La vicenda del ParkSì
e l’epoca dell’ingiuria

L’attuale linguaggio della polemica politica italiana è un segnale di logoramento della democrazia. E Macerata non fa eccezione

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di Giancarlo Liuti

L’impegno di Romano Carancini di chiudere al traffico il centro storico facendo sì che le auto sostino nei pressi e le persone raggiungano il centro comodamente a piedi era parte fondamentale del programma elettorale grazie al quale egli divenne sindaco nel 2010 ed è stato confermato l’anno scorso. Non si può dunque considerare un autocratico atto d’imperio – non in linea, cioè, coi principi dell’amministrazione democratica del potere – la scelta di “municipalizzare” in capo all’azienda pubblica Apm la gestione del ParkSì di via Mugnoz (due piani per quattrocento auto già provvisti di ascensori per il centro) che ora è della multinazionale privata Saba alla quale andrebbe la contropartita di un milione e mezzo più Iva. E pare che le trattative stiano per concludersi. Anche qui nulla da eccepire in tema di legittimità formale e sostanziale dei poteri – democratici, ripeto – della civica amministrazione.

Il sindaco Romano Carancini durante Il Consiglio comunale sul Parksì

Il sindaco Romano Carancini durante Il Consiglio comunale sul Parksì

Niente da eccepire nemmeno sul diritto – anch’esso democratico – delle forze politiche di opposizione presenti in consiglio comunale e anche fuori di contestare con vari argomenti la finalità e il modo di procedere del sindaco su tale questione, rilevando fra l’altro il notevole costo del “risarcimento” alla Saba. Sta di fatto che dopo un’accesa discussione protrattasi per ben tre sedute la maggioranza consiliare ha approvato la scelta del sindaco. E anche questa è democrazia. Finito? Parrebbe di sì, sebbene molte braci, specie nel Pd, continuino ad ardere sotto la cenere. Va comunque detto che su altri versanti il cammino di Carancini non è tutto rose e fiori, come dimostra la proposta di Maurizio Mosca (“Città Viva”) sostenuta anche da Bruno Mandrelli (Pd) di istituire una commissione consiliare quasi d’inchiesta per far luce sulla fine ingloriosa delle piscine da costruire a Fontescodella che figuravano anch’esse nel programma di Carancini ma poi sono rimaste lettera morta. Iniziativa “antisindaco”, questa della commissione, che può esser giudicata in vari modi. In ogni caso, però, s’inserisce pienamente fra le molteplici forme di esercizio della democrazia.
Ma non è di questo che intendo parlare, quanto invece del linguaggio oltremodo aggressivo perfino sul piano personale che è ormai di moda nel confronto dialettico e polemico fra le forze politiche (si pensi allo “stile oratorio” del leghista Matteo Salvini e a quello del pentastellato Alessandro Di Battista). Non a caso Corrado Augias, su “Repubblica”, ha parlato di “epoca dell’ingiuria”, ossia del ridurre qualsiasi controversia a insulti o insinuazioni oltraggiose. Il che non rientra nel costume democratico ma è indice di quella crisi strisciante della democrazia che in Italia, e non solo in Italia, minaccia di sfociare prima o poi in alternative antidemocratiche.

Il Consiglio comunale sul Parksì si è svolta per tre giorni nel palazzo della Provincia per l'inagibilità della sala consiliare del Comune

Il Consiglio comunale sul Parksì si è svolta per tre giorni nel palazzo della Provincia per l’inagibilità della sala consiliare del Comune

Torniamo a noi e alla vicenda del ParkSì. Ripeto che opporsi alla soluzione voluta dal sindaco rientra in pieno nella dialettica democratica. Ma in consiglio comunale è stato detto “operazione scellerata” con la quale “il sindaco ha salvato il fondo schiena a qualcuno”. E fuori dal consiglio si è ipotizzato che siano stati commessi veri e propri reati (“Riuscirà la Procura a svelarci i retroscena di questa patacca?”). E ancora: “Bastardi!”. E ancora: “Da questa faccenda emana un odoraccio putrescente”. E ancora: “Si capisce benissimo chi è il killer e chi l’ha aiutato”. E ancora: “Operazione degna di un ricovero coatto con trattamento sanitario obbligatorio”.
Povera Macerata, il cui primo cittadino sarebbe impazzito o in procinto di affiliarsi alla camorra o alla ‘ndrangheta! Beh, l’amara conclusione è che pure da noi si va affermando l’epoca dell’ingiuria. Che dire? In lunghi anni di fiducia nella democrazia ho imparato che anche il linguaggio deve far parte di questa fiducia. Chi siede laddove si rappresenta la volontà popolare o s’è conquistato un ruolo di spicco nel formare l’opinione pubblica e tuttavia si lascia prendere dalla collera, la butta in cagnara e le spara troppo grosse come in una rissa di strada mostra, secondo me, di avere almeno un piede in un terreno non propriamente democratico.



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