di Filippo Ciccarelli
C’è una perdita di bilancio quasi milionaria dietro alla crisi della Parima. Nei 60 minuti serviti per approvare il bilancio 2012,l’assemblea dei soci che si è tenuta lo scorso 12 luglio ha deliberato l’approvazione del documento con una perdita di 900.135,66 euro. Una perdita registrata nel conto economico relativo all’anno 2012: al 31 dicembre 2011, invece, la perdita dell’esercizio era stata di 27.695 euro. Nel verbale di assemblea è scritto anche che si conferisce “ampia delega all’Organo Amministrativo al fine di convocare un’assemblea per la messa in liquidazione della società e tutti gli adempimenti di legge ad essa connessi”.
“Hanno chiuso senza rispettare i lavoratori, la città e le leggi vigenti. Non si può fare la serrata, mettere un lucchetto e far finta di niente, senza una lettera di licenziamento, un avvio della procedura di mobilità e nemmeno il saldo degli arretrati che spettano ai dipendenti. Tutto questo è incostituzionale”. E’ un coro unanime quello dei sindacati Cgil e Cisl in merito alla vicenda Parima. Lo stabilimento di Macerata ha chiuso sabato scorso, anche se sul pane a marchio Bon Pan, “confezionato il 19 luglio 2013” c’è ancora scritto “Prodotto e confezionato a Macerata C.da Mozzavinci 1/B”. Proprio l’indirizzo dove, fino alla settimana scorsa, si produceva il pane della Parima.
Il sindaco Carancini, a cui lavoratori e parti sociali avevano chiesto di cercare un confronto con la proprietà, ha riferito quanto emerso dalle oltre due ore di colloquio con la proprietà dell’azienda. “Ho capito che è una situazione compromessa – dichiara Carancini – mi hanno detto che l’azienda è incapace di proseguire dal punto di vista finanziario ed economico. Ma non mi hanno spiegato il perché di quei cancelli chiusi in maniera così repentina, né ho visto spiragli per un’ipotesi che contemplasse la riapertura, anche alla luce di una riorganizzazione del personale. Inoltre mi hanno messo a conoscenza che nel bilancio c’è una perdita di centinaia di migliaia di euro relativa al conto economico del 2012“. Una perdita, come detto, di 900 mila euro. I sindacati non ci stanno ed annunciano battaglia: “Abbiamo già chiesto il pagamento di tutti gli arretrati – spiega Lidia Fabbri della Cisl – adesso la proprietà ha cinque giorni per rispondere”. E se la risposta dovesse essere picche? “In quel caso andremo avanti – dice Aldo Benfatto, Cgil – se non cessano l’attività e non avvieranno le procedure di mobilità avviseremo l’ispettorato del lavoro”. Si potrebbe prospettare, in questo caso, una vicenda analoga a quella della Mediterranea di Matelica. Ma è uno scenario che i lavoratori vorrebbero scongiurare, visti i tempi lunghi per recuperare quei soldi che non vedono da tempo.
Se la Parima non sembra destinata a riaprire né a impiegare in altre aziende del gruppo 21 professionalità che hanno anche decenni di esperienza nel campo della panificazione, i dubbi rimangono. I sindacati annunciano che la società avrebbe voluto poter usufruire della cassa integrazione, nonostante la mancanza di diversi requisiti per fare domanda (tra questi le numerose ore di ferie arretrate del personale). Ma la situazione è precipitata anche perché, nonostante la difficoltà economica, a metà marzo la proprietà avrebbe detto a sindacati e dipendenti che la Parima si sarebbe rilanciata attraverso nuovi mercati come quello tedesco. Invece, nemmeno un mese dopo, la domanda di concordato preventivo approvata dal Cda l’8 aprile e depositata alla cancelleria del tribunale di Macerata il 12 dello stesso mese. Nessun rilancio e nessun nuovo mercato, ma lucchetti e pane prodotto altrove. “Tutto questo ci ha distrutto materialmente e psicologicamente – dice Alberto Poloni, per anni impiegato alla Parima – se un anno fa ci avessero detto qual era la vera situazione, senza parlare di rilancio, avremmo anche potuto organizzarci noi dipendenti per prendere in mano l’azienda. Ma adesso, senza clienti e con la situazione economica che c’è, senza i soldi degli arretrati né della liquidazione, come potremmo fare?”.
