Carancini scrive al vescovo:
«Chiama la tua gente in piazza
a pregare per la pace»

LA LETTERA del consigliere regionale del Pd a monsignor Marconi che aveva chiesto di non strumentalizzare il dolore con manifestazioni pubbliche

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Romano Carancini con monsignor Marconi

«Caro vescovo, ripensaci e chiama la gente in piazza per tutto ciò che sta accadendo in Ucraina»: con queste parole il consigliere regionale del Pd Romano Carancini, che sabato ha partecipato alla manifestazione promossa dai sindacati a Macerata contro la guerra, risponde a monsignor Marconi che ieri si era rivolto ai fedeli e all’intera comunità. 
Il vescovo aveva parlato di strumentalizzazione delle sofferenze e aveva chiesto di pregare  e fare digiuno senza scendere in piazza. Immediata a risposta dell’ex sindaco di Macerata: «Caro Vescovo, come sai meglio di me, non c’è arma più efficace della forza corale di una comunità, in questo caso quella mondiale, da qualunque storia personale si provenga, per indebolire la mente di un lucido folle che sta replicando le orme di quella che fu l’invasione della Polonia esattamente 83 anni fa. Mi hanno colpito e sorpreso le tue parole sulla guerra in Ucraina e, in particolare, l’attenzione alle preoccupanti “strumentalizzazioni della sofferenza”. Non so bene a cosa tu ti riferisca perché ciò che io vedo, ascolto e leggo è ben altro. È la percezione di un afflato insolito, emozionante e comune che trae origine dall’umanità delle singole persone, scosse dalle immagini e dalle storie che i media ci stanno raccontando minuto per minuto dall’Ucraina, che passa attraverso i nostri corpi intermedi fino ad arrivare, almeno fin qui, alla condivisione unanime del quadro istituzionale dei partiti rappresentati in Parlamento».

Ecco la lettera di Romano Carancini in versione integrale.

«Caro Vescovo, ripensaci e chiama la gente in piazza per tutto ciò che sta accadendo in Ucraina.
La pace, in questo drammatico passaggio della storia, possiamo riconquistarla – credo – costruendo due fondamenta, l’una tecnica e l’altra umana, più importante, che ci fa riappropriare del senso più vero della parola preghiera che tu stesso ci sproni a praticare. È la preghiera laica capace di accomunare le persone indipendentemente dall’essere o meno credenti; la preghiera delle persone per le persone, nella sacralità della vita.

Non voglio qui entrare nel merito di quelle che vengono definite misure, sanzioni finanziarie contro la Russia e il sistema economico che sostiene quel paese; penso, però, che possano esercitare una pressione significativa per contribuire a scongiurare il rischio di una guerra mondiale.

Sono convinto, invece, che “l’altro capo del filo”, il secondo fondamento a cui mi riferivo sopra, quello che potrà fermare i missili, i carri armati e le armi, saranno le persone, i popoli che avranno il coraggio di testimoniare pubblicamente il loro fermo “no” alla guerra, con la voce, con la presenza, in ogni parte del mondo, dai piccoli territori alle grandi città.

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Romano Carancini in piazza durante la manifestazione di sabato

Più diffusi saranno i presidi delle comunità e le espressioni di pace contro tutto ciò che sta accadendo ora nel quadrante orientale dell’Europa, più la possibilità che il conflitto si fermi è concreta.

Caro Vescovo, come sai meglio di me, non c’è arma più efficace della forza corale di una comunità, in questo caso quella mondiale, da qualunque storia personale si provenga, per indebolire la mente di un lucido folle che sta replicando le orme di quella che fu l’invasione della Polonia esattamente 83 anni fa. Mi hanno colpito e sorpreso le tue parole sulla guerra in Ucraina e, in particolare, l’attenzione alle preoccupanti “strumentalizzazioni della sofferenza”.

Non so bene a cosa tu ti riferisca perché ciò che io vedo, ascolto e leggo è ben altro.

È la percezione di un afflato insolito, emozionante e comune che trae origine dall’umanità delle singole persone, scosse dalle immagini e dalle storie che i media ci stanno raccontando minuto per minuto dall’Ucraina, che passa attraverso i nostri corpi intermedi fino ad arrivare, almeno fin qui, alla condivisione unanime del quadro istituzionale dei partiti rappresentati in Parlamento.

Ora è decisivo manifestare nelle relazioni umane quotidiane, coinvolgere sensibilità all’interno delle comunità, scambiarsi voci e mani, essere nelle piazze a dire semplicemente e con forza “no” alla guerra, leggere una poesia o le parole di altri, insomma, prendere consapevolezza tutti, quante più persone possibili, che questo passaggio storico diventerà inevitabilmente uno spartiacque verso una strada di pace, almeno in Europa, oppure verso la sopraffazione in nome della potenza militare ed economica.

Testimoniare esplicitamente la pace tra i popoli nelle piazze è pregare, indipendentemente da chi mi è al fianco, uomo o donna, etnia, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali e sociali.

Perché siamo di fronte alla scelta se “dialogare” con l’invasore, trasmettendogli il nostro pensiero, il valore assoluto dell’umanità contro ciò che sta compiendo, oppure piegarci intimamente nella preghiera “in segreto”, senza dare voce alla partecipazione.

Vescovo, la più impressionante e straordinaria preghiera laica l’ha praticata Papa Francesco il quale, all’atto dell’invasione della Russia verso l’Ucraina, ha scelto di prendere la sua macchina e andare all’Ambasciata russa a Roma per ascoltare ed esprimere il punto di vista della comunità che rappresenta, e non solo.

Ecco perché, Don Nazzareno, ti chiedo di chiamare la tua gente in piazza a pregare per la pace».

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