La squadra del Mof, da sinistra: il sindaco Romano Carancini, Cinzia Maroni, la direttrice dell’Abam Paola Taddei, l’assessore alla cultura Stefania Monteverde, il sovrintendente Luciano Messi e il direttore artistico Francesco Micheli
Il pubblico agli Antichi Forni
di Marco Ribechi
Gesuiti euclidei vestiti come dei bonzi per entrare a corte dell’imperatore della dinastia dei Ming. Con i versi di una nota canzone di Franco Battiato si possono sintetizzare i contenuti del primo appuntamento con gli Aperitivi Culturali agli Antichi Forni, vero e proprio “centro di gravità permanente” di tutto il festival operistico cittadino. A dare i saluti iniziali al pubblico presente gli artefici del Mof: il sindaco Romano Carancini, l’assessore alla cultura Stefania Monteverde, la direttrice dell’Abam Paola Taddei, il sovrintendente Luciano Messi e il direttore artistico Francesco Micheli. Nel salotto di Cinzia Maroni, curatrice della rassegna, siedono invece, oltre all’ospite speciale Alberto Batisti, Cecilia Ligorio e Carlo Boccadoro, rispettivamente regista e compositore dell’opera dedicata a Padre Matteo Ricci “Shi (si faccia)” che proprio questa sera debutterà al teatro Lauro Rossi.
Cecilia Ligorio, Alberto Batisti e Cinzia Maroni
«La figura di Ricci mi ha totalmente sorpresa – spiega Cecilia Ligorio – ho avuto bisogno di un intero anno per avere un’idea approssimativa della vastità di contenuti della sua opera. Un giovane avventuriero che parte per un viaggio rivoluzionario senza il consenso del padre e che grazie alla sua intelligenza, cultura e spirito di adattamento riesce ad entrare in un mondo fino ad allora totalmente chiuso. Un personaