di Monia Orazi
Le prime gru interrompono il profilo conosciuto della secolare skyline di Camerino, città ducale e universitaria, che dei fasti del ducato conserva un’eredità di circa 400 edifici storici e vincolati, per cui in gran parte del processo di ricostruzione sarà richiesto l’intervento della Soprintendenza ai beni culturali, al momento priva del soprintendente da nominare, in cui sono operativi solo otto ingegneri, per la regione che da sola è l’azionista di maggioranza del terremoto, con il 60 per cento dei danni riportati.
Sono solo poche decine le famiglie che vivono nel centro storico, la devastazione del terremoto ha salvato solo 37 abitazioni, la maggior parte sono concentrate nella zona della Giudecca. Andando in quella direzione, passando da via Bongiovanni, spicca il grosso collegio di palazzo Bongiovanni, in cui è in corso la ricostruzione. Al momento sono 5 i cantieri operativi in centro storico, su circa 2300 edifici danneggiati, sono 135 gli edifici tornati agibili, 240 i cantieri aperti a Camerino. Nel 2020 Camerino ha perso trecento abitanti, fermi a 3.676 alla data del 30 dicembre 2020. Il reticolo di vie intorno al tribunale è ancora zona rossa, l’auto rimasta schiacchiata dalle macerie, si è trasformata in un’aiuola naturale. Ci sono i militari dell’esercito, in piazza Garibaldi, a sorvegliare l’accesso, sono l’unica postazione operativa in tutta la città. Presto questa zona diventerà il quartiere generale dell’arma dei carabinieri, nel palazzo della Provincia, in passato adibito ad istituto tecnico e scuola di italiano per stranieri, si trasferirà provvisoriamente la compagnia di Camerino, ancora divisa tra i container di Madonna delle Carceri ed il piano superiore della caserma di Castelraimondo, dove si trova il nucleo radiomobile. In corso Vittorio Emanuele c’è ancora appeso il fiocco azzurro di un bambino nato pochi giorni prima del sisma, le vetrine di diversi negozi sono il nastro riavvolto a quei terribili giorni di ottobre, di 5 anni fa. Al momento grazie allo snellimento delle procedure, è la diocesi a fare la parte del leone, per la consistenza dei cantieri aperti nel centro storico. Sono in corso i lavori per il collegio Bongiovanni, l’arcivescovo Francesco Massara è soddisfatto, ma da questi anni di inizio ricostruzione, ha maturato una convinzione per far procedere le cose: «I cantieri possono e devono iniziare, speriamo che aumentino. Alcune maglie della burocrazia restano e vanno snellite. Resto dell’opinione che diventi necessario fare una cabina di regia che sappia coordinare tutti i vari settori della ricostruzione: dalle macerie, ai progettisti, alle imprese, ai luoghi dove devono andare ad abitare, alla Soprintendenza, ai rapporti con la Regione, ai luoghi dove devono andare ad abitare, è necessario che ci sia qualcuno che coordini, altrimenti qualcuno andrà per conto proprio e così non si arriverà mai ad una vera ricostruzione».
Il presule analizza le principali criticità che ostacolano la ricostruzione: «Partiamo da una normativa che è stata fatta benissimo grazie a Legnini, però in loco abbiamo il problema delle progettazioni che vanno a rilento, perché i progettisti hanno anche loro delle difficoltà. Abbiamo il problema delle imprese, il problema delle macerie, dei luoghi dove vanno a dormire gli operai, del caro prezzi. I materiali non arrivano, se non c’è un coordinamento di tutti questi settori, se ne sblocca uno, ma se ne bloccano altri nove e non ne veniamo fuori». Lo snellimento degli adempimenti per le diocesi sta dando i suoi frutti, commenta il vescovo Massara: «La diocesi ha avviato una serie di cantieri, ci sono tante chiese in fase di progettazione. In diversi casi stiamo aspettando che i progettisti ci diano il progetto per fare l’affidamento diretto alle imprese, in quanto abbiamo questa possibilità, di dare gli affidamenti diretti. Sono operativi diversi cantieri, tra cui il collegio Bongiovanni, che procede con molta celerità, se Dio vuole consegnamo entro Natale il cantiere del palazzo arcivescovile, la cattedrale è in fase di progettazione. A breve consegneremo anche la collegiata di San Ginesio, siamo a buon punto anche per il santuario di Macereto di Visso. Invece la casa vacanze di Elcito ce la consegnano già pronta per Pasqua, apriamo il sette novembre la Madonna della Cona a Castelsantangelo».
Conclude Massara: «Sono piccoli segni, ma importantissimi per le comunità, perché le chiese non rappresentano solamente un luogo di culto e di fede, ma di socializzazione e d’incontro per le persone, alla gente manca proprio questo, luoghi dove ritrovarsi. I nostri ragazzi stanno crescendo in mezzo alla strada, perché non hanno luoghi dove incontrarsi e se non diamo delle alternative, finiranno tutti tra alcool e droghe». Così Sandro Sborgia vede la situazione attuale: «Cinque anni sono un tempo enorme, un’eternità per quanto riguarda la vita quotidiana della gente, cinque anni si sono persi in chiacchiere, in promesse e buone intenzioni. Intanto le persone vivono nelle Sae, hanno vissuto distanti dalle loro case. Oggi però c’è un barlume di speranza, forse questo agita le coscienze, perché si vorrebbe che ci si affrettasse ancora di più. Si iniziano a vedere i cantieri che partono, ognuno vorrebbe che il primo fosse il proprio, arrivano le sollecitazioni, le pressioni. Non possiamo permetterci di perdere un solo minuto, proprio perché oggi c’è una speranza di ricostruzione, non ci si può più fermare, per problemi come le macerie, l’aumento dei prezzi delle materie prime, sono criticità che si devono affrontare prima dell’avvio della ricostruzione. Questi problemi non devono ricadere sulle persone terremotate». Sborgia chiede di affrontare a tavolino gli ostacoli alla ricostruzione: «Il problema delle imprese va affrontato con intelligenza, cercando di far sì che siano resi sicuri i luoghi di lavoro, bisogna pensare allo snellimento delle attività burocratiche. Dove serve personale, va mandato. Servono mille persone per le attività legate al Pnrr, per le zone terremotate dove gli uffici comunali sono intasati di pratiche, vanno inviate le persone per i progetti del Pnrr, perché altrimenti sarà impossibile attuare quanto necessario, solo con le forze a disposizione. Ci deve essere piena assunzione di responsabilità, a ciascun livello istituzionale ognuno deve fare la sua parte, altrimenti non si riesce ad andare avanti, si deve smetterla con il rimpallo di responsabilità, è ora che la politica dia le risposte che le persone stanno aspettando».
Ma cosa ci interessa di quello che dice il vescovo?
Per i lavori iniziati a seguito dei recenti aumenti dei materiali stanno chiedendo ai proprietari un accollo delle spese che va da 10 al 20%
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In Friuli dopo il devastante terremoto del 1976 a cinque anni di distanza e precisamente nel 1981 la ricostruzione era quasi del tutto completata, come potei verificare direttamente di persona, allorchè feci il militare ad Udine nel Genio Pionieri, quindi operavo su tutto il territorio. Qui ancora parliamo di Protocolli, Progetti sulla carta e Speranze. Io parlerei piuttosto di Carta Igienica e di Vergogna all’ennesima potenza. Spero ci salvi il Pnrr.