di Maurizio Verdenelli
Qualche nome? Eugenio Niccolai, Mario Tarli, Achille Barilatti, Mario Morbiducci (medaglie d’oro al Valor militare, gli ultimi due partigiani). Tanti i caduti, ufficiali e soldati, nella seconda guerra mondiale: Emilio Bertarelli, Manlio Cingolani, Enrico Cipolletti, Fernando Fedeli, Concetto Focaccetti, Enea Foltrani, Fred Listrani, Pacifico Masseroni, Tonino Melchiorre. Nel campo della musica il compositore Lino Liviabella, i cantanti lirici Sesto Bruscantini e Walter Monachesi.
Altri nomi? Cesare Jonni, arbitro internazionale e Premio Mauro; Giuseppe Brizi, l’unico maceratese campione d’Italia nel calcio. Inoltre: Cartoni, Pesciaioli, Agliati, Trillini Tombesi, protagonisti di tanti trionfi con la Robur, vivaio naturale per la Maceratese pervenuta in quegli anni in serie B. Nel 1907 era stata benedetta la bandiera della società di calcio, ricamata dalle contesse Luisa ed Amalia Tomassini Barbarossa, padrino il marchese Delio Ciccolini. Altri giocatori, negli anni, vestirono in biancorosso provenienti dagli oratori salesiani: Milli da Pola, Traù da Ancona, Morlupi e Valli da Tolentino mentre gli ex roburini Compagnucci ed Angeletti giocarono con Bari e Siena. E in teatro, che per decenni sostituì il restaurando ‘Lauro Rossi’, a calcare il palcoscenico furono: Angelo Perugini, Franco Graziosi, Silvio Spaccesi ed Ugo Giannangeli.
Un elenco infinito, anche e sopratutto di uomini politici non solo maceratesi, che concludiamo citando due nomi su tutti, dal mondo della Cultura e dell’Istruzione: Stanislao Tamburri e Dante Cecchi. Che, docente universitario, scrittore e pure presidente della Cassa di Risparmio, ricordava così la sua formazione giovanile: “Nell’anno scolastico 1931-32 diventai collegiale. Non collegiale vero e proprio, ma semiconvittore: cioè entravo alle sette del mattino e tornavo a casa per l’ora di cena. Cinque anni di ginnasio, fino al 1936: direttori, don Marcoaldi, che poi sarebbe salito alle più alte cariche della congregazione salesiana e don Sara; professori, don Baracca, don Matassa, don Lobina, don Vaccarono, don Scheller ed altri ancora; una classe di bravi compagni, tra i quali il futuro Ministro Remo Gaspari, il sottosegretario De Meo e il Presidente della regione Abruzzo Spadaccini ed altri meno noti ma non meno bravi…”. “…giornate buone e meno buone come quando non riuscii ad imparare a memoria ‘Addio monti…’ o peggio ancora, quando in seconda ginnasiale, istigato da qualche diavoletto, riuscii a sottrarre al professore di storia e geografia il registro e lo costellai di bei voti per i miei compagni (dopo un votaccio in condotta, fui perdonato, forse perché il collegio dei professori vide in quell’atto un segno della mia vocazione di professore”)…”.
Una grande famiglia di grandi nomi legati insieme da un’associazione, l’Unione degli ex allievi, che ebbe nell’ avv. Ferdinando Ciaffi (padre dell’onorevole Adriano) un protagonista assoluto. Eletto nel 1931, il professionista maceratese “ricoprirà l’incarico per molti anni, fino al secondo dopoguerra, con passione ‘salesiana’ per entusiasmo e zelo organizzativo” . L’avv. Ferdinando Ciaffi lascerà nel 1958. “Dimissioni irrevocabili per ragioni professionali, familiari e di …anzianità, accolte con dispiacere da tutti gli ex allievi” annotò Stanislao Tamburri. Nomi che hanno fatto la storia contemporanea (non solo) di Macerata. Inutile ogni sottolineatura. Nomi che appartengono a quella parte di ‘anima’ della città come ha sottolineato il sindaco Romano Carancini e che appartengono pure ad “Una fetta di vita bella (don Ennio Pastorboni e l’Oratorio salesiano di Macerata negli anni 40)”, il titolo di un volumetto di Franco Brinati, già capo ufficio stampa della Regione Marche. Nomi che fanno parte anche della storia dell’Opera Salesiana di Macerata, fondata da don Michele Rua, primo successore di san Giovanni Bosco.
