Da Placido Munafò, presidente dell’Associazione Il Glomere, riceviamo:
L’associazione culturale Il Glomere ha avuto modo di organizzare incontri con la cittadinanza e con l’amministrazione comunale sulle tematiche dell’urbanistica che interessano la città di Macerata. Riteniamo utile chiarire i contenuti delle proposte che l’associazione ha avanzato, spiegando le motivazioni e il modello urbanistico che abbiamo proposto come contributo al dibattito che in questi anni ha animato la politica urbanistica cittadina
Lo strumento urbanistico principale vigente (Piano Regolatore Generale – PRG) ha come finalità quello di regolare gli interventi edilizi nel territorio comunale. Oggi si continua a concepire questo strumento basandosi sull’idea che la Città continui ad espandersi. In verità in tale accezione, detto strumento urbanistico può considerarsi obsoleto e non più praticabile, sia perché ha portato alla cementificazione irrazionale della città, sia perché non regge più dal punto di vista economico e dell’investimento. In questa sede vogliamo porre soprattutto l’accento su un’dea nuova per la politica urbanistica che ribalta il senso e il significato di centro storico.
IL MODELLO DI RIFERIMENTO – A nostro avviso una strada percorribile è la “rigenerazione urbana” : rivisitare e valorizzare le risorse a disposizione per rivitalizzare il territorio che ha subito un processo di degrado ambientale e sociale che ha portato i nostri quartieri a trasformarsi in “quartieri dormitorio”. La politica urbanistica quindi non più intesa come programmazione di nuovi interventi, ma come valorizzazione e rivitalizzazione dell’esistente. Non è casuale che l’associazione Il Glomere ha presentato e presenterà progetti di rigenerazione urbana di quattro aree del territorio cittadino che riteniamo di fondamentale importanza: Collevario con annesse “casemette”, Piediripa, Sforzacosta e Villa Potenza.
Per comprendere il perché, non possiamo che fare riferimento alle problematiche del nostro Centro Storico in quanto è centrale nel ragionamento che si propone. Per affrontare tali problematiche non si può prescindere dall’idea che si è formata su di esso e che ancora tenacemente continua a sopravvivere. Il centro storico con il suo carattere di compiutezza, integrità e riconoscibilità, nell’immaginario collettivo identifica la stessa città di Macerata. Questa idea ha consentito lo sviluppo urbano di Macerata lungo linee di crinale uscenti proprio dal suo nucleo centrale: idea di un centro nodale e di braccia che da esso si dipartono verso le frazioni, strutture satelliti che ne esaltano la forza baricentrica. Nei primi decenni del dopoguerra, gli stessi abitanti dei quartieri periferici non riconoscevano altri luoghi attrattori di vita sociale fuori dal centro storico e dei due corsi immediatamente adiacenti (corso Cavour e corso Cairoli). Il Centro storico di conseguenza era considerato il “centro nobile”, centro di grande cultura, di attività finanziarie e commerciali capace di accogliere anche la popolazione rurale (il mercato ne è un riferimento). Ma questa idea non è più realistica né praticabile, malgrado gli amministratori e molti cittadini di Macerata ancora inutilmente la perseguono. Infatti il consolidarsi nel territorio comunale di consistenti settori urbani residenziali, la trasformazione dell’uso produttivo (e non solo) del territorio, il crescente pendolarismo, le nuove consuetudini commerciali e di tempo libero, hanno modificato irreversibilmente il ruolo delle frazioni e delle periferie che si sono diversificate, rompendo il cordone ombelicale con il centro storico, e creando nuovi centri di interesse anche con i territori adiacenti e non solo immediatamente vicini. I punti di interesse si sono dispersi verso l’esterno (centro commerciali, luoghi di svago, ecc.). Il centro storico così come è stato percepito e pensato e idealizzato non trova più riscontro nella realtà. Si sono irrimediabilmente dissolte le immagini centripede della città da esso evocate. E’ inutile e infruttifero quindi pensare ad interventi diretti per rivitalizzarlo e fargli riassumere un ruolo che non può più avere. Gioca anche a favore di questa tesi il fatto che il centro storico di Macerata ha una struttura architettonica e viaria rigida ed è posto su di un “cucuzzolo” di non agevole accesso.
