di Fabrizio Cambriani
“Venghino signori, venghino: tre palle un soldo. Il Circo Barnum della politica offre spettacoli con numeri inarrivabili…” Da quando, per legge, hanno proibito ai circhi le esibizioni dei vessati animali, sembra che intere classi dirigenti di partiti politici abbiano voluto rendersi loro stesse attrazione per il pubblico pagante. Le Marche, in particolare, non si sono fatte mancare nulla. Ha cominciato il Partito Democratico nella notte dei lunghi coltelli al Nazareno. Tra pietose scene da isteria collettiva, è andato in onda lo psicodramma di un partito azzerato e riscritto in solitudine dal proprio leader. Con tanti saluti all’art. 19 del proprio statuto che prevede la selezione con il “metodo delle primarie o altre forme di ampia consultazione democratica”. Non abbiamo fatto in tempo a realizzare il gravissimo strappo che dalle parti del centrodestra ci si offriva la scena della decapitazione dei vertici regionali di Forza Italia. Nel giro di 48 ore Roma commissariava, di fatto, la politica della regione Marche, terra di dolci colline, mare blu, e bianche vette. Ma anche di terremoti catastrofici.
Le tensioni interne, i malcelati malumori e i disagi latenti esplodevano quasi contemporaneamente con la clamorosa sconfessione delle segreterie regionali dei due partiti a poco più di tre giorni dalla scadenza per la presentazione delle liste. La vernice di facciata che Comi e Ceroni tentavano di pennellare su di un muro già scrostato e pericolante di suo, non è servita a tenerlo in piedi fino alle elezioni. Tutto è crollato con due tratti di penna. Decisi. Inappellabili. Si ricostruirà – se ci sarà modo e tempo – dopo il 4 marzo. Il dato che però appare evidente e significativo è un eccesso di fair-play tra centrodestra e centrosinistra che, ai più esperti e navigati, suona tanto di tacita desistenza in vista di un accordo post elettorale per un futuro governo di larghe intese. In particolare, nelle varie designazioni sui collegi uninominali. Una situazione che, viste anche le candidature di altre regioni, è presente e spalmata su tutta Italia. A Roma, per dire, nel collegio uninominale, a sfidare il presidente del Consiglio, Gentiloni ci sarà tale Luciano Ciocchetti, centrista della quarta gamba. Sono lontanissimi i tempi in cui Berlusconi vestiva la divisa dell’ammiraglio Nelson e sbarcava – per terra, aria e mare – a conquistare palmo, palmo ogni pur piccolo lembo di collegio della penisola. Oggi assomiglia di più a Capitan Findus che gioca alla guerra con i bambini e, alla fine offre loro bastoncini di pesce e aranciata. In questo caos generale, molto più lineare e coerente è stato il percorso del Movimento 5 Stelle. Se non altro una parvenza di consultazione, tutta interna agli affiliati, è stata fatta. Minima, ma senza strappi significativi. Paradossalmente, almeno nel caso delle Marche, si è rivelato un movimento meno verticistico e leaderistico rispetto ad altri partiti storici. Non è un giudizio, ma solo una presa d’atto.
Dentro il Partito Democratico sono saltati in aria gli schemi proposti dalla direzione regionale. L’errore esiziale di Comi è stato quello di non allargare il più possibile la rosa dei nomi dei candidabili. Escludendo, in particolare, un senatore uscente alla sua prima legislatura (Morgoni) e un esponente reclamato a gran voce della società civile, il rettore Corradini. Ceriscioli ci ha messo del suo, imponendo la candidatura della Giannini d’accordo con gli ascolani. Una portata unica e indigesta offerta con il metodo del prendere o lasciare che è stata subito cestinata da Renzi. Nel bunker di largo del Nazareno oramai trasformato in suk, nel frattempo, si squagliava la corrente AreaDem di Franceschini che a malapena riusciva a mettere in salvo sé stesso e cinque o sei fedelissimi. Il tutto mentre il ministro Orlando prendeva a spallate la porta di Fassino, blindatissimo nel suo ufficio. Chi finisce malamente nel tritacarne Pd è Irene Manzi, piazzata al tutt’altro che sicuro secondo posto del listino proporzionale al Senato. Buone, invece, le possibilità di elezione per Morgoni che, pur terzo nel proporzionale Camera sud, con il gioco degli incastri delle pluricandidature di Gentiloni e della Madia potrebbe pure scattare. Più ardue, ma non impossibili, le probabilità per lo stesso Comi che dovrà sperare in un basso resto dei pentastellati e di una scarsa prestazione di Liberi e Uguali nel collegio Camera nord.
