Lo staff del q.b.
L’avventura del q.b. è iniziata con l’aperitivo
(foto di Lucrezia Benfatto)
“Nutrire Macerata” sembrerebbe essere il primo segnale ricevuto dall’Expo di Milano, considerando la costante e piacevole rifioritura delle attività commerciali legate alla gastronomia che, lentamente, stanno ripopolando il centro della città. Un centro che si configura sempre più rivolto al cibo con offerte variegate e specializzate, volte ad attrarre una determinata clientela. E’ il caso del “q.b. quanto basta” il nuovo bistrot di via Gramsci che ieri ha iniziato la sua avventura offrendo un gustoso aperitivo a tutti i passanti. Una discreta folla ha riempito le 3 sale del locale, occupando anche lo spazio antistante l’ingresso nonostante il freddo e la pioggia battente. «Quanto basta vuole essere quasi una filosofia di vita – spiega la titolare Antonietta Vagnoni – E’ un non desiderare l’eccesso, uno star bene. Questa è la sensazione che vorremmo trasmettere alla nostra clientela. Il nostro menù è composto all’80% da primi e proporremo anche degli aperitivi sfiziosi». Un nuovo ritorno al centro a testimonianza che sempre più giovani continuano a credere e ad investire in quello che vorrebbe essere il cuore della città: «Credo nella rinascita del centro storico, questo è evidente – termina la barista – Mi piace l’idea di contribuire a rilanciare il movimento cittadino in un modo decisamente personale passando per quello che so fare meglio. Il crescere dell’offerta rafforza l’attrazione di tutto il centro, come si può vedere durante alcune feste gastronomiche che sono un autentico successo».
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Forza Anto!
In bocca al lupo x l’apertura della nuova attività!! Alla prima occasione verrò a trovarvi x assaggiare le vs specialità
L’Atene delle Marche o la Pappata dell’Agora? Ma è una tendenza circoscritta a Macerata o sta dilagando?
Forse dalle vostre parti c’è un nuovo boom economico o una santificazione di qualche peccato capitale.? La Las Vegas dell’aperitivo, la Parigi del dopo cena, la New YorK dello sballo gastrico? Ieri parlavo con un conoscente maceratese e mi ha detto che ultimamente Macerata centro è gremita di italiani e stranieri.
Se così fosse che ve ne frega di portarci nuovi abitanti. Qualche mese fa Macerata era morta, adesso mancano soltanto le donnine in vetrina tipo Amsterdam. Con la cultura se magna poco e sono sempre gli stessi a magnacce.
Ma è una catena di Sant’Antonio…
“Il crescere dell’offerta rafforza l’attrazione di tutto il centro”, ma appunto, ” quanto basta” : il troppo stroppia.
Leggevo tra i commenti sotto l’articolo di Verdenelli sul centro storico, quello di Ivano Tacconi, che tra le proposte di recupero degli spazi vuoti avanza quello di fare un parcheggio a più piani nel vecchio cinema Corso.
Io ne faccio un’altra .Visto ormai che il centro si è connotato nella ristorazione in tutte le sue declinazioni svolgendo un particolare richiamo al tempo libero, perchè al cinema Corso , invece, non farci…un cinema? Se il centro è così frequentato , pubblico non mancherebbe, l’offerta prima-dopo cinema c’è, diamogli un senso con l’aumentare anche l’offerta culturale con altri locali . Credo potrebbe essere questo l’attimo fatale per questo importante tassello da reinserire nel quadro di un ritorno al centro storico rivolto ad un target sempre più ampio e misto. Ovviamente, no cinema di nicchia ma di normale programmazione, che nulla toglierebbe a quello da poco aperto al Don Bosco, se fino a qualche anno fa di cinema a Macerata ce n’erano 5, la gente continua ad andare al cinema, solo che deve spostarsi fino all’estrema ed anonima periferia per vedersi un film.
Dalla multisala, si può benissimo tornare a ” una sala diffusa” anche se su scala più ridotta rispetto a prima.