Allora pensiamo alla Città nel suo insieme e andiamo ad intervenire nelle aree che è possibile “rigenerare” (Rigenerazione Urbana) e che possono avere un peso urbanistico, sociale ed economico significativo. Ridando vita e significato a queste aree, attiviamo indirettamente il processo di rivitalizzazione della Città e del suo centro storico come processo indotto. In sostanza ribaltiamo quella che è stata, e purtroppo è ancora, l’idea collettiva dello sviluppo della Città.
Per fare ciò “utilizziamo” l’esistente e per indirizzare gli interventi individuiamo, per ciascuna delle aree scelte (Collevario, Piediripa, Sforzacosta, Villa Potenza), i “punti di forza” e “di debolezza” rispettando e valorizzando le caratteristiche del luogo (“genius loci”). L’obiettivo è ridare vita, o meglio una nuova vita, agli agglomerati urbani selezionati, riassegnandogli un significato sociale ed economico, facendoli riappropriare della propria identità al fine di renderli più vivibili, meglio utilizzabili e apprezzati dai residenti in quanto luoghi di attrazione e di relazione sociale.
UN ESEMPIO APPLICATIVO DI RIGENERAZIONE URBANA APPLICATO AL QUARTIERE DI COLLEVARIO E LE “CASERMETTE” – Collevario si può considerare la quarta frazione di Macerata, senza troppe approssimazioni. Il quartiere risulta oggi più o meno un dormitorio, con molte strade inadeguate e una vita sociale e di relazione in pratica inesistente.
Dall’analisi del luogo si sono individuati i seguenti punti di “forza” e di “debolezza”: verde, spazi commerciali; percorsi ciclo-pedonali: ambiente rurale; spazi pubblici: presenza di spazi pubblici; aree inutilizzate (ex caserma militare detta “casermette” o area Di Tullio). Partendo da questi elementi si sono individuati quelli da mantenere e quelli da valorizzare, nonché gli inserti integrativi che danno luogo al cosiddetto “concept” cioè l’idea strutturale ipotizzata prima della realizzazione del progetto di intervento.
Nell’ambito dello stesso progetto di rigenerazione urbana di Collevario abbiamo avuto modo di verificare differenti soluzioni progettuali utilizzando la stessa metodologia di approccio, in questa sede ne rapprendiamo sinteticamente solo uno. Per descrivere sinteticamente i caratteri salienti dell’ipotesi progettuale scelta, a titolo esemplificativo in Fig.1 sono rappresentati l’insieme degli interventi.
Fig.1 – Inquadramento generale degli interventi nel quartiere
Particolare attenzione abbiamo posto al “margine” (si tratta del confine nord-ovest tra il quartiere e l’area rurale caratterizzata da un bellissimo panorama, attualmente “impermeabile” alla vita sociale). La creazione in questa zona di un “parco commerciale e percorso al coperto” che possa ospitare ed integrare le attività terziarie presenti e nel contempo rappresenti un nuovo “luogo di aggregazione sociale”, andrà a sopperire alla necessità di una nuova centralità del quartiere. Per quanto riguarda “Le Casemette”, la proposta avanzata per quest’area si differenzia dalla proposta “Carmassi” a partire innanzi tutto dal fatto che permane la volontà di mantenere, almeno in parte, gli edifici originali, riqualificandoli a livello strutturale e andando ad operare soprattutto sullo spazio esterno. In particolare per quest’ultimo viene pensata una piazza che consente il collegamento con gli spazi commerciali, ma anche e soprattutto con lo scopo di rappresentare un luogo pubblico, uno spazio di aggregazione. In Fig. 2 sono schematizzate le destinazioni d’uso per gli edifici delle “casermette”.