Un’Opera privata del suo hardcore: la Scuola. Che ‘partì’ con quattordici allievi soltanto! Nella pubblicazione stampata nel 1990, per i cento anni dell’Opera salesiana maceratese, il curatore Tamburri ha scritto: “Accanto ai corsi artigianali di sartoria e calzoleria, fin dall’anno di apertura della Casa salesiana, nel 1890-91 iniziò l’attività scolastica. Funzionavano una classe di Quarta elementare ed una di prima Ginnasiale: 14 alunni complessivamente. L’anno dopo erano già saliti a 70 e frequentavano le classi 3., 4., 5. Elementare e 1. e 2. Ginnasiale: in 2. Ginnasiale c’erano naturalmente i pochi che avevano frequentato la prima dell’anno precedente, mentre in 1. erano iscritti già 25 alunni. Il Ginnasio si completò negli anni subito successivi, con studenti che provenivano dalle province di Macerata e di Ascoli Piceno ed anche da regioni del Sud (Calabria e dal Salento); in particolare dalle province di Foggia, Chieti, Teramo, Campobasso. A tale proposito, don Alberto Ciurciola, preside dei Licei, ricordava che il gen. Morena di Recanati, gli dichiarava che al tempo in cui egli frequentava la Scuola truppe Corazzate di Caserta, il comandante, gen.Carli poneva a punto d’onore l’aver frequentato il Ginnasio Salesiano di Macerata, del quale faceva grandi elogi”.
“L’Oratorio resterà senz’altro”, hanno promesso dalla Circoscrizione Salesiana dell’Italia Centrale dopo il taglio della scuola. E’ la speranza di tutti perché anche quello è un altro, piccolo grande ‘pezzo di cuore’ di Macerata. Tanti direttori alla guida dell’Oratorio. Che prima ancora di don Ennio Borgogna, prendevano per mano i ragazzi ‘di strada’ del quartiere popolare intorno all’Istituto, le Casette, in anni appena usciti dalle rovine della guerra e ne facevano uomini. Su tutti un un prete giovane, un gigante tenero, vigoroso e sempre sorridente, che aveva abbracciato il servizio verso gli altri e sorella Povertà, lasciando alle spalle una famiglia nobile e ricca: don Ennio Pastorboni, da Terni.
Il leggendario ‘Donè’ cui il volumetto, sopra citato, di Brinati è dedicato. Generazioni di ‘casettari’ l’hanno avuto come un secondo padre, un fratello maggiore, una guida sicura nella formazione, nelle accanite partite di calcio e d’estate nelle lunghe passeggiate fino al Chienti per un bagno in acque ancora limpide con …salvataggi effettuati dallo stesso ‘Donè’. Scrive Brinati: “nel collegio tutto era organizzato, nell’Oratorio si improvvisava”. E tra gli ‘improvvisatori’ c’era appunto don Ennio “animatore a caccia di anime”. Che quando Mario Appelius alla radio esplodeva nei suoi fatidici anatemi: “Dio stramaledica gli inglesi” commentava “Dio non maledice nessuno!”. Quando, il 3 aprile 1944, aerei alleati bombardarono Macerata e dopo 14 ore fu estratto gravemente ferito dalle macerie il quindicenne Gino Tamburrini fu proprio don Pastorboni a soccorrerlo, tenendolo per mano, parlandogli. Un lungo dialogo pieno di tenerezza (trascritto dal sacerdote) che sembra tratto dal libro ‘Cuore’, con il ragazzino consapevole della fine della madre, vicino a lui. Morta con tanti altri sotto le bombe e le macerie. Gino “morì santamente verso la mezzanotte del giorno seguente del giorno seguente, dopo aver chiesto e ricevuto col mio mezzo, con mirabile serenità, i Santi Sacramenti”.
