
Don Felice Molino con Don Ennio Borgogna
Pubblichiamo di seguito la bellissima lettera di don Felice Molino, il direttore dell’opera don Bosco Parish di Makuyu (Kenya), che ha inviato ai ragazzi maceratesi che nel corso degli anni hanno partecipato alle missioni africane assieme a Don Ennio Borgogna, di cui stamattina si sono celebrati i funerali (leggi l’articolo).
***
di Don Felice Molino
Miei carissimi Amici di Macerata,
Domenica mattina mi ha chiamato in Skype, dall’Inghilterra, Riccardo Tamburrini per annunciarmi l’improvvisa scomparsa di Don Ennio.
Lui piangeva ed io mi sono sentito privato improvvisamente di una presenza per me tanto importante.
Ho istintivamente pensato a voi e mi sono reso conto che il mio senso di smarimento era solo una piccola parte del vostro, di voi che siete vissuti all’ombra di questo albero gigantesco.
Poi Alessandra ed altri mi hanno comunicato la triste notizia e si sono uniti a me in questo momento di sofferenza e di gioia insieme.
Voglio condividere con voi i miei ricordi, perché diventino una ulteriore testimonianza dell’affetto che don Ennio ci ha donato e di quello che abbiamo cercato di donargli.
Alcune cose ve le avevo forse già dette, ma le riscrivo qui, perché mi fa bene ricordare…
Penso che la prima volta che sono venuto in contatto con Ennio fu verso la fine dell 1999, se non vado errato.
Mi scrisse che voleva venire con un gruppo di giovani, una ventina o più durante l’estate 2000.
Eravamo soliti ricevere ogni anno gruppi di giovani volontari del Vis, non più di 10, ma il contatto era sempre appunto tramite gli organismi ufficiali del Vis.
La cosa mi parve un pò strana e fuori proporzione… il numero troppo alto.
Lasciai la lettera in attesa.

Don Ennio Borgogna con i bambini africani
Dopo qualche giorno ricevetti una telefonata. Era Don Ennio di nuovo che mi chiedeva se i giovani potevano venire.
Gli risposi che non sapevo se saremmo stati capaci di accogliere un numero così grande, ma dentro avevo anche tanta perplessità: Chi è questo Don Ennio? E che tipo di giovani mi porta giù”.
Lui però si accalorava al telefono e, poiché tentennavo, ad un certo punto, quasi alzando la voce mi disse: “Ma guarda che i miei giovani sono bravissimi. Vedrai che ti troverai contento!”.
Abbozzai un si, timoroso di essermi sporto troppo.
In giugno 2000 ero in Italia. Venne con alcuni giovani per un giorno al Santuatio di Maria Ausiliatrice, a Torino, in pellegrinaggio e là ci incontrammo.
Con vergogna, devo ammettere che la prima impressione fu un po’ deludente.
Quel piccoletto ogni tanto si inceppava nelle parole e poi era un prete di età… Cosa poteva fare come animatore di giovani in Kenya, senza una parola di inglese?
La cosa che però mi convinse ancora una volta a ripetere il “si” fu il fatto che quando parlava i suoi giovani lo stavano tutti ad ascoltare con grande attenzione.
Ecco, mi parve che quel “I suoi giovani” non era un possessivo, ma una mutua corrente di affetto, simpatia, dedizione, collaborazione.
A Makuyu, due mesi dopo, ne avevo la conferma. Per i suoi giovani lui viveva e seppe vivere anche per i nostri di Makuyu.
Come dimenticare quelle sere in cui si radunava con i “suoi” giovani a verificare la giornata trascorsa ed a programmare il giorno dopo.
Lui era l’anima, ma se ne stava parecchio in silenzio. Lasciava che parlassero i suoi giovani, che si esprimessero con libertà, che fossero loro ad organizzare.
Ad una Messa celebrata a Macerata, ebbi a dire, e lo dissi con convinzione: “Qui vedo due Don Bosco”. Sul lato sinistro c’era la statua di Don Bosco ed a destra avevo Don Ennio.
Aveva un libricino su cui annotava le parole Kikuyu e poi le usava con i ragazzi, suscitando grande ilarità.
Mi ricordo quando tornava nel tardo pomeriggio dal villaggio di Doromo, dove era andato con i suo giovani per il campo estivo. La sua camicia portava tutte le impronte digitali delle mani dei bambini.
Lui doveva essere stanco morto, ma non lo dava a vedere.
Si lavava le mani e poi in cucina a pelare patate.
Solo quando tutto era pronto per la cena se ne andava a fare la doccia e poi, di nuovo con i suoi giovani per la preghiera, prima della cena.
Dopo cena un 75nne avrebbe piacere di sedersi in poltrona davanti al televisore ed aspettare che arrivi il sonno, ma lui era di nuovo con i giovani spesso per un “ritiro” notturno in cui i suoi giovani, pila in testa, si ritiravano ad uno ad uno in silenzio in un angolo buio a riflettere, a pregare a scrivere…
Solo lui poteva ottenere, da giovani così esuberanti, quei momenti di alta riflessione e preghiera.
Quando parlava a loro in cappellina, metteva sull’altare una piccola statuetta della Madonna e pareva voler dire ai suoi giovani che quello che lui diceva, veniva proprio dalla “Madonnina”.
Quando i suoi giovani facevano i clown, dando un avvio gioioso alla giornata dei nostri ragazzi, lui era sempre il “clown” più atteso e sapeva suscitare ilarità e gioia in tutti. Un vero Don Bosco!