Lunedì, 5 marzo avremo le risposte. Dalle parti di Forza Italia, Ceroni ha applicato pari, pari lo stesso copione del 2013. In cambio di un posto sicuro per sé stesso – proporzionale Senato – ha lasciato campo libero alla Lega e Fratelli d’Italia che si sono aggiudicati il grosso de collegi uninominali. Mentre lui dormiva il sonno del giusto, una delegazione di scontenti, con in testa i coordinatori di Ancona, Pesaro e Fermo, si recava a Roma per contestare la lista da lui proposta. Nel frattempo i forzisti di Porto San Giorgio facevano uscire un comunicato nel quale minacciavano di votare in blocco il M5S se solo Ceroni fosse stato candidato. Depennato dai candidati, è stato sostituito dal direttore del Carlino, Andrea Cangini. Stavolta però, a differenza di cinque anni fa, le sue dimissioni sono state accolte ben volentieri dal partito e a seguirlo sono stati, oltre alla vice Cacciolari, solo il sindaco di Falconara e il capogruppo comunale di Fermo. Non proprio la massa, che qualcuno ha descritto.
Adesso bisognerà ripartire da queste macerie per ricostruire prima di tutto una linea politica adeguata a un territorio complesso e plurale come quello delle Marche. Quindi una classe dirigente all’altezza di queste sfide se non vogliamo stare fermi a segnare inutilmente il passo, mentre gli altri vanno avanti. Bisogna farlo pure in fretta. Ogni giorno sprecato è un’occasione persa. Ma mentre nel centrodestra vi sono personalità – penso tra tutti al sindaco di Ascoli, Guido Castelli, capaci e competenti per ricucire un campo largo e inclusivo, temo che, come al solito, nel Partito Democratico prevalgano i personalismi e le vendette del giorno dopo. Non a caso il presidente Ceriscioli, che dovrebbe essere il garante, ma soprattutto il collante di questo nuovo percorso, ha pensato bene di aprire, sin da subito, la resa dei conti con il conterraneo Ricci, sindaco di Pesaro. Dopo i terremoti reali di tutto avevamo bisogno, fuorché del terremoto politico.
Semplicemente stanno mettendo da parte quei politici vicini alle zone terremotate, per mettere a tacere tutto e tutti!!!!!
Meno male
non fa una piega...
Analisi perfetta!!!!......tristezza infinita
Che tristezza!!!!
Il PD delle Marche ha provato a imporre nomi indigesti agli elettori in primis... con quei candidati non avrebbero preso neppure il 10%, ora forse arrivano al 15%.
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Un’analisi impeccabile, cui si potrebbe aggiungere la situazione di LeU, in cui, per salvare entrambe le deputate uscenti marchigiane, entrambe del nord delle Marche, si è scelto di piazzarne una (peraltro, la più attiva e meritevole delle due) nel sud delle Marche.
Per cui, se già prima subivamo l’egemonia politica del nord della regione, ora la situazione è ulteriormente peggiorata.
Dovrebbe far riflettere il fatto che il modello del partito emanazione del capo che decide tutto da solo senza appello, e al cospetto del quale dirigenti, quadri, iscritti possono solo chinare il capo, con davanti due sole alternative, e cioè subire o andarsene, si è ormai affermato ovunque.
Sembra che tutti vi si siano assuefatti, cittadini ed elettori compresi.
Che squallore morale, intellettuale,umano, politico!
E noi italiani dovremmo andare a votare a favore di certa democrazia e di certi comportamenti?
