La Parima e quelle risposte a 21 famiglie
che nessuno vuole dare

MACERATA - Dipendenti a casa senza nemmeno una lettera di licenziamento. I sindacati: "E' peggio che alla Best, lì almeno avevano pagato gli arretrati". I vertici societari prima si negano, poi rispondono al sindaco Carancini: ci sarà l'incontro nelle prossime ore. Rimangono aperte le questioni sul perché lo stabilimento sia stato chiuso di punto in bianco

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Romano Carancini, sindaco di Macerata

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Il consigliere Ivano Tacconi (Udc) e la sindacalista Lidia Fabbri (Cisl) prima di entrare nella sala consiliare, insieme ai dipendenti della Parima

di Filippo Ciccarelli

(Foto di Lucrezia Benfatto)

E’ durato oltre un’ora l’incontro a porte chiuse tra i dipendenti della Parima, la rappresentanza sindacale di Cgil e Cisl e Romano Carancini, sindaco di Macerata. Il primo cittadino ha ascoltato nella sala consiliare la voce dei diretti interessati sulla situazione in cui versa un’azienda storica della città, ed ha cercato di contattare i vertici dell’azienda. Senza riuscirvi, peraltro, perché né Giacomo Bonifazi, amministratore unico della Parima, né qualcuno della Gastreghini srl che è l’altro socio dell’azienda hanno risposto al telefono. “Forse riusciamo a sentirci nel pomeriggio” ha commentato il sindaco, evidentemente basito per la gestione di una vicenda che rischia di lasciare in mezzo ad una strada 21 famiglie, che aspettano ancora tre mensilità di stipendi arretrati, oltre alla tredicesima, quattordicesima, ferie e trattamento di fine rapporto. “Non ho competenze né poteri specifici in materia – ha dichiarato Carancini – ma mi impegno a incontrare la proprietà. E’ di una gravità inaccettabile chiudere lo stabilimento così, senza preavviso. E’ un vero e proprio sfregio ai lavoratori. Tra l’altro non sono state neppure messe in atto quelle misure, come la mobilità, per alleviare una situazione di disagio. Sono comunque certo che i soci e l’amministratore si dimostreranno responsabili e parteciperanno ad un tavolo, per cui io mi metto fin da subito a disposizione”. E nel pomeriggio la fatidica telefonata è arrivata. Nelle prossime ore Giacomo Bonifazi e i rappresentanti della Gastreghini srl incontreranno il primo cittadino di Macerata.

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I dipendenti della Parima nell’aula del Consiglio comunale

La mancanza al ricorso agli ammortizzatori sociali rimane comunque un rebus, per un’azienda che ad aprile ha chiesto il concordato in bianco – ma poi non ha dato seguito alla sua stessa domanda- e che non ha richiesto nemmeno un’ora di cassa integrazione.
“Quello accaduta alla Parima è peggio anche di quanto successo alla Best: lì chiusero allo stesso modo dalla sera alla mattina, ma almeno avevano pagato le pendenze – dichiara il segretario provinciale della Cgil, Aldo Benfatto – siamo pronti anche ad azioni straordinarie per garantire il salario ai lavoratori e tutelare la loro dignità. Sono convinto che ci lavorassero da tempo a questa situazione. Guarda caso le assicurazioni dei camion della Parima sono scadute sabato, ultimo giorno di lavoro, e non sono state rinnovate. Non è stata fatta richiesta di ammortizzatori sociali. E’ stato chiuso tutto senza una lettera formale di licenziamento, in barba alle leggi vigenti. Non è possibile comportarsi così”.
Niente lettere, niente spiegazioni. Eppure il pane si continua a vendere e lunedì è stato regolarmente distribuito dalla Sole e Bontà, azienda del gruppo di cui fanno parte anche la Gastreghini srl e la Parima. Quel pane è stato prodotto da qualche forno: da chi? Se lo chiedono i dipendenti e i sindacalisti. “Sappiamo che la produzione è stata esternalizzata – dice Lidia Fabbri della Cisl – e una cosa così non la organizzi nel giro di una nottata.

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Alberto Poloni, dipendente Parima

Quando alla proprietà abbiamo chiesto lunedì se il pane fosse stato regolarmente distribuito ai clienti, ci hanno detto di sì. Sul perché della chiusura invece sono stati molto vaghi. Ci hanno detto che non sono più in condizione di tenere aperto, ma non abbiamo visto né bilanci né documenti che potessero darci un’idea della reale situazione della Parima. Dopo aver fatto scadere il concordato sono tornati in bonis e, ci hanno detto, le banche gli hanno subito tolto gli affidamenti. Dunque non possono più nemmeno fare un assegno”. Uno dei dipendenti della Parima, Alberto Poloni, ha le idee chiare su come si è arrivati a questa situazione paradossale, in cui l’azienda chiude di domenica e non riapre più. “All’inizio ci avevano chiesto di fare sforzi, sarebbero serviti per portare la Parima di nuovo in alto – spiega Poloni – invece in un primo momento i prodotti che facevamo solo a Macerata hanno cominciato a farli anche a Jesi. Quindi producevamo la metà di quello che facevamo prima. Poi via via i nostri clienti si sono ridotti quando si sono inserite le altre aziende. Ora siamo arrivati al paradosso che la Gastreghini non può produrre quanto sarebbe nelle capacità della Parima, ed ha esternalizzato la produzione ad altri panifici”
Ventuno lavoratori stanno aspettando risposte. Vogliono sapere che fine faranno i soldi che devono ancora percepire, e che ne sarà del loro futuro. Ma anche perché un’azienda storica e dalla grande capacità produttiva, che ha deciso di chiudere senza battere ciglio dall’oggi al domani, abbia continuato a fare il pane altrove senza dare un minimo di motivazione ai diretti interessati.


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