‘Donè’ restò sempre nel cuore di quella Macerata popolare nata e cresciuta all’ombra dell’Istituto don Bosco, nel cuore di quel gruppo perfettamente coeso dove non si faceva differenza tra i tantissimi poveri e i pochissimi ricchi. Tanto che decenni dopo, uno di quegli ex oratoriani, il popolare Pietro ‘Briscoletta’ Baldoni (‘immortalato’ nell’affresco che in chiesa indica Don Bosco e i suoi ragazzi) poteva frustrare ogni volta i tentativi di pagargli il caffè al bar da parte dell’ex compagno, Gerolamo Colonna: “Momo, con i tuoi miliardi, puoi farti gli impacchi!”. Era la consueta, ironica, pittoresca allocuzione di ‘Briscoletta’ prima di passare lui alla cassa! Donè tornò a Macerata nel 1991 per il centenario dell’Istituto festeggiatissimo dai suoi ex allievi capeggiati da Spaccesi e Brinati. Una giornata indimenticabile dove tutti tornarono ad essere i ragazzi di un tempo intorno al loro ‘prete’. “Che tesori” commentò con tenerezza Donè quando gli regalarono un orologio d’oro, frutto di una ‘pesante’ colletta. Qualche tempo dopo, Pietro accompagnato da scrive andò a trovare il suo antico ed amatissimo istitutore, all’Istituto salesiano di Perugia. Un abbraccio, ma poi il dispiacere di scoprire…”Donè: l’orologio…? perchè non lo porti più al polso?”. L’ho regalato ai poveri…”Era il nostro regalo, il nostro ricordo…?” si dispiacque l’ex allievo. Quello lo porto sempre nel cuore… rispose don Pastorboni.
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Gino Tamburrini era il fratello di mio nonno Alberto.
Mio nonno rimase solo dopo i bombardamenti, orfano di madre e senza più il fratello, vide morire suo padre e sua sorella di TBC circa due anni dopo.
Quando ero piccolo ero solito andare in casa di mio nonno a rovistare tra le vecchie foto e proprio lì trovai la conversazione scritta tra mio zio Gino e Don Ennio Pastorboni. Una lettera commovente che non faceva altro che farmi venire le lacrime agli occhi…
Non scorderò mai quando mio nonno prendeva in mano quel foglio di carta usurata e me lo leggeva a voce alta. Era così fiero della dignità di suo fratello che diede il suo nome a mio padre.
Tempi duri ma pieni di amore e sacrifici. Come dimenticare quei momenti in cui mi raccontava tutti i suoi sforzi del periodo del dopoguerra. Dopo il bombardamento perse laboratorio e casa e fu proprio l’oratorio la sua nuova casa.
Un modello di vita mio nonno! E tutto grazie ai Salesiani e Don Ennio Pastorboni. Mi raccontò dei punti raccolti durante l’anno in oratorio e di un regalo natalizio: degli sci di legno. Li provò insieme ai suoi amici lungo la discesa dei salesiani fino a cadere rovinosamente.
Chiunque fosse interessato a quella lettera faccia un fischio! 😉
Un bellissimo articolo, caro Maurizio. Grazie di cuore da uno dei penultimi ex-allievi salesiani (ero in classe, tra gli altri, con Roberto Acquaroli, docente all’Università di Macerata e noto esponente politico). Credo che altrettanti ex-allievi ricorderanno, oltre a Don Ciurciola, anche Don Emilio Schincariol (che aveva fatto scuola a Enzo Bearzot e in classe ce lo ricordava con una punta di dolce orgoglio), Don Giulio Nicolini (l’appassionato cultore di cinema che dopo la scuola organizzava il cineforum), Don Giovanni Carnevale (l’intuitore di Aquisgrana in Val di Chienti – e ha ragione lui…), l’instancabile e vivacissimo Don Gino Damiani, il “gigante buono” Don Luigi Cazzola, l’infermiere (che somigliava a Stanlio e ci curava tutti sempre e solamente con l’aspirina) e”la Filippa”, dedito ai polli sullo stradino che porta al campo inferiore di calcio…
Grazie ancora, Maurizio. Fa sempre bene al cuore, ricordare.
