L’associazione Il Madiere
«L’area portuale ha senza dubbio la necessità di essere riqualificata, razionalizzata e messa in sicurezza» e per farlo «è necessario che Civitanova resti protagonista del suo sviluppo: chiediamo alla politica di assumersi la responsabilità di redigere il piano particolareggiato dell’area portuale senza ricorrere a progetti calati dall’alto o a discutibili procedure di gestione delle concessioni demaniali che renderebbero impossibile quel consenso largo più volte auspicato». A dirlo attraverso una nota è l’associazione Il Madiere di Civitanova dopo il direttivo in cui è stata presa una posizione sul progetto per il porto di Civitanova. Il presidente Gianni Santori era già intervenuto subito dopo la diffusione dei rendering (leggi l’articolo).
Uno dei rendering del progetto
«Il porto rappresenta un po’ l’anima della città; un’anima sociale e solidale – dice l’associazione -. Non a caso i principali attori del porto, pescatori e diportisti, sono presenti con quattro cooperative i primi e con sette associazioni sportive i secondi. Il diporto civitanovese è nato circa 40 anni fa occupando un’area residuale e insicura di un porto nato in modo sbagliato e rimasto un’opera incompiuta, con la parte più importante di esso, l’imboccatura, completamente esposta a nord est. Attraverso l’investimento fatto esclusivamente dai soci e spesso anche dal loro lavoro, è cresciuta una realtà sportiva, ricreativa, culturale ed educativa rilevante, che oggi conta 620 soci e 500 posti barca. Accomunate dalla passione per il mare sui nostri pontili si sono formate generazioni di giovani che hanno dato lustro alla nostra città. Il diporto nautico civitanovese è una risorsa importante anche per il turismo ed il commercio cittadino; non è certamente un caso che ormai da qualche anno il luogo scelto dal Comune per l’apertura della stagione estiva civitanovese sia il porto ed in particolare i nostri pontili. Di tutto ciò non vi è traccia nel progetto Eurobilding ed è questa la critica principale del Madiere. Il progetto, concepito senza alcun confronto con coloro che avrebbero dovuto esserne i destinatari, è totalmente inadeguato alla nostra realtà e va profondamente modificato. Tuttavia non è solo questa la ragione della nostra critica.
Dalle tavole che abbiamo potuto vedere i posti barca sarebbero in totale 498, lo stesso numero dei posti attuali, tutti in gestione al privato; questo significa che molti dei nostri soci non avrebbero più un posto barca e quelli che potranno permettersene uno lo avranno in un contesto molto diverso, forse più scintillante ma privo dell’umanità che oggi anima le nostre banchine e che rende Civitanova unica nel suo genere. Il porto di Civitanova non può essere ceduto in regime di monopolio al privato ma, come previsto dal Piano Regolatore, al privato va riservata la nuova darsena per portare i 500 posti attuali ai 1000 previsti dal Piano Regionale dei porti marchigiani. Si è fatto riferimento a Barcellona, a Port Vell, ma basta andare su Wikipedia per apprendere che “Fu costruito come parte di un programma di rinnovamento urbano prima delle Olimpiadi di Barcellona del 1992 recuperando un’area in rovina coperta da magazzini vuoti, cantieri ferroviari e fabbriche in disuso”. Il porto di Civitanova non è un’area in rovina ma è un luogo in piena attività, con una domanda molto forte di posti barca e di attività legate alla nautica. Il degrado a cui ha fatto riferimento il progettista Viola non è causato dal disinteresse di chi ci opera; da tempo il diporto e la cantieristica chiedono la possibilità di investire nell’ammodernamento delle strutture ma l’insicurezza del porto e la mancanza di un piano particolareggiato sono un freno insuperabile che solo la politica può superare senza abdicare al suo ruolo affidando al privato le scelte necessarie. Da parte nostra intendiamo contribuire al dibattito in corso confrontando le nostre proposte con i diversi attori politici e sociali civitanovesi in appositi incontri da effettuarsi a partire dalle prossime settimane».
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