Striscioni e bandiere all’ingresso del cementificio ieri durante il passaggio della Tirreno-Adriatico
di Monia Orazi
Il prossimo 27 maggio sarà l’ultimo giorno di lavoro per gli 83 dipendenti del cementificio Sacci di Castelraimondo. Venerdì scorso sono arrivate a tutti gli addetti, dal direttore agli operai, le lettere di licenziamento collettivo per cessazione attività, che aprono alle maestranze le porte della mobilità. In totale saranno 135 gli addetti licenziati, oltre a Castelraimondo il provvedimento riguarda lo stabilimento abruzzese. La notizia è circolata nel corso della Tirreno Adriatico (leggi l’articolo), con una delegazione di dipendenti che ha protestato davanti all’azienda, in località Basciano, con striscioni e bandiere. “Lavoro=dignità”, “Cementificio Sacci no alla chiusura”, “83 famiglie senza futuro” sono i tre striscioni che insieme alle bandiere dei sindacati, campeggiano oggi sui cancelli dello stabilimento, che già quest’anno ha lavorato a singhiozzo, restando sotto fermo produttivo per diversi mesi.
L’anno scorso era stato raggiunto un accordo per la cassa integrazione straordinaria e la retribuzione dei lavoratori tramite l’utilizzo dei contratti di solidarietà, suggerito dai sindacati durante le trattative con i vertici aziendali, primo caso in Italia, che aveva lasciato tutti soddisfatti perchè garantiva la parziale prosecuzione dell’attività, senza il ricorso alla mobilità. L’azienda avrebbe motivato le lettere con la mancanza di commesse e la crisi nelle vendite. Nonostante l’annuncio di cessazione dell’attività, i vertici aziendali non hanno ritirato la richiesta di rinnovo dell’Aia, l’autorizzazione integrata ambientale, necessaria all’ammodernamento degli impianti, a partire dal 2019. Mercoledì è stato annunciato uno sciopero, ma i sindacati attueranno probabilmente anche altre iniziative di protesta a partire da un possibile presidio dei lavoratori davanti al palazzo della Regione ad Ancona. Sinora non ci sarebbero state convocazioni ufficiali da parte dei vertici aziendali, con gravissima preoccupazione dei sindacati e dei dipendenti, per gli scarsi margini di trattativa che si profilano.
La chiusura dello stabilimento è un colpo gravissimo per una realtà come Castelraimondo, che negli anni ha visto ridimensionarsi drasticamente l’occupazione, sia per la crisi del gruppo Merloni, ex Ardo, la chiusura della Villeroy e Boch, una drastica riduzione dell’attività della cartiera Miliani negli anni Novanta, ora fortunatamente ripartita sotto la nuova proprietà.
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Dal consigliere provinciale Daniele Salvi riceviamo:
“Nei mesi scorsi ci è capitato più volte di richiamare l’attenzione sulla vicenda della crisi aziendal della Sacci,cercando di far capire che prima ancora dei timori rispetto a futuribili nuovi impianti produttivi la questione vera era rappresentata dalle difficoltà finanziarie e produttive del gruppo e dai possibili contraccolpi sull’occupazione.La notizia della messa in mobilità degli 83 occupati dello stabilimento di Castelraimondo richiama tutti a questa realtà ben più concreta rispetto agli scenari allarmistici spesso evocati e però del tutto irreali.Dietro i lustrini della Tirreno-Adriatica,tentativo speranzoso quanto episodico di far conoscere un territorio sotto altra luce, c’è la realtà dura di comunità locali investite dalla crisi, di comitati ambientalisti più o meno autentici e di classi dirigenti che esorcizzano i problemi alla ricerca di fragili alternative o fornendo risposte che non colgono il merito delle questioni. Sarà bene ricordare a questo Paese smemorato che senza produzione non ci sono neppure gli sport e il conseguente diletto che generano e che produrre riguarda non solo ciò che ci piace, ma anche ciò che serve, in modo compatibile con la salute e l’ambiente. Questa è la sfida, anche tecnologica, irrinunciabile di una società moderna. Per mesi si è parlato spesso a sproposito d’inceneritori, di procedure, di ricorsi, alimentando paure e dibattiti surreali, ora 83 famiglie e un’intera comunità,che come tutto l’asse pedemontano della regione