Casali di Ussita, in tanti tornano con la riapertura temporanea della strada
di Federica Nardi
«Questi giorni che possiamo tornare ci sentiamo veramente bene, rinati. Perché questo paese non si può abbandonare. Vorremmo rivedere questo paesino ripopolato perché venivano tante, tante persone». Daniela Mena ha 64 anni e le lacrime agli occhi mentre si affaccia dalla porta del suo camper piazzato nel parcheggio di Casali di Ussita.
Daniela Mena e Arnaldo Pierdomenico
E’ qui insieme al marito Arnaldo Pierdomenico, per tutti “Nando”, casalotto doc di 73 anni che nonostante il trasferimento a Roma non ha mai rinunciato a tornare al paese per oltre 40 anni, almeno finché il terremoto non ha reso strada e borgo zona rossa. Ma adesso con la riapertura temporanea della strada, casalotti e appassionati di montagna arrivano a frotte per godersi una delle viste più spettacolari del Monte Bove, mangiare all’ombra di un albero o esplorare il sentiero che conduce verso la val di Panico.
«Sono nato qui – racconta Pierdomenico -, ieri ho saputo che riaprivano la strada. Sono arrivato per primo con il camper e qui sono venute 100 macchine ieri. Tutti a domandare: come mai qui non è aperto?», dice indicando una struttura in legno che dovrà ospitare, probabilmente dall’anno prossimo, il rifugio Casali dopo la delocalizzazione inseguito al sisma. «Perché non c’è nemmeno l’acqua? Abbiamo aperto lì un rubinetto del campo delle bocce per averne un po’».
Per Pierdomenico, come per molti altri, la lontananza da Casali è stata dura. «Sono tornato pure un mese fa non mi hanno fatto passare, nemmeno a piedi. Poi adesso aspettavo tutti i giorni fino a che riaprivano la strada. Vogliamo tornare qui. Io abito a Roma. Sono 47 anni che ho ristrutturato la casa di mia madre, ci sono sempre venuto. I miei figli sono cresciuti qui. Quando è successo il primo terremoto il 24 agosto del 2016 mio figlio stava qui. E’ scappato perché era già brutta la situazione. Dopo è venuto quello di ottobre e non si è potuto venire più: zona rossa. Però noi abbiamo la speranza, e lo dico alle istituzioni, almeno che apra questo rifugio e di dare la possibilità agli alpini che volevano fare una piccola struttura anche per dormire. Per non abbandonare questo paese. Sennò che senso ha spendere tutti questi soldi per la strada e poi non potere venire a dormire qui? Qui alle 20 me ne devo andare, prendo il camper e torno giù stasera».
Al centro Rita Bianconi
Il ritorno qui è per tutti dolce amaro. Primo, perché a scadenza (la riapertura della strada sarà ritrattata dal 15 settembre, a seconda dell’andamento dei lavori). E poi perché le case sono inaccessibili, con il borgo sbarrato dall’ennesimo divieto che indica la zona rossa da ormai tre anni. Qui come in decine di altre frazioni della vallata. «Vengo tutti gli anni, torniamo ogni tanto per visitare la tomba di mio marito che era nato qui – racconta Rita Bianconi, 69 anni -. Ho passato qui tutte le mie estati. Ma dentro casa non ti fanno entrare. Quella è casa di mio cognato ad esempio e sta venendo giù tutta perché ci piove dentro. Non ci fanno riparare il tetto, non ci fanno fare niente. Il tempo che è passato ha fatto danni peggiori del terremoto. Dentro nemmeno lo dico com’è diventata». Anche per Laura Mezzalana, 46 anni, Casali è un affare di cuore e di famiglia: «Vengo qui da quando avevo due anni. Mi piaceva venire qua e mi mancava. Anche i miei figli negli ultimi anni venivano su con mio padre e stavano tutto il mese di agosto. Avevano la libertà della bicicletta, degli amici. Stavano benissimo qui».
La nuova struttura del Rifugio Casali
Casali vista dal sentiero
La chiesa di Casali
Lavori lungo la strada di Casali
Uno dei semafori che regolano il traffico
A quando la ricostruzione.
Pierdomenico, tantissimi auguri a te e signora
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