di Walter Cortella
Al Teatro Lauro Rossi ha preso il via la 45° edizione del Festival Macerata Teatro-Premio «Angelo Perugini». Il C.T.R., la locale Compagnia organizzatrice della ormai storica manifestazione, ha presentato fuori concorso Il mercante di Venezia di William Shakespeare, alla presenza del pubblico delle grandi occasioni, tra i quali abbiamo notato con piacere moltissimi giovani. La regia è stata curata da Antonio Mingarelli il quale ha preferito proporre la commedia secondo una chiave di lettura più moderna.
La vicenda, che si svolge nella città lagunare ai tempi della Serenissima Repubblica, viene in qualche modo attualizzata, un’operazione cui si fa ricorso con una certa frequenza quando si intende rivitalizzare capolavori classici per i quali è necessario un intervento di restyling. La sua riuscita è sicura quando si affrontano temi universali, che hanno un valore in ogni tempo e sotto qualunque latitudine, temi per i quali il calendario e l’atlante passano in secondo piano.
Con Il mercante di Venezia l’operazione lascia, però, qualche perplessità. L’opera sembra prestarsi poco all’attualizzazione anche se la vicenda che vede coinvolti Antonio, il mercante colpito dalla sfortuna più nera e Shylock, il cinico usuraio ebreo, ricorda molto da vicino il dramma, per non dire la tragedia, nella quale si dibattono tanti imprenditori di oggi che, strangolati da una difficile situazione economica e a corto di risorse finanziarie, cadono vittime di spietati aguzzini privi di cuore. Ma a mio parere c’è qualcosa in questo Mercante che rimane legato a «quel» tempo così lontano da noi, un qualcosa del quale l’allestimento non riesce a disfarsi.
Per esempio, i costumi. Gran parte dei protagonisti indossano abiti decisamente moderni, mentre Antonio e il principe di Marocco hanno vesti d’altri tempi, per non dire del doge, dal costume fin troppo dimesso e senza alcun segno particolare che ne evidenzi il prestigioso rango. Perché poi togliere a Shylock la caratteristica palandrana nera, forse un po’ troppo iconografica, che invece indossa il mercante? Analogamente per la scenografia. Va benissimo il minimalismo, ma quella struttura vagamente faraonica, con enormi pilastri e architrave, appare in contrasto con quel modesto seggiolone del doge con una banale bilancia della legge applicata sulla spalliera. Queste sono alcune delle perplessità che l’allestimento di Mingarelli ha suscitato in me. Parliamo, ora, della performance. Nulla da eccepire. Decisamente positiva nel complesso e di gradevole impostazione. Molto misurata e convincente l’interpretazione di Claudio Sagretti, sicuro nei panni di Antonio. Ha una bella presenza sulla scena e un bel timbro di voce, caldo e pacato. Più vibrante l’interpretazione di Piergiorgio Pietroni che dà vita ad uno Shylock più teatrale, molto lontano per scelta registica del cliché dell’usuraio ebreo, viscido e ambiguo. Antonio e Shylock impersonano due aspetti antitetici della finanza. Il primo segue i dettami del cuore, il secondo insegue obiettivi squisitamente speculativi, senza riguardi per i sentimenti. Da segnalare anche le riuscite interpretazioni di Roberto Sagripanti (Bassanio) e del trio, tutto al femminile, Zenobi-Perini-Pierucci nei ruoli di Porzia, Nerissa e Jessica.
