«Se è vero che diversi dipendenti lasciano per propria scelta l’Ast di Macerata, è altrettanto vero che altri professionisti vengono accolti nella nostra azienda con procedure di mobilità da altri enti o con altre procedure di legge». Sono le parole di Fabrizio Trobbiani, dirigente delle Risorse umane dell’Azienda sanitaria territoriale che interviene sulla questione dei tanti medici che in questo periodo stanno lasciando la sanità pubblica per dimissioni volontarie, pre pensionamento o pensionamenti, così come segnalato in più articoli da Cronache Maceratesi.
«Appare evidenziare il contesto operativo del nostro settore reclutamento – sottolinea il dirigente – ad esempio nel volgere di un triennio (diciamo era Covid) siamo stati chiamati a triplicare le procedure per intercettare ogni opportunità di acquisizione di personale e gli uffici sono stati sollecitati ogni giorno alla tempestività e celerità delle procedure. Il fenomeno dell’incremento del turn-over del personale, inoltre, merita un corretto inquadramento per evitare inutili allarmismi. E’ evidente che ci troviamo in una fase storica in cui la domanda di personale sanitario è superiore all’offerta. In questo contesto, quindi – sottolinea Trobbiani – i professionisti hanno la possibilità di scegliere e di conseguenza scelgono fra le diverse opportunità che il settore sanitario offre loro. Scelgono sia quelli che entrano per la prima volta in questo contesto lavorativo che quelli che si sono inseriti da tempo. La loro scelta si basa su motivazioni diverse: avvicinamento alla famiglia, riduzione di costosi pendolarismi, migliori condizioni di carriera o economiche, minore gravosità del lavoro e via dicendo».
L’Ast entra nel merito anche di alcuni errori presenti nelle determine, segnalate nell’ultimo articolo. «Innanzitutto si ringrazia il giornalista per gli appunti letterali: servono per migliorare – dice l’Azienda sanitaria – Prendiamo atto che sulle determine vi siano due semplici refusi, in particolare in due atti del 10 febbraio scorso. Queste sviste rientrano nella fisiologica possibilità di errore materiale, che tuttavia non inficia la legittimità dell’atto e possono verificarsi con maggiore probabilità quando un ufficio movimenta centinaia di procedimenti (circa 150 per la precisione dall’inizio dell’anno), come succede allo stesso giornalista che ha scambiato Anatomia Patologica con Patologia Clinica (la dottoressa Ippoliti Silvia è un dirigente medico di Patologia Clinica, che è una disciplina diversa e che pertanto proviene da una graduatoria diversa). Errore che lo ha portato anche, spiacevolmente – conclude – ad adombrare l’esistenza di “opacità amministrativa” da parte di questa Azienda».
Sin qui il comunicato dell’Ast. Preme precisare però che da nessuna parte nell’articolo si è scritto di “opacità amministrativa”. Invece occorre scusarsi con la dottoressa Silvia Ippoliti, nel caso si sia offesa per averla erroneamente definita anatomopatologa e non patologa clinica. Un lapsus forse dovuto al recente comunicato dell’azienda sanitaria in cui si annunciava a breve termine un’assunzione in Anatomia Patologica. A proposito, chissà se, dopo l’annuncio dell’azienda sanitaria, qualcosa è effettivamente migliorato – quanto a organici e tempi di attesa per i risultati delle analisi – nel reparto di Anatomia Patologica.
(L. Pat.)
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Per non parlare dei, sempre più numerosi, medici che rinunciando al rapporto di esclusività con l’azienda, non eseguono più attività di INTRAMOENIA in ospedale ma vanno a fare visite ed esami strumentali, sempre a pagamento, nel sempre più florido settore privato. Sui social appaiono pubblicità di centri che collaborano con questo o quel medico, le RMN a 1.5 Tesla crescono come funghi guardando i camion vela o leggendo i promo anche su questa testata. Dimenticavo: l’azienda va così a perdere il suo 45% che tratteneva dal ricavo dei professionisti che svolgevano tali attività all’interno dell’ospedale.
Non domandare all’oste se il vino è buono.