«Danni del terremoto e beffa delle norme:
chi ha presentato i progetti dopo il 2020
riceve un trattamento di maggior favore»

L'APPELLO di una donna di Sarnano, Ivana Salvatori, che ha scritto una lettera al commissario Guido Castelli: «Abbiamo fatto da cavie della ricostruzione e oggi ci vediamo esclusi dalle misure prese per contrastare proprio quelle difficoltà che noi, iniziando per primi, abbiamo contribuito a far venire alla luce»

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Un cantiere della ricostruzione (foto d’archivio)

di Monia Orazi

Dopo il danno del terremoto, la beffa delle norme che non permettono di ricostruire, perché chi ha avuto il decreto di finanziamento fino al 31 dicembre 2020 non vede coprire i maggiori costi dei materiali da costruzione. Un problema che interessa centinaia di cantieri nel cratere, di fatto bloccati. Una donna di Sarnano, Ivana Salvatori, ha preso carta e penna, rivolgendosi direttamente al commissario alla ricostruzione Guido Castelli: «La beffa è che, in questo modo, noi che abbiamo fatto da cavie della ricostruzione, oggi ci vediamo esclusi dalle misure prese per contrastare proprio quelle difficoltà che noi, iniziando per primi, abbiamo contribuito a far venire alla luce. È un’ingiustizia che colpisce tantissime famiglie e che, di fatto, blocca la ricostruzione. Perché nel frattempo la bolla speculativa che si è creata continua a far lievitare i prezzi e un incremento di contributo è ormai assolutamente necessario per poter terminare la ricostruzione».

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Lavori in un edificio (foto d’archivio)

Scrive la donna: «Egregio senatore Castelli, da sette anni la nostra famiglia, come migliaia di altre, aspetta di rientrare nella propria abitazione terremotata. Abbiamo presentato il progetto di ricostruzione appena è stato possibile e il 10 dicembre 2020 abbiamo ottenuto il decreto con la concessione a cominciare i lavori che, di fatto, sono iniziati nei primi mesi del 2021. Oggi, questa nostra velocità iniziale viene penalizzata. Allo stato attuale, coloro che hanno ottenuto il decreto dal 2021 in avanti, grazie all’ordinanza 126/2022 e poi all’introduzione a gennaio 2023 del testo unico della ricostruzione privata, hanno potuto richiedere un incremento del contributo per far fronte agli importanti aumenti che si sono verificati in questi tre anni. Invece, il nostro caso – come quello di tantissimi altri – resta escluso. Gli aumenti, però, hanno interessato anche noi che ora ci troviamo con un accollo da coprire pari a circa il 20% del costo complessivo. Percentuale che, se solo avessimo un decreto datato qualche giorno più tardi, non costituirebbe un problema».

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Sarnano

La famiglia pur di rientrare a casa propria non si è arresa ed ha cercato tutte le soluzioni possibili, compreso il superbonus: «Noi, invece, da un anno e mezzo cerchiamo invano altre soluzioni. Prima, ci è stato prospettato lo strumento del superbonus, ma, come è noto, si è rivelato una strada impercorribile: le imprese sono strozzate dai crediti incagliati e per i privati le possibilità di accedere davvero alla cessione del credito sono state e sono scarsissime. Più che uno strumento utile, il superbonus si è rivelato un’arma a doppio taglio e il governo se n’è reso conto. I tecnici, oberati di lavoro e burocrazia, cercano di barcamenarsi tra norme in continuo cambiamento; le imprese, passato l’entusiasmo iniziale per la ripartenza di un settore fermo da anni, ora puntano i piedi perché non vogliono rischiare di trovarsi in mano soltanto crediti inesigibili. Il risultato è questo: il nostro cantiere è fermo da oltre un anno (a pochi passi dalla conclusione) e, se nulla cambierà, l’unica soluzione per terminare i lavori sarà quella di coprire l’accollo accendendo un mutuo. Peccato che, con i tassi attuali, non ce lo possiamo permettere. Siamo a un punto morto: se nulla cambia, noi non potremo finire la ricostruzione. Noi, e tanti altri come noi. La situazione è ben nota, tanto che il presidente dell’Ordine degli Architetti Vittorio Lanciani “spiega il motivo per cui è preferibile, in questa situazione di incertezza, non presentare i progetti” perché “chi ricostruisce non avrebbe le risorse per farlo”».

La terremotata fa notare nella lettera che chi ha presentato i progetti dopo riceve un trattamento di maggior favore, che invece non si applica a chi ha avuto il decreto sino a fine 2020: «Il paradosso è che, se solo fossimo stati più lenti all’inizio, se solo avessimo aspettato un po’ di più ad avviare il progetto, ora probabilmente avremmo già terminato i lavori. Se il nostro decreto anziché essere di dicembre 2020 fosse datato gennaio 2021, noi ora non saremmo in questa situazione: saremmo rientrati nei parametri dell’ordinanza 126/2022 (o nella recente ordinanza 150/2023) o nella cosiddetta “norma di maggior favore” prevista dal testo unico e avremmo potuto richiedere un incremento. Invece no. Siccome siamo stati solerti e veloci all’inizio ora veniamo penalizzati: esclusi per una manciata di giorni». Scendendo nel dettaglio l’applicazione delle norme penalizza chi ha presentato il progetto prima e agevola chi lo ha presentato dopo, creando di fatto disparità di trattamento come sottolinea la donna: «In pratica, con le ordinanze citate e con il testo unico entrato in vigore a gennaio 2023, si è preso atto delle difficoltà emerse in seguito all’aumento dei prezzi, ma allo stesso tempo è stata tracciata una linea arbitraria stabilendo chi ha diritto a un “maggior favore” e chi invece se la deve cavare da solo. Tanto per citare le parole di un funzionario dell’Usr con cui mi sono rapportata sulla faccenda: “siamo stati sfortunati”. No, non confondiamo i termini, né le situazioni. Siamo stati sfortunati a perdere la casa nel terremoto, quello che subiamo ora però non è sfortuna, è un trattamento impari. Quanto previsto dal testo unico, infatti, non si applica a coloro che hanno iniziato prima della sua introduzione».

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