di Enrico Maria Scattolini
UN ALTRO ESEMPIO DI SOPRAVVIVENZA, a Servigliano (+).
NE SCOPRO UNO (+) AD OGNI TRASFERTA dell’Helvia Recina/squadra naturalmente. Che seguo con immutata applicazione. Nonostante sabato scorso – poco dopo la sconfitta patìta dai maceratesi appunto a Servigliano – abbia corso il serio rischio di rompermi il collo al centro di una curva male approcciata a metà tragitto (—).
FORTUNATAMENTE ME LA SONO CAVATA per il rotto della cuffia, insieme ai miei ardimentosi compagni di viaggio (+); e quindi sono ancora in grado di raccontare quello che, prima, mi era stato riferito dagli spettatori del “Settimi” riguardo alla recente storia della nuova squadra locale.
GENERATA LA SCORSA ESTATE dalla fusione (+) fra il San Marco di Servigliano e la Lorese. Il consueto do ut des in virtù del quale la prima società è tornata a respirare aria di “Promozione”, l’altra è riuscita a mantenere il titolo.
UNA TRACCIA di quello che si vorrebbe architettare a Macerata. Dove però manca la sponda societaria biancorossa per il default della Rata – su cui grava al momento la spada di Damocle di procedure concorsuali – e, almeno ad intuito, non ci sarebbero neanche i soldi (-).
ESISTEREBBE PERO’ LA CONTROPARTE (+), nonostante le debite smentite. Cioè la Sangiustese, militante nel Campionato Nazionale Dilettanti: la tanto ambita, per i “pistacoppi”, serie D.
SICCOME GLI ANZIANI HANNO LA MEMORIA LUNGA, questo brand inevitabilmente mi riconduce in mente il ricordo del club calzaturiero di qualche anno fa presieduto da Antonio Pantanetti (+).
CHE IO HO CONOSCIUTO BENE ai tempi inizialmente trionfanti ma poi piuttosto confusi della sua gestione. Ed anche personalmente apprezzato per il miracolo della promozione in C2 (+).
ALLA QUALE DETTE UNA NOTEVOLE MANO (+) la Maceratese del suo omologo biancorosso Barcaglioni. Poi frettolosamente ceduta ad Ulissi.
RISULTO’ INFATTI PESANTEMENTE INDIGESTO alla capolista Angolana il pareggio che i biancorossi riuscirono sorprendentemente ad imporle (+) nell’ultimo incontro di un campionato che sembrava ormai vinto dalla squadra di Gentilini. Proprio in casa, al “Curi” di Città Sant’Angelo, imbandierato e festante sino all’ultimo anelito di speranza.
INFINE IL DRAMMA. La concomitante vittoria della Sangiustese (+) nel derby con il Tolentino avrebbe sottratto agli abruzzesi il passaggio di categoria proprio sul filo di lana.
DELLA MIA INTERVISTA TELEFONICA A PANTANETTI, dall’autostrada, rammento di essere stato colpito dal suo immediato sentimento di preoccupazione per il futuro, prevalente sulla legittima soddisfazione per la straordinaria impresa (+).
MOTIVATO DAL PROBLEMA (-) dello stadio da adattare alle norme del calcio professionistico. Non stringenti e soffocanti come quelle attuali, ma pur sempre onerose tanto da invitare alla massima prudenza gli amministratori comunali del tempo.
SONO CONVINTO CHE FU PROPRIO IL PATRON D’ALLORA a coltivare fin da quella data l’idea della negoziazione del titolo sportivo.
ORA PROBABILMENTE RIPRESA (ma negata) dai suoi successori. Ovviamente sottotraccia.
OCCORRE PERO’ l’argent.
CHE POTREBBE INVECE non essere fattore determinante nell’altra fondamentale opzione per resuscitare il calcio in città (+).
MI RIFERISCO AL MATELICA DI CANIL. Sta andando finalmente alla grande nel suo campionato (+).
SE DOVESSE VINCERLO, interessanti orizzonti potrebbero schiudersi a Macerata (+).
E SENZA METTERE MANO AL PORTAFOGLIO (+), consuetudine molto apprezzata fra i miei concittadini.
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Ah ah ah ah ah
Si tifa chi?!?!?!?!?!?!?!?!?!
Enrico sta scherzando…forse lo spavento….
Mi sembra giusto. A Civitanova c’è La Lube che dà lustro, a Macerata sarà il Matelica a riportarvi le luci della ribalta.