Fig. 4 – Indicazione degli interventi sulle palazzine delle “casermette”. In verde gli edifici residenziali e in blu e rosso gli edifici centrali (su tre blocchi sovrapposti blu-rosso-blu) da adibire a centro commerciale e direzionale
Tutto questo, giusto o sbagliato che sia, l’Amministrazione comunale e gran parte delle forze politiche di maggioranza, PD in testa, non l’hanno voluto ascoltare. La cosa che lascia perplessi è stata la chiusura verso il mondo dell’associazionismo che svolge la propria attività senza scopo di lucro e al solo scopo di dare un contributo (gratuito) al dibattito costruttivo su tematiche che interessano la Città.
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CASERMETTE: IL DIBATTITO IN COMMISSIONE (LEGGI L’ARTICOLO)
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Tra tutte le proposte fino ad ora avanzate, a me sembra la migliore, perchè tiene conto delle realtà dei luoghi e delle necessità dei cittadini.
Speriamo che non finisca nel cassetto come è successo del progetto dei parcheggi a rampa Zara.
Ourtroppo fino ad ora , gli amministratori, non hanno scelto il programma più utile ai cittadini, ma quello più conveniente ai soliti noti.
Intervento interessante senz’altro. Condivido la valutazione che il centro storico non può essere più visto come unico centro di aggregazione economico e sociale della città e condivido che c’è bisogno di un progetto di rilancio urbanistico ed economico che abbracci tutta Macerata e non solo il centro storico . Non condivido però l’idea che questo possa rivitalizzarsi solo grazie ad un rilancio della città e che quindi non valga la pena avere per esso un progetto ad hoc (sempre integrato con il resto). macerata non può fare a meno del suo centro storico . Il suo valore ideale , culturale e anche economico (penso al valore immobiliare e alle attività ancora presenti) è fondamentale e quindi merita uno spazio centrale e non di risulta. Però va bene , importante è parlarne e quindi sbaglia l’amministrazione , se lo ha fatto, a chiudersi al dialogo. scelga le forme ma non è pensabile oggi un approccio diverso.
finalmente macerata è riuscita a realizzare una proposta non finalizzata alla speculazione! l’auspicio è che la discussione diventi ancora più ampia. su di un’area che non potrà che essere di importanza fondamentale per il futuro della nostra città. infatti, la giusta collocazione entro la quale va posta la questione delle ex casermette è proprio l’intero territorio comunale, e su di esso vanno valutati vantaggi e problemi che la trasformazione di quell’area potrà innescare.
propongo ora una serie di osservazioni sulla proposta dell’associazione. dai disegni pubblicati (piccolo appunto per chi ha impaginato: la foto di munafò è un poster mentre i disegni richiedono una lente di ingrandimento per poter esser letti) e dal testo dell’articolo non emerge chiaramente, probabilmente per colpe mie, quale idea di città sia sottesa alle varie proposte. quale macerata ci si immagina prospettando un’ipotesi come quella raccontata nell’articolo? quali sono gli obiettivi che ci si propone? un obiettivo chiaro e decisamente condivisibile (tanto condivisibile quanto innovativo nell’oramai logoro dibattito urbanistico maceratese) è quello della cosiddetta rigenerazione urbana. dal progetto, tale obiettivo sembra però perseguibile esclusivamente attraverso la realizzazione di nuovi interventi edilizi, siano essi di recupero (quelli da realizzare sugli edifici della ex caserma) siano essi di nuova realizzazione (le strutture commerciali contenute nella “virgola blobbosa” proposta nel parco di collevario). sembrano tralasciati gli spazi aperti, che trovano una loro giustificazione solo per la loro natura “interstiziale”, quasi fossero solo degli “spazi di risulta” tra un edifico e l’altro.
gli spazi aperti, in una città degna di questo nome, sono invece gli elementi centrali al cui interno si svolgono quelle relazioni tipiche della città (senza le quali la città scompare), elementi attorno ai quali si organizzano le altre componenti della città (tra cui gli edifici costruiti).