(foto di Maurizio Iesari)
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Gentile Redazione di Cronache Maceratesi, sarebbe possible conoscere a che titolo (parlo di curriculum vitae in campo teatrale, studi specifici etc. etc.) il sig. Walter Cortella recensisce gli spettacoli e a partire da quale esperienza e competenza valuta il lavoro degli altri per il vostro giornale? La informo caro Cortella, qualora non ne fosse a conoscenza, che regia e’ anche DIREZIONE D’ATTORI e che se quindi le sono piaciuti gli attori QUELLO e’ anche compito/merito della regia. Quindi non scriva la prossima volta “Parliamo ora della performance” come se regia e interpretazioni fossero due cose separate perche’ ahime’ non lo sono. E valutare il complesso di una regia criticando – in maniera francamente risibile e puerile- i costumi di scena e’ scendere ad un livello di analisi non di un critico teatrale serio ma di una distratta spettatrice impellicciata in una chiacchierata con le amiche nel foyer. Detto questo mi piacerebbe avere al piu’ presto il suo curriculum per confrontare le nostre rispettive esperienze, puo’ scriverlo qui di seguito al mio messaggio se crede. mi farebbe piacere leggerlo.
Non ricordo che un regista o attore si sia piccato a tal punto da chiedere le credenziali a chi fa una critica più o meno severa del suo operato…….
Non ho visto lo spettacolo, ma forse il regista avra’ sicuramente fatto più bella figura sulla scena che palesando il suo disappunto con queste righe……
Ringrazio ad ogni modo il sig. Cortella che se non altro, titolato o meno, ci tiene informati su quanto in questa nostra città avviene in Teatro….
Guardi che e’ proprio quel “titolato o meno” il problema e lei ha diritto ad essere informato sugli spettacoli da chi ha le competenze per farlo. Non so lei che lavoro faccia ma non credo che le farebbe piacere essere giudicato da qualcuno che non ha niente a che fare col suo mestiere. le assicuro che la nostra categoria e’ stufa di essere criticata da recensori improvvisati. Se io ho dovuto studiare o diplomarmi per fare quello che faccio perche’ devo accettare di essere giudicato a caso, perche’ non mi devo essere concesso di conoscere le esperienze e i titoli di chi mi giudica?
Non avendo assistito allo spettacolo, mi astengo ovviamente dal fare commenti al riguardo.
Posso comunque dire che conosco Walter Cortella e mi onoro della sua amicizia, e so che è troppo gentiluomo per rispondere a tono all’aggressione del Sig. Mingarelli, il quale forse ha i nervi tesi perché quello di Cortella potrebbe non essere l’unico giudizio non del tutto positivo che viene dato al suo allestimento (io stesso ne ho sentiti di ben più severi e tranchant).
Rispondo io, quanto alle qualifiche: Walter Cortella è critico teatrale da decenni, ed ha collaborato con più di una testata giornalistica. Ha un’elevatissima competenza e cultura teatrale, coltivata sia frequentando assiduamente i teatri, sia approfondendo su testi specialistici, sia frequentando seminari dedicati.
Non ha, certo, un “pezzo di carta” teatrale. Non ce l’aveva nemmeno Pirandello, se è per questo. Se volessimo guardare a questo aspetto, allora che titolo aveva Eugenio Montale per scrivere poesie, e per vincere il Nobel per la letteratura, visto che era diplomato ragioniere? D’altra parte, se un giornale affermato come “Cronache Maceratesi” ha accolto Cortella fra i suoi collaboratori, non lo ha certo fatto a occhi chiusi.
Il mondo peraltro è pieno di ignoranti pieni di titoli, e ancor più l’Italia, dove un pezzo di carta (magari pagando) non lo si nega a nessuno.
Sommessamente, invito dunque l’irritabile Sig. Mingarelli a dimosrarsi non dico meno presuntuoso, ma quantomeno più educato. Chi si dedica alle attività artistiche – che scriva, reciti o diriga o componga – deve accettare l’idea di poter non piacere a tutti; ed alle critiche deve rispondere non aggredendo il critico, ma sul merito. E se qualcuno (le auguro di cuore di no) in futuro la fischierà, Sig. Mingarelli, cosa farà? gli chiederà come si permette? o gli chiederà a quale titolo lo fa? O lo sfiderà a duello?