(Foto di Lucrezia Benfatto)
L’etichetta dove viene scritto che il pane Bon Pan è prodotto e confezionato a Macerata (foto del 19 luglio)
Per poter lasciare o votare un commento devi essere registrato.
Effettua l'accesso oppure registrati
Fortuna che dicono che mancano panettieri e che gli italiani non vogliono più fare certi lavoro 🙂
Domanda di un cittadino sprovveduto: cosa e’ successo alla Parima per perdere 900 mila euro in un anno?
un abbraccio a tutti!
Io pensavo che facendo il pane si potesse guadagnare bene, con i prezzi alti che troviamo in giro rispetto alle materie prime utilizzate.
Come si può perdere quasi un milione di euro con un prodotto essenziale con un costo relativamente alto? Senza conoscere il caso mi vien da pensare a due possibilità: o ci sono problemi importanti legati a fattori esterni (importazioni dall’estero, costi non sostenibili per energia personale etc etc) oppure c’è un problema enorme di gestione.
Gli operai buttati fuori dalla Parima potevano fare una dimostrazione urlata davanti allo Sferisterio in occasione della prima del Nabucco, gradita ospite la Boldrini, Squinzi e vari ambasciatori, in modo da rimbalzare a livello nazionale e oltre e permettere alla “compagna” Boldrini di esternare una “lacrimuccia” anche per i nostri disperati dopo il mare di “lacrime” per i disperati che entrano in Italia dallo sfintere di Lampedusa.
io sarei felicissimo se potessero tutti tornare al proprio lavoro, ma dato che sono professionisti del pane, un prodotto migliore, mi chiedo, forse contribuirebbe ad un successo maggiore, sinceramente oltre al prezzo un pochina di qualità non guasterebbe credo
Ma prechè non vogliamo spiegare che la Ditta Parima dal momento dell’acquisto dalla vecchia Società, il Tribunale di Macerata non ha ancora terminato il lavoro di sistemazione? Si può investire su una società dove non sai ancora come andrà a finire? Qual’è l’entusiasmo dei due imprenditori? Dove uno è di Jesi? Chi ricorda la storia dell’industria CLAMI di Macerata? Oggi 3 VALLI e produce a Jesi? Una Città allergica alla produzione. Spostiamo la lotta verso il Palazzo di Giustizia i tempi sono passati anche per loro, 21 famiglie valgono più di una stressante burrocrazia. Ivano Tacconi capo gruppo Udc Comune di Macerata
Come si fa a dichiarare impunemente che il pane viene prodotto in uno stabilimento chiuso?
Non mi intendo di imprenditoria, politica, tattiche, leggi, avvocati, sindaci… ma credo che dietro tutta questa storia ci siano uomini che hanno investito
il loro tempo e la loro vita dando stipendi e dignità ai lavoratori. Anni di duro lavoro di imprenditori che investono sulla loro pelle, in prima persona senza certezza alcuna. Che lavorano h24.
Siamo davvero sicuri di poter giudicare e condannare questi imprenditori? Che ne sappiamo del loro percorso?
Fa sempre piu’ rumore un albero che cade piuttosto che mille che respirano.
E’ andata male. Credo che sia una sconfitta per tutti coloro che ci hanno creduto anche e soprattutto per gli imprenditori stessi che, non dimentichiamoci, sono persone.
Le istituzioni, i sindaci, il governo, sindacati nessuno aiuta chi lavora sodo per creare e mandare avanti una impresa. Nessuno.
Magari sbaglio ma alla fine della fiera non ci sono nè vincitori nè vinti.
Solo persone. Tutte vittime dello stesso sistema.