Mi ritrovo con le lacrime agli occhi nel leggere i commenti del sig. Tamburrini che ringrazio per quello che ha scritto e del sig. Davoli. Ho conosciuto e vissuto degli anni con le coccole di don Ennio Pastorboni un grandissimo prete ed un grandissimo Salesiano prima che venisse trasferito in quel di Porto Recanati. Ricordo che per me erano gli anni delle medie e facevo fatica ad integrarmi in un contesto a me tutto nuovo, ma lui mi aiutò molto, era un gigante buono.Nel tempo poi come professori ho avuto anche i vari don Nicolini, don Ciurciola, don Schinca, don Prislac, che facevamo dannare con le nostre marachelle.Se quelle mura potessero parlare ne avrebbero di cose da dire.
Nel mio cuore è vivissimo il ricordo di quei salesiani che mi hanno accolto nella loro scuola e mi hanno insegnato ad essere l’insegnante che sono.Mi hanno insegnato che si può esser liberi ,capaci di essere flessibili anche rimanendo nelle regole.Mi hanno insegnato l’allegria di avere fiducia ed essere propositivi ed ottimisti anche quando tutto ci spingerebbe a pensare ad una resa.Mi hanno insegnato che si può e si deve sempre imparare da tutti,che un buon maestro è anche allievo e capace di ascoltare. Le conversazioni con Don Cossu,con Don Gino Damiani,con Don Carnevale,surreale personaggio metereopatico e di una cultura impressionante!.Come non ricordare Don Carlo,burbero e serissimo nella talare d’altri tempi,che sapeva scrivere pensieri di una dolcezza e sensibilità che scoprivano una cuore grande ed un animo tenero ,dietro la scorza dura , severa e austera .Conservo il biglietto che mi mandò quando ho avuto il mio secondo figlio.La sua tenerezza ,la cura ,l’affetto e la stima che mi dimostrò sono un piccolo focolare che tengo nel mio cuore per i momenti bui,quelli in cui non mi ricodo più di me.Ma quelle parole sono scritte,nero su bianco e dimostrano ciò di cui questi grandi uomini erano fatti:quanto hanno dato nel formare coscienze libere e capaci di autodeterminarsi e quanto affetto e dedizione hanno mostrato verso quei giovani che crescevano nel loro istituto.E Don Gino Damiani,che mi assolveva sempre anche quando gli dicevo che non riuscivo ad andare in chiesa ed a pregare.”La messa non mi dice niente: è come se fossi un sordo che ascolta la musica,non sento niente,anche se mi impegno”.E lui con lo sguardo paterno e sornione.”Prega quando ti senti,anche quando fai i lavori di casa,quando passeggi,quando fai la spesa,prega quando aiuti chi ne ha bisogno.” Era il suo modo per accogliermi e cercare di capirmi e spingermi a riflettere,con la galanteria , la forza e la serenitàdi un piccolo grande uomo.
Eliana Leoni Marcelletti
Grazie a Verdenelli per questo stupendo articolo, tanti nomi noti o meno tra cui mio zio Lepanto Pesciaioli (fratello di mio padre) ex giocatore della grande Maceratese che sfiorò la serie B, ed ex allievo così come lo sono stato io tanti anni dopo di lui. Eppoi leggere il nome di Don Ennio Pastorboni amico di famiglia dei tempi che furono e che ora ci guarda e ci protegge sicuramente dall’alto, nato nella stessa Terni dove nacque mio padre. QUANTI RICORDI!
Per tutti coloro che non fanno che polemizzare su questa scuola…vedete i valori che rimangono agli ex allievi?! Grazie per i vostri commenti…