di Renato Perticarari*
Vorrei brevemente tornare sul tema del ParkSi nel tentativo, forse disperato, di aiutare a trovare una soluzione diversa da quella verso cui si sta andando con una inesorabilità del destino simile a quella del Titanic. Voglio, tuttavia, affrontare l’argomento sotto due profili, diversi rispetto a quelli sin qui trattati da tutti, me compreso e lo faccio partendo da una premessa: io sono favorevole ad un più adeguato uso del ParkSi, nell’ambito di una complessiva riorganizzazione della mobilità urbana così come vorrebbe realizzare l’Amministrazione.
Primo profilo. Ebbene, detto che parlare oggi di “transazione” dopo che per anni si è pervicacemente parlato di cessione di ramo d’azienda è oggettivamente una bufala (peraltro, se di transazione si parla, mi sfugge a cosa rinuncerebbe il Comune, visto che nessuno sembra valutare le pretese che potrebbero essere avanzate dal Comune quasi che in questa vicenda Saba fosse l’unica a poter denunciare ipotetici inadempimenti da definire con transazione), il vero problema di fondo è però un altro e sta tutto nella risposta da dare ad una domanda molto semplice: perché è precluso ai Comuni di svolgere attività che comportino rischio di impresa? La risposta è altrettanto semplice: è precluso poiché non si possono assumere rischi d’impresa (e, quindi, economici) con il denaro della collettività. Ora, che non si provi a dire che in questo caso il rischio di impresa lo assume l’Apm Spa e non il Comune, poiché sarebbe davvero farisaico, visto che Apm è interamente del Comune. E’ per questo fin troppo banale principio che, per esempio, quando venni chiamato a redigere il bando di selezione dei soci privati della “Nuova Via Trento Spa”, avevo previsto in esso l’obbligo dei soci privati di depositare fideiussioni bancarie che garantissero al Comune il rientro del capitale investito con gli interessi come poi puntualmente avvenuto. Ed è per lo stesso principio che la più recente normativa impone la redazione di stringenti studi di fattibilità economica (mi si lasci dire….ben diversi dalle previsioni usate in questo caso) laddove i Comuni vogliano dar vita a Società, che per loro natura possono subire il rischio d’impresa, per limitare al minimo assoluto le previsioni di perdite. Perché ci si rifiuta ostinatamente di perseguire l’obiettivo – anche facendo valere evidenti inadempienze della Saba rispetto agli obblighi concessori – di far modificare gli orari di utilizzo del parcheggio, offrendo come contropartita un adeguato contributo fisso alla gestione ? Una soluzione, peraltro, già adottata dal Comune in altre circostanze simili. La differenza sarebbe sostanziale: il Comune affronterebbe un onere aggiuntivo (fisso) a fronte di un miglioramento del servizio pubblico…nulla a che vedere con il rischio di impresa !…siamo così certi che Saba possa rifiutarsi, visto che, peraltro, lo stesso meccanismo contributivo era stato sollecitato da Saba nell’agosto 2009 in relazione all’uso del percorso meccanizzato?
Oggi si dice, a sostegno della scelta di acquisire la gestione del ParkSi, che con la avveduta gestione dell’Apm la struttura tornerà a guadagnare. Bene, e se questo non accade e, viceversa, Apm sarà costretta a subire perdite ogni anno? Di chi sarà la responsabilità e quali saranno le sanzioni? Ecco, questo è il secondo rilevante profilo della vicenda. Infatti, sarà chiaro di chi è la responsabilità, ma non ci saranno sanzioni tranne, forse, quelle elettorali (ma si sa che la gente tende a dimenticare). E, si badi, io dico anche che è giusto che non ci siano sanzioni altrimenti, se ad ogni decisione sbagliata di un amministratore si dovesse applicare una sanzione economica, si avrebbe presto la paralisi delle amministrazioni. Ma è proprio per questa giusta mancanza di sanzioni che i Comuni non devono assumere rischi d’impresa, poiché è eticamente sbagliato rischiare con i soldi della collettività restando esenti da sanzioni per gli eventuali danni causati ai cittadini che continuerebbero a subire quelle perdite anche ben dopo la scadenza del mandato di chi ha deciso ed è ovvio che fare ugualmente questa scelta addirittura sapendo in anticipo che la gestione è in forte perdita è davvero clamoroso. Con tutto ciò non intendo dire che la gestione del ParkSi non va profondamente mutata; io condivido l’obiettivo di renderla funzionale al disegno politico-amministrativo del Comune, ma dico che farlo assumendosi il rischio di impresa (anche se surrettiziamente attraverso una pseudo-transazione) è sbagliato adesso e rischia di esserlo nel futuro.
*Renato Perticarari, avvocato e urbanista
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Ottimo intervento, avvocato. Resta però il fatto che, nel 2038 la SABA riconsegnerà una struttura ancora più fatiscente di quanto sia già, visto che il contributo fisso del Comune servirebbe alla gestione ordinaria in cambio di quanto chiede in termini di apertura, e che, nello stato di incuria in cui è, non so quanto possa risolvere rivedere solo gli orari.
Non condivido le ragioni poste dall’avv. Renato Perticari. In primis sovvenzionare la SABA è di fatto una perdita per il Comune, il cui importo è tutto da valutare, rimanendo la struttura comunque bloccata da un privato. La risoluzione consensuale della convenzione ritengo la soluzione migliore, operazione perfettamente sostenibile, con valore politico, sociale ed economico (basta studiarsi le pratiche collegate alla fattibilità). Tra l’altro l’operazione entra in sinergia con l’attuale convenzione parcheggi in essere tra Comune e APM e rafforza la buona gestione pubblica dei parcheggi, attualmente in buon attivo.
Nella ricerca disperata di una cadrega Monsignore ha innalzato il vessillo del Park Si a tutti i costi, e costi quel che costi….
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Venendo a cose più serie.
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Da qualsiasi angolazione la si voglia vedere la querelle Park Si non è una nave che affonda, è già bella che affondata.
Sotto il profilo economico, sociale, politico è un fallimento così fallimentare che la crisi del 1929, al confronto, sarebbe un boom economico….
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Eppure vanno avanti come se nulla fosse; ed in città in tanti cominciano a domandarsi se questa acquisizione, per caso, sia in realtà un baratto nascosto onde evitare cause per inadempienze varie che, forse, costerebbero all’amministrazione ben più del prezzo pattuito.
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In tanti cittadini si domandano e si chiedono se l’acquisto del ramo d’azienda in forte e annuale perdita (di un bene che tornerebbe ad essere comunque pubblico) possa essere una scappatoia per evitare che si facesse luce su come si è gestito il tutto negli ultimi 20 anni.
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Ma se sono così sicuri della bontà dell’operazione (e sono sicuri di avere la città dietro) perchè NON fanno un referedum cittadino??