Al Cine Teatro Italia, magari pensare di fare altro tipo di spettacoli per cui si presta , sfruttandolo più come spazio teatrale e musicale.
@ Moroni
Tamara, la sua è una buona idea, il problema è sempre il solito ossia se un cinema possa “resistere” ai costi di gestione…
…per quanto riguarda “il troppo stroppia” dei locali del gusto, ossia ristoranti, open-bar ecc., tutto sta a chi li gestisce e alla capacità di attrarre clientela, e comunque ci sono già un paio di locali in centro che hanno provato ma poi hanno chiuso. E’ un’attività che non si può improvvisare.
Lorenzo Molinari, le ho messo il mi piace, però vorrei ampliare su due punti del suo intervento . Lei solleva, giustamente, come prima questione dal punto di vista impresa, quella dei costi di gestione, e allora ,non ricordandomi in che anno avesse chiuso il Corso e perché, sono andata a cercare e ho trovato che è stato chiuso nel 2007 a causa di una divisione della società dello stesso gestore , Verolini, che negli anni ’90 oltre al Corso ha gestito anche l’Italia ,attualmente, e con un importante investimento ha riaperto il Don Bosco, e oltre questo ha in gestione altre 5 sale tutte nell’anconetano. Ma la cosa più importante che mi preme sottolineare riguardo i costi di gestione , è che in una recente intervista ad un giornale locale, Verolini dichiara :” All’Italia la nostra gestione è durata diversi anni e abbiamo chiuso con un discreto reddito ma solo perché abbiamo perso l’asta a favore di chi adesso lo tiene come ben noto”. E con questo voglio dire che , mentre a noi può sembrare tutto attribuibile ai costi per il mantenimento dell’attività , nella realtà possono intervenire altri fattori esterni ed estranei alla gestione in sé, che portano poi ai risultati che abbiamo sotto gli occhi .
Lascio perciò le valutazioni di ordine economico a chi di mestiere, per ribadire l’importanza che rivestirebbe avere un cinema nel cuore della città, anche nel ricostruire un tessuto sociale, specie con riferimento a quella volontà dichiarata da più parti di puntare ad accrescerne la residenzialità. Andare al cinema, infatti, non dovrebbe essere un mero consumo di prodotto commerciale come quello offerto dalla multisala, periferica, alienata da tutto un contesto che già di per sé è cultura, quella che si ha intorno – con le vie, le case, le chiese, le piazze, i monumenti, le vetrine- e quella dello stare insieme nello stesso luogo che ha un significato comune. Il cinema, anche se ognuno siede nella sua poltrona, non è lo stesso che restare a casa davanti alla televisione; da sempre è un fenomeno socializzante, aggregante, e il fatto di poterne fruire in uno spazio storico dà anche un senso di appartenza ad una comunità, piuttosto che di smarrimento , di perdita d’identità, come quello che procura un cinema isolato , emarginato ai piedi di un’area commerciale.
L’altro aspetto. ” Il troppo stroppia” era relativamente al fatto che, se Macerata era Milano centro, pure pure. Ma dato che i locali del centro, non so quanti siano ma sicuramente limitati, il mio timore è che, se per ogni negozio chiuso o che chiude ne riapre uno di gastronomia, questo fatto, nel momento in cui il centro riprenda vigore, possa penalizzare una diversificazione dell’offerta commerciale, a mio avviso centrale in una vera politica di rilancio del centro, e che su altro fronte, impedisca una razionalizzazione delle attività presenti in vista dell’obiettivo di ripopolarlo; famiglie, anziani, bambini, avranno bisogno anche di altro sotto casa che di soli open-bar .
per rivitalizzare il centro storico come si è copiata da Venezia l’idea del plasticologio impupito si potrebbe copiare da Piacenza questa geniale rivoluzionaria iniziativa artistica e culturale:
http://www.leggo.it/NEWS/MILANO/museo_merda_piacenza_arte/notizie/1312767.shtml