il progetto sembra inoltre mancare del respiro complessivo delle possibili implicazioni sull’intera città. nelle premesse al progetto l’associazione riconosce la progressiva frammentazione dell’immagine urbana: macerata non è più riconducibile al suo centro storico (sia nelle funzioni pratiche che in nelle funzioni più immateriali, come quella, ad esempio, della riconoscibilità, della appartenenenza) ma è descrivibile solo dal racconto di tutti gli episodi, di tutte le sue parti. in questo senso assumono importanza i singoli quartieri che riescono a diventare riconoscibili (e quindi funzionanti) in loro stessi. e sempre in questo senso sono da leggere le proposte contenute nei vari progetti, tutte finalizzate (almeno mi sembra) a proporre una “compiutezza” a situazioni o a quartieri che compiuti non sono. anche in questo caso, l’intento è condivisibile ma rimane debole (perlomeno ai miei occhi) la visione complessiva della città: sembra che la proposta sia finalizzata a raggiungere una macerata composta da una sommatoria di quartieri conclusi in loro stessi ma non “comunicanti” tra di loro.
ma questa mancanza, ammesso che sia tale, è decisamente accettabile se considerata nell’ambito in cui la proposta è stata prodotta e cioè quello accademico-associazionistico. da tale ambito non è possibile usufruire dei numerosi dati e analisi su cui fondare scelte e proposte che abbiano l’aspirazione di essere realmente incisive e adeguate.
il compito di proporre scelte di quel tipo è proprio dell’amministrazione pubblica, compito purtroppo rimasto inevaso oramai da decenni. il fatto che possa esser presa in considerazione una proposta come quella avanzata dalla impresa francucci (per mezzo dello studio lisi-palmucci) ne è la dimostrazione. quel progetto non possiede la metà delle premesse e degli obiettivi contenuti nella proposta del glomere: in questo caso i progettisti hanno fatto un rapido conto della volumetria insediabile prevista da prg e tramite l’operazione di estrusione (un’operazione banale per un qualsiasi neo laureato) hanno verificato che quella volumetria sia realmente realizzabile in quell’area. il lavoro di mezza giornata…
Paolo Ma,r per sintesi dell’articolo non è stato possibile evidenziare molti aspetti importanti del progetto come il tema del “margine” (appena visibile nella tavola pubblicata fig.1) da cui emerge proprio l’apertura al verde del quartiere come risorsa e aggregazione. Allo stesso modo non è stato possibile illustrare compitamente l’intera ipotesi di “rigenarezione” del quartiere. Rigenerare nella nostra ipotesi significa utilizzare l’esistente non negando la possibilità di inserire nuovi elementi architettonici ritenuti necessari per questa operazione come la zona filtro coperta posizionata al “margine” che prevede diverse funzioni tra cui un percorso coperto lungo via Verga, ma comunque permeabile verso la campagna. Quello che tenevamo ad evidenziare era, non tanto il progetto in se, quanto l’idea, o l’ipotesi che dir si voglia, su cui poggia la nostra proposta urbanistica per la Città
Ciao a tutti mi sembra positivo che si ragioni sul futuro delle casermette considerando anche il contesto e il contorno in cui si trovano.
Sarebbe utile anche considerare il fatto che via Verga è una delle vie più lunghe di Macerata, ma il suo collegamento con via Roma è piuttosto tortuoso. Io credo che bisognerebbe rendere attraversabile al traffico l’area dell’ex areonautica, (in sotterranea magari via Mattei – via Verga) qualunque sia l’uso che le si vuole dare.
Sono dell’idea che non si debba pensare all’area come ad un recinto, ma abbattere quel recinto per ridare alla città questo spazio che le è stato precluso per molti anni.
Per ricucire il territorio bisogna quindi recuperare dei concetti quali : Piazza, Viale Alberato, Spazio pubblico, Parco. Partire dal recupero dell’area conservando la pianta degli edifici attuali lo vedo come un limite. Questo spazio credo debba essere sfruttato al meglio con edifici nuovi, pubblici, efficienti e gradevoli. Bisogna approfittare del fatto che ci troviamo già dentro la città, e per evitare di sprecare nuova campagna in futuro, meglio sfruttare al meglio lo spazio che abbiamo li in un quartiere che già esiste.