Adriano Fabris e Cinzia Maroni
di Marco Ribechi
(foto di Fabio Falcioni)
Turandot non esiste, non esiste che il Tao. Da queste affermazioni dei tre ministri del regno Ping, Pong, Pang che cercano di convincere Calaf a desistere dalla sua impresa è iniziato l’avvincente incontro con Adriano Fabris per gli Aperitivi culturali, negli Antichi forni di Macerata. Il docente di filosofia morale dell’università di Pisa ha analizzato il rapporto tra Puccini e l’Oriente attraverso la concezione cinese del Tao, ovvero La Via. Di fronte a un pubblico foltissimo, che annoverava anche l’illustre ospite Pietro Rescigno, massima autorità di diritto civile, Fabris ha cercato di analizzare come Puccini potesse avere familiarità con uno dei più elevati concetti della vita spirituale cinese in un tempo in cui i testi letterari ancora non avevano fatto breccia in Europa. «In Cina c’era una corrente di pensiero, il Moismo, che credeva che ogni problema potesse essere risolto con il ragionamento – spiega Fabris – il Taoismo al contrario affermava che tutto il mondo che percepiamo è pura illusione, nulla esiste se non il nostro posto in una concezione universale dell’esistenza. E proprio a questa filosofia i tre ministri del regno fanno appello per cercare di convincere Calaf che al contrario sembra essere inamovibile nel raggiungimento del suo scopo».
Il pubblico degli Antichi Forni
Da questo punto di vista il principe potrebbe rappresentare quasi un campione dell’Occidente, un simbolo dell’espansione europea che si scontrava con il wu wei cinese, cioè la non azione. «Dal punto di vista taoista gli sforzi di Calaf appaiono inutili e privi di ogni logica – continua Fabris – se tutto è illusione perchè affannarsi per qualcosa che è pura apparenza? In queste parole possiamo leggere le difficoltà di incontro tra due mondi, l’Oriente e Occidente, che a quel tempo ancora non avevano parole e concetti per dialogare tra loro». A questo potrebbe essere funzionale anche l’atmosfera fiabesca di tutta l’opera. «Niente di meglio che una fiaba avrebbe permesso di comprendere l’incontro tra le due culture – spiega il docente – Puccini da questo punto di vista appare estremamente al passo con i tempi, un musicista che seguiva i pensieri intellettuali della sua epoca, capace di fiutare e comprendere l’aria del suo secolo. Se Calaf rappresenta l’occidente Liù è un personaggio molto cristiano che si sacrifica per l’altro. Infine la Turandot, la regina di ghiaccio, sembra quasi attendere di essere salvata da se stessa e dalla sua immobilità. Da un lato il pericolo per la Cina è l’eccessiva occidentalizzazione e perdita dei costumi, dall’altro l’occidente può soffrire di nichilismo, ovvero la vacuità del senso della vita».
L’aperitivo culturale
Proprio in questo incontro scontro può essere analizzato il quarto enigma dell’opera, ovvero il matrimonio dei due protagonisti che tanti problemi causò allo stesso Puccini. «Nella giusta via tra l’annullamento dell’azione e una ricerca di produttività e globalizzazione potrebbe risiedere l’equilibrio della società moderna – conclude l’ospite – sempre più spaccata tra una globalizzazione capitalistica estrema e altre realtà che invece rifiutano questo concetto di produzione e se ne sentono schiacciate». A concludere l’incontro il consueto aperitivo questa volta offerto da Qb – Quanto Basta e accompagnato da un buon bicchiere di Ribona. Domenica 30 luglio, Carla Moreni del Sole 24 e il maestro Riccardo Frizza presenteranno Aida. Una riflessione sulla rivalità tra Aida e Amneris per l’amore di Radames. Con il maestro Frizza, oltre alle suggestioni della partitura di Aida, sarà omaggiato Arturo Toscanini a 150 anni dalla morte.
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