Stalin aveva un librone con su scritti i nomi di tutti quelli che contavano da qualche parte della sterminata Russia. Scelti magari se non tutti, in gran parte personalmente. Dopo aver fatto colazione, presumo con fette tostate, burro, caviale, aringhe e vodka corretta al caffè , prendeva la grossa agenda e anche lui con due tratti decisi di penna sceglieva chi mandare quel giorno al patibolo. Adesso i depennamenti sono più accettabili, specialmente per chi ha un lavoro e può riprenderlo, gli altri si iscriveranno alle liste dei disoccupati così potranno vedere qual è la vera situazione economica italiana. Certo c’è gente che al di fuori di qualsiasi etica con il permesso di un ancora meno etico comportamento, riesce comunque a sfangare la mesata. I meno rapaci, anche se improbabili bisognosi, dovrebbero provare anche loro che cosa significhi farti sentire vecchio già a cinquant’anni, già inabile al lavoro e fuori da quella immensa fregatura che è il job act al cui inventore anche Stalin se non lo depennava completamente, una bella vacanza tutto compreso, vitto alloggio e lavori forzati , l’avrebbe offerta in qualche sperduto gulag siberiano ghiacciato d’inverno e pieno di pulci e pidocchi d’estate, quando fa caldo, perché anche in Siberia arrivava l’estate per la goduria degli ospiti. La tesi esposta da Cambriani sul fair play tra il capitano Findus e il figliastro ( in un giornale scandalistico sembra sia nato da una relazione con la Sant…. ), è alquanto plausibile. Perché il capitano dovrebbe vincere? Se la loro coalizione andasse al governo e Salvini avesse avuto più preferenze, lui lo farebbe il ministro? Ancora non ho capito se sia stato riabilitato alla guida tra i banchi parlamentari , oppure farebbe il grande vecchio che dietro il palcoscenico tira i fili delle marionette che tanto disposte a farsi manovrare non mi sembrano. Comunque, se dovesse arrivare secondo dietro Renzi, a lui, economicamente andrebbe bene lo stesso e poi l’epoca delle grandi lotte liberali per lui che si faceva le leggi su misura tagliate con le sue mani che altro che Valentino.. è oramai finita. Quindi Renzi come premier gli andrebbe benissimo, la sua politica combacia perfettamente con quella del figliastro e se veramente la flat tax potrebbe davvero servire, si può sempre fare. Diminuire le tasse ai ricchi, lasciando invariate quelle dei poveri che sono poi quelli che tengono in piedi tutto il carrozzone statale, compresi i tre milioni e mezzo di impiegati impigliati nelle maglie dello stato, sempre più strette, che non ne fa scappare uno, altro che le reti per pescare le alici, sardine e sgombri. L’altra sera sintonizzato sulla Gruber, non vedo nient’altro e solo quando mi ricordo, Travaglio disse a Salvini: Tu vincerai solo se Berlusconi lo decide perché è lui che ha le reti televisive Mediaset e quell’altro quelle nazionali ( per cui Renzi non ci vuole più far pagare il canone che uno sciagurato aveva messo nella bolletta della luce e speriamo che questo sistema non prenda piega anche se in verità in verità vi dico che potrebbe essere comodo. Pagare con la bolletta della luce, della acqua e del gas, il bollo, l’Imu, l’Ici, la Tari, la Tares, ecc. ci farebbe perdere meno tempo, perché il tempo serve a tutti. A qualcuno per prenderlo, a qualcun altro per cercare lavoro e per andare di notte nei campi, ma non ha lavorare come si faceva quando c’era Lui, ma per raccogliere i frutti della terra. Quindi se si da per scontato o comunque probabile questo patto tra capitan Findus e il figliastro oltre al fatto che li lascerebbe al comando di una nazione allo sfascio completo, ma qualche miracolo potrebbe sempre succedere, c’è una cosa che turba profondamente le notti e i giorni dei due: i 5stelle. Questi sono stati chiari, vogliono governare seriamente, fare politiche per il lavoro e per il sociale e se serve cercare i soldi la dove stanno ed è profondamente ingiusto che non siano ripartiti dove servono, dove la differenza tra lo scialare nell’oro e non avere di che tirare avanti si sente maggiormente. Poi se proprio devo buttare una scemata, credo che dare più soldi a chi li spende che non abbassando le tasse a chi se li tiene o li porta all’estero, sia più proficuo. Naturalmente si può non essere d’accordo però che non me lo venga a dire un piddino o un berlusconiano alquanto affine.