Nell video-ricordo dei ragazzi dei Salesiani di Macerata ci sono diverse immagini di Don Ennio assieme a Don Felice
Spesso mi mandava messaggi o parlavamo in Skype. Era aggiornatissimo. Usava skype e facebook con la scioltezza di un ventenne.
Aveva voglia di aiutarmi e penso che avesse voglia di aiutare il mondo.
Aveva un cuore talmente grande!
Mi parlava spesso di povertà e dei poveri. Della povertà in Congregazione … avrebbe voluto vederla più “visibile” in tutti noi. Lui ne era era davvero un esempio visibile.
Quando era a Makuyu gli chiedevo di mandare a lavare la biancheria sporca, ma lui mi rispondeva che era uno scout e che uno scout sa arraggiarsi.
Il Signore sa quanto mi costi non essere lì con voi a dare l’ultimo saluto ai suoi resti mortali. So però che posso essere lì con voi e lui può essere qui con me.
Quello che ciascuno di noi ha nel cuore, lui lo vede.
Ho parlato poco fa con Sr. Cecilia in Tanzania. Piangeva. “Nessuno come lui ha preso così tanto a cuore la nostra Missione. Che faccio adesso senza di lui?”.
Poi si è ripresa: “So che adesso farà per noi tutto quello che avrebbe voluto fare e che non ha potuto, perché su questa terra i limiti sono tanti…”.
Penso che ci abbia azzeccato.
Stiamo salutando un Santo che dal Paradiso continuerà il lavoro lasciato in terrà con la capacità che gli verrà dalla costante convivenza con Dio.
Sono certo che presto uscirà un libro su di lui, perché una vita così non può passare inosservata.
A voi, “suoi giovani” esprimo tutta la mia vicinanza così come al fratello, a Simone ed a quanti, come me, si sentono un po’ orfani.
“La mia vita la devo a voi ed ho giurato al Signore che fino l’ultimo mio respiro sarebbe stato per voi”.
Sono le parole di Don Bosco, ma possiamo applicarle tanto bene a Don Ennio.
“Quanto mi ha voluto bene!”, dicevano i giovani parlando di Don Bosco alla sua morte.

Don Felice e don Ennio in Africa
“Quanto mi ha voluto bene!”, possiamo dire noi oggi, parlando di Don Ennio.
Se n’è andato senza disturbare, con volo diretto per il Paradiso.
San Filippo Neri ebbe a dire più volte che alle agiatezze ed agli onori preferiva il Paradiso.
E’ stato così anche per Don Ennio, l’Oratorio, gli Scout, i suoi giovani se lo sono mangiato e lui s’è lascaito mangiare… a tutto ha rinunciato per loro, perché … ha preferito il Paradiso!
Tra le lacrime sappiamo di poter far festa, perché lui, come don Bosco, ci aspetta tutti in Paradiso.
A voi ed a tutti coloro che con me condividono l’affetto e la devozione per Sant’ Ennio, un grandissimo abbraccio.
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