Mi scusi Scattolini, invece che stare a sperare col gioco delle parti che qualcuno vi raccolga solo perchè ha necessità di uno stadio, dato che avete tutto il tempo di questo mondo, perchè non vi date da fare (imprenditori e istituzioni) per creare una Maceratese autoctona? Una prima categoria non ha dei costi impossibili…
allu poro canil je li tirata,i detto che ce da tifa matelica e oggi è stato indagato….
Non ho capito !
A parte il fatto che è già tutto fatto con la SanGiustese, ma il Matelica, caso mai, verrebbe a Macerata solo a giocare perchè il campo suo non è omologato per i professionisti o cede il titolo a qualche “cordata locale”?
In sostanza all’Helvia Recina l’anno prossimo, ci toccherà tifare Matelica o la SS Macertese 2018 srl?
Caro Ponzelli,
l’argomento Sangiustese è stato da me anticipato da qualche settimana e riproposto nei giorni scorsi.Con la sottolineatura però di dubbi e perplessità.
Quindi mi farebbe piacere se,come afferma lei,”….è già tutto fatto.”Nonostante ribadite smentite.
Riguardo a cosa potrebbe accadere con il Matelica,ovviamente tutto è in grembo a Giove. Però il precedente della Spal con la Giacomense potrebbe suggerirle qualche indicazione.
Una Maceratese autoctona dopo i precedenti della scorsa estate è pura utopia,signor Gatti.Non è ovviamente problema di costi per la categoria da lei citata,ma di mentalità.Troppo aristocratica quella “pistacoppa” per scendere così in basso. Quante volte ho citato l’esempio contrario ma costruttivo dell’Ancona….
Coraggio, se in Catalogna si mette male magari all’Helvia Recina ci viene a giocare il Barça.
Dott. Scattolini, concordo che è una questione di mentalità, ma non la definirei troppo aristocratica, tutt’altro troppo ottusa e menefreghista. Se fosse stata aristocratica, avrebbe riempito l’H.R. nei due campionati di lega Pro, invece tutti abbiamo toccato con mano la risposta della tifoseria cittadina, quasi imbarazzante in termini numerici.
Caro Zippilli,giusta la sua precisazione e le(mi)chiedo anche:come può rinascere il calcio biancorosso da una situazione simile se non ci sono aiuti esterni?Di quelli concreti,però.
Senza dei quali io temo non sarà sufficiente un anno sabbatico per la rinascita, ma non basterà neanche una….intera vita.
Forse partiamo tutti da una premessa sbagliata ossia che Macerata debba per forza avere una squadra di professionisti o semi.
La storia ci ha insegnato (o almeno avrebbe dovuto) che Macerata non ha avuto, non ha e non avrà mai la forza economica per disputare stabilmente campionati calcistici di grande livello.
L’aiuto esterno, lo sappiamo bene, come lo sanno altre realtà calcistiche, anche vicine a noi, dura precisamente lo stesso tempo dell’affare vantaggioso che il “mecenate straniero” ha concluso, o spera di concludere, con qualche ente pubblico locale (vedi strade, mega resort,centri commerciali ecc)
Inutile prendersela con i tifosi sono quelli e quelli rimarranno, anzi per motivi anagrafici sono destinati addirittura a diminuire.
Ecco perchè se si vuole avere una società seria con qualche probabilità di sopravvivenza nel tempo si deve partire dal basso, facendo un passo alla volta secondo la gamba (il portafoglio), affrontando una categoria per volta fino ad arrivare a quella maggiore possibile, ma non per la piazza, possibile per le finanze della società stessa.
A che serve cambiare il nome alla Sangiustese, o alla squadra di turno, con l’aiuto di qualche “magnapà” forestiero, fare uno o due campionati di serie D e poi rifallire?
Preferisco mangiare una buona pizza e bere una bella birra (promozione, eccellenza) tutte le sere che mangiare caviale e bere champagne (serie D, lega pro) una sera e poi morire di fame.
Del resto quando si deve rinascere si deve per forza ritornare piccoli, altrimenti non sarebbe una rinascita ma una resurrezione.
Esattamente quello che penso io, signor Ponzelli.Non a caso ho insistito nell’auspicare,da noi,il clone del “modello Anconitana”;ed,insieme ad alcuni amici,ho anche provato a contribuire alla ripartenza dalla terza categoria con una nuova società(appunto come hanno fatto i dorici).Completo fallimento.