“Sono medico”, la Mussolini viola i sigilli
La famiglia di Peppina:
“Per favore, non strumentalizzateci”

PASSERELLE - L'europarlamentare è stata a Fiastra per proporre la sua ricetta al sindaco: "Fate diventare la casetta un ufficio comunale". Nonostante lo stop dei carabinieri è entrata nell'abitazione, da cui l'anziana non voleva uscire. VIDEO

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La telefonata del sindaco a Peppina, con lui Alessandra Mussolini

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I sigilli alla casa

 

di Federica Nardi

“Sono un medico e questa donna sta male, fatemi entrare”. Così Alessandra Mussolini è entrata, nonostante i sigilli all’ingresso e lo stop dei carabinieri, nella casa di Peppina. La 95enne di San Martino di Fiastra che sabato, se la legge non cambia, dovrà andarsene perché quella casetta viola le norme paesaggistiche. Le sfilate della politica davanti, intorno, e ora anche dentro la casa di Giuseppa Fattori, continuano. Stamattina è stato il turno di Mussolini, calata sulle montagne terremotate per dimostrare vicinanza. Anche se non si sa bene a chi. Dato che la famiglia di Peppina, sulla quale pendono uno sgombero (tra due giorni) e un’ordinanza di demolizione della casetta che si era fatta per restare in paese dopo il sisma, oggi non poteva esserci. C’è il lavoro, ci sono gli appuntamenti con i legali per mettere mano a tutte le carte necessarie per risolvere la situazione.

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Da sinistra Alessandra Mussolini e Claudio Castelletti

Peppina si era anche chiusa in casa perché voleva stare tranquilla, a prescindere da tutto. Mussolini, prima di arrivare, nei giorni scorsi ha fatto contattare il sindaco Claudio Castelletti, che ha fatto da chaperon all’europarlamentare verso la frazione presidiata dall’anziana. Trovare quella casetta non è facile e vicino ci sono macerie che fanno pensare che il posto sia completamente disabitato. “Sono entrata e ho fatto una visita alla signora – ha detto Mussolini -. Le ho misurato la pressione, è molto, molto provata. Dice che non dorme più, che ha problemi di cuore. Ha l’ansia che la mandino via, e lei via non ci vuole andare”.

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Peppina con le figlie Agata e Gabriella, e il genero Maurizio

Certo, Peppina è diventata un simbolo. Uno di quei simboli capaci di unire, come per la protesta nata dal basso subito dopo l’apposizione dei sigilli dove dall’estrema destra alla sinistra fino alla società civile non mancava quasi nessuno. Ma anche un simbolo su cui non è difficile speculare. E questo i familiari lo hanno compreso. Da sempre si sono detti “pronti ad accogliere chiunque venga in pace a dimostrare vicinanza” (parole del genero Maurizio Borghetti in occasione della visita di Matteo Salvini). Ma poi Peppina è diventata nazionalpopolare, un’arma da conversazione nei talkshow, un simbolo con cui fare la guerra politica. E a questo gioco al massacro i familiari non ci stanno: “Le visite le accogliamo – dicono – ma queste non devono veicolare messaggi di altra natura. La solidarietà vera, chi ha ruoli istituzionali, deve dimostrarla nei luoghi più adatti. In Camera, in Senato e a livello governativo”.

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La telefonata del sindaco a Peppina

Il genero Borghetti dice che “la Mussolini mi ha telefonato con il telefono di Peppina da dentro la casa, perché ha un’idea per risolvere la situazione. Peppina si era chiusa in casa perché stamattina era stanca e non voleva uscire. Sono rimaste a parlare per un’oretta, senza telecamere”. L’idea di Mussolini, sottoposta al sindaco, è di usare una delibera comuale per dichiarare che la casetta della signora è un ufficio comunale. In quel caso diventerebbe di interesse pubblico e non si potrebbe più toccare, neanche col sequestro. “Ciò può essere un escamotage da mettere in atto domani – dice Mussolini – se non dovesse andare a buon fine l’istanza al riesame presentata dall’avvocato della famiglia”. Anche se la famiglia punta soprattutto sui disegni di legge presentati in questi giorni da diverse parti politiche alla Camera e in Senato. E lo stesso sindaco Castelletti dice che “è tutto da verificare”.

 



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