ha visto in questi anni declinare e chiudere numerose realtà produttive e industriali, chiedono che fare. L’azienda ci mette del suo in modo strumentale. Tra i motivi della messa in mobilità ci sarebbe il calo delle vendite per via della crisi e le difficoltà di ottenere a livello regionale l’autorizzazione per il nuovo impianto. La verità è che l’azienda da tempo non è in grado di fare investimenti, a causa della sua situazione finanziaria, e sembra in trattativa con altri soggetti per vendere i siti produttivi più appetibili con relativo personale. Nei confronti dei lavoratori dello stabilimento di Castelraimondo si sta realizzando un vero e proprio ricatto, che va rispedito al mittente. Occorre agire su due piani: il primo, chiarire con il supporto delle stesse istituzioni e l’azione delle forze sindacali le reali intenzioni della proprietà, perché se è in atto una vendita, i lavoratori e lo stabilimento di Castelraimondo non possono non rientrare nel pacchetto che passa al nuovo acquirente, a prescindere dalle autorizzazioni per nuovi impianti. Il possibile da questo punto di vista è stato sempre fatto e non può essere motivo per lasciare in mezzo alla strada i lavoratori del sito marchigiano. Tra l’altro, la presenza della concessione a lunga scadenza per attività estrattiva è di per sé elemento fondamentale per garantire il prosieguo dell’attività produttiva. Poi, con l’eventuale nuovo acquirente si potranno discutere le prospettive e le modalità di sviluppo del sito. Il secondo piano, riguarda i lavoratori, oggi in contratto di solidarietà, ai quali va garantita una copertura lunga per affrontare una vicenda i cui tempi e risvolti non saranno di certo immediati”.
Concordo con la seconda parte della nota del sig. Salvi. Non concordo sui tutti i punti della prima parte. Perché dice “…scenari allarmistici spesso evocati e del tutto irreali”? Su quali basi lo afferma? Ha dei dati di cui nessuno è a conoscenza? Se leggesse le conclusioni dei due studi epidemiologici, uno dell’ISS e uno dell’ARPAM, della nostra zona potrebbe capire che questi scenari tanto “Irreali” non sono. Riguardo al “…parlare a sproposito di inceneritori” le ricordo che recentemente la Regione ha approvato il PRGR che ha come soluzione ottimale quella di trasformare i rifiuti indifferenziati in CSS (grazie all’ex ministro Clini magicamente i rifiuti diventano combustibile) da inviare in impianti non dedicati accogliedo in pieno il piano della Oikos Progetti che ha fatto lo studio preliminare. A pag. 64, se ricordo bene, c’è una tabella dove è previsto di trasformare le 70.000 tonnellate di rifiuti indifferenziati in CSS perché “In regione Marche è presente un cementificio autorizzato a ricevere in ingresso 100.000 t/a di CSS”. E’ al corrente di queste notizie? Credo di si visto che il suo partito governa la regione. E nessuno ha mai smentito questo piano. Cosa pensa ci faranno con il CSS? Se dovessero usarlo come combustibile (il solo uso possibile) mi spiega che differenza ci sarebbe con un inceneritore? Inoltre con il progetto presentato dalla ditta verrebbe più che raddoppiato il consumo del pet-coke, lo scarto delle raffinerie e fino a qualche anno fa considerato rifiuto speciale, che probabilmente è peggio dei rifiuti e le emissioni di fumi dovrebbero passare dagli attuali 200.000 mc/h a 350.000 mc/h (dati SACCI). Se pensa che l’impianto del COSMARI emetteva 20.000 mc/h di fumi mi sembra più che legittima la preoccupazione dei cittadini alcuni dei quali ci hanno messo la faccia e si sono costituiti in un comitato. Preoccupazioni accolte anche dal TAR regionale che ha parzialmente annullato l’autorizzazione. O anche il TAR è formato da “…ambientalisti più o meno autentici”? Il vero problema l’ha colto quando dice della crisi finanziaria dell’azienda che tiene costantemente sotto ricatto i suoi dipendenti. Ora si possono dare le colpe al comitato come i dipendenti stanno già facendo, ma è la politica che ha fallito. Sia a livello locale, che regionale. E ricordi: ogni volta che si forma un comitato c’è il fallimento della politica.
brutta notizia….la nostra solidarieta’ ..
