verso Deborah Pantana, nei confronti della quale m’hanno sorpreso le severe critiche giunte, solo adesso, da vari personaggi dell’ex Alleanza Nazionale, dell’ex Pdl, della ricomparsa Forza Italia e in generale del centrodestra locale. L’infausto esito del ballottaggio sarebbe colpa della Pantana? Così parrebbe. Troppo aggressivi – dicono – i suoi toni, troppo divisivi, troppo viscerali, troppo umorali. Sarà pur vero, ma il mio stupore deriva dal fatto che loro se ne siano accorti solo adesso e che quei toni diciamo caratteriali – ciascuno di noi ha il suo carattere e quello della Pantana è assai “fumantino”- li abbiano per ben cinque anni non solo condivisi ma, in consiglio comunale, sostenuti nella prospettiva di potersene avvantaggiare. La verità, signori, è che l’embrione della candidatura di Deborah Pantana a sindaco di Macerata vide la luce addirittura nel 2010 e via via, giorno dopo giorno, ha preso ossa, carne e muscoli senza che nessuno dei suoi compagni di partito e di schieramento avesse qualcosa da ridire. La mia, ora, è un’indebita invasione di campo e me ne scuso, ma da osservatore spero abbastanza imparziale delle vicende politiche cittadine, ne sentivo, sul piano umano, il dovere.
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Essendo stato il centrosinistra nel suo complesso a non dare grande prova di se’ negli ultimi cinque anni amministrativi ed essendo stato Carancini rieletto non gia’ a furor di popolo, senza nulla togliere ai suoi meriti di animale politico ed elettorale, ma a furore di partito (paradosso prevedibile dopo le primarie), spetta in effetti al Pd l’onere maggiore sul piano del governo delle cose e della responsabilita’ politica. Quanto al centrodestra, al di la’ delle questioni di galateo politico e personale, cui si richiama Giancarlo Liuti, signore della penna e dello stile, nello scaricare tutto sulle spalle della candidata di turno e nel riproporre, in generale, la teoria degli errori, si allontana il duro confronto con le questioni politiche, prima tra tutte il rapporto con l’area sociale e culturale di riferimento e la permeabilita’, ormai consolidata, di questa stessa area alle manovre elettorali del centrosinistra. Se qualcuno deve spegnere i microfoni, altri devono accendere le lampadine del pensiero e dell’iniziativa politica.
@Gianni……….già, “pensiero e iniziativa politica”, due cose sconosciute all’attuale centrodestra locale. In ogni caso, dopo la festa con karaoke di giovedì scorso, è risultato ancora più evidente che se Deborah si fosse candidata a X FACTOR avrebbe vinto.
@Liuti. Lei il giorno venti si chiede:http://macerata-una-domanda-al-pd-ritorneranno-le-solite-divisioni ?
Il 21 c’è già la risposta: Pd Macerata contro Lambertucci:
“Danni elettorali, politici e organizzativi”.
Non vedo l’ora di commentare e leggere commenti su iniziative politiche concrete..