Quando Cortella scrive “parliamo ora della performance”, ad un lettore non prevenuto non viene in mente di cercare questioni di lana caprina: capisce benissimo che il recensore si riferisce alla performance degli attori. E’ una normale discesa dal generale al particolare: l’idea registica, la scenografia, i costumi, le singole performance (appunto).
Presumo che il Sig. Mingarelli, se deciderà di replicare a queste osservazioni, lo farà chiedendo anche a me a che titolo mi permetto di intromettermi. Gli rispondo in anticipo: a titolo di amante del Teatro che come Cortella ama dire quello che pensa – naturalmente con educazione e nel rispetto di tutti. Educazione e rispetto che, ahimè, non c’è corso universitario che possa inculcarli in chi non ce li ha.
Della serie: ” Lei non sa chi sono io.”
Evidentemente il sig. Mingarelli esige, come i nobili dei tempi andati, di essere giudicato solamente da una giuria di suoi pari…
D’ora in poi pretenderà che il pubblico in sala sia ammesso solo dopo la presentazione delle opportune credenziali culturali oppure si limiterà a volere che applauda supinamente ad ogni battuta degli attori e a fare sempre di sì con la testa ???
La grandezza del bardo inglese, credo, non sia nel tipo di allestimento, scenografia, costumi e postmodernismo (che tanto va di moda oggi, spesso con risultati talmente minimalisti che diventano minimi)
La grandezza risiede nella profondita dello scandaglio dell’animo umano, presente in tutte le opere di Shakespeare, che non ha tempo.
I dubbi, le riflessioni, i pensieri, i giudizi, i percorsi mentali che si ascoltano in scena, seppure scritti oramai tanto tempo fa, sono attualissimi; probabilmente nessun altro scrittore è riuscito a raffigurare la grandezza (e la miseria) del pensiero umano..
Condivido pienamente quello che ha scritto G.R.Festa e, a differenza sua, io vidi il suo primo allestimento qualche mese fa al Cinema Italia, insieme ad alcuni amici. Il primo atto ho avuto diversi attacchi di sonno, riuscendo a fatica ogni volta a riaprire gli occhi. Purtroppo i miei amici, anche loro amanti di teatro, ahimé, non hanno resistito ed hanno ronfato per tutto il primo atto. Non dico altro, ma sicuramente io sono uno dei meno titolati a commentare una regia teatrale ad alto livello di un regista esperto e plurititolato quale il Mingarelli, dato che ero solamente uno spettatore. Però quale spettatore almeno ho avuto il mio sacrosanto diritto di non applaudire alla fine della rappresentazione.
Ma che temperamento questo Mingarelli. Il Mingarelli che ha studiato al Piccolo di Milano, eh si lui ha un pezzo di carta in mano, e se veramente contassero i titoli ahimè la maggior parte degli impiegati pubblici, dirigenti, direttori di teatro, registi, attori, non vedrebbero la luce.
Allo stesso modo se servisse un titolo, Tony Servillo autodidatta non esisterebbe, oppure il Grande Carmelo Bene colui che ha dimostrato che le scuole, le accademie non servono per creare artisti, ma solo manovali. spazzini del teatro.
Ma è sempre il Mingarelli che guarda caso è riuscito ad aggrazziarsi l’amat e lo stabile delle marche con il progetto piattaforma Matildha? Ah si è sempre lui.
Cordella ha espresso una critica, senza offendere nessuno, le critiche si accettano e si comprendono per riflettere su come migliorarsi. Se costruisci un prodotto, perchè uno spettacolo è un prodotto e non diciamo cavolate che è arte..si arte pur sempre per vendere biglietti, devi capire dove poter migliorare per avere in futuro critiche positive omogenee, poi Mingarelli non è di sicuro nella posizione di snobbare le critiche, inveire contro chi le scrive, chiedendo assurdamente titoli, non è un Carmelo Bene, non se lo può permettere. Accetta le critiche, leggile e se non ti stanno bene, fai una cosa…silenzio perchè aggravi la situazione.