Da un rappresentante politico che fa parte del partito che ha appena stracciato lo statuto dei lavoratori e che sta per cambiare piu’ di 40 articoli della costituzione repubblicana in senso autoritario, con una maggioranza fasulla, ottenuta con un premio di maggioranza giudicato incostituzionale: mi sembra troppo!!! Per non parlare della riforma delle province, che non sono state affatto cancellate!!! É stato cancellato solo il diritto di eleggerle da parte di noi poveri sudditi in balia del prepotente di turno. Questo é il renzismo targato pd=berlusconismo al quadrato.
La scuola meglio non parlarne.
Presidi che si scelgono i professori e li valutano, soldi alle scuole paritarie!!!!!! Non avete piu’ titoli per parlare di lavoro!!!
Lasciateci sboccare sangue senza leggere ste stronzate.. grazie.
Un galantuomo.
Eppure la luce oramai era a meta’ tunnel, un 2015 di ripresa, i mercati che corrono grazie agli stranieri che investono, lo spread ai minimi, tutti felici e contenti. Grazie Governo per tutto questo. Grazie al Jobs act migliaia di nuovi posti di lavoro e lavoratori sempre con piu’ diritti. O NO?
Una curiosità ma Daniele Salvi ha mai lavorato?
Abbiamo perso due anni. Quando ci siamo accorti che il cementificio era pericoloso, avremmo dovuto prevedere questa crisi e cercare una soluzione diversa. Diceva Deming, autore della rivoluzione industriale giapponese, che quando si vede che un sistema non funziona, è inutile insistere, occorre farne uno nuovo. Nel nostro caso, difronte ad un cementificio che già trattava rifiuti e bruciava pet coke ed era in perdita, non era il caso di insistere e prevederne uno più grande e fargli trattare più rifiuti e fargli bruciare pù pet coke: occorreva prevedere una strada diversa. I politici, in previsione della crisi del cementificio, che stava arrivando, potevano mettere a punto un piano per una attività di riciclo dei rifiuti, prodotti nella nostra provincia, che avrebbe potuto riassorbire i lavoratori.
La proprietà del cementificio ha delle colpe gravi: un cementificio obsoleto deve essere ricostruito di nuovo con le tecnologie più moderne. Non si doveva prevedere di aumentare il fatturato ascoltando i politici che proponevano di bruciare rifiuti. Nella guerra tra i sostenitori dei termovalorizzatori e dei sostenitori dei cementifici inceneritori, c’è la possibilità che il CSS vada a finire nei termovalorizzatori e che i cementifici rimangano a secco. Senza considerare la tendenza al riciclo che toglierà plastica e gomma sia agli uni che agli altri.
I cementifici debbono lanciarsi nelle nuove tecniche che permettono di consumare di meno, in maniera molto rilevante: risparmiare utilizzando meno combustibile e non utilizzando combustibile a basso prezzo perchè pericoloso. Forse, invece di utilizzare il pet coke bruciandolo così tale e quale, si sarebbe potuto pensare a pretrattarlo eliminando gli inquinanti prima della combustione.
A questo punto direi di non insistere con l’incenerimento di rifiuti: troviamo occupazione in attività non nocive, facilitiamo il nascere di attività legate ad un territorio amico. Imprenditorii che siete fuggiti perchè il cementificio vi intimoriva, ritornate e date speranza di lavoro, perchè abbiamo bisogno di voi.
Beh vista l’inutilità delle politiche di Renzusconi prima o poi chiuderanno tutte le aziende. È impossibile fare impresa in Italia quindi chi può va altrove, il resto getta la spugna lasciando a casa migliaia di operai !!!
@yuripaoletti Come no… hai visto che articolo ha scritto? Se non è lavoro quello…..
Io penso che il caso SACCI sia identico a tutti gli altri casi di aziende costrette a chiudere per le troppe tasse che mafiosamente vengono imposte sia alle imprese che ai lavoratori. Quindi: Credo sia inutile che il sindacato proclami lo sciopero con le solite forme di protesta, quando credo che l’unica protesta valida sia quella di pretendere che vengano cacciati i ladri dalla politica e dalla pubblica amministrazione. Solo dopo: sia imprese che lavoratori potranno lavorare in santa pace e tutti avranno più soldi per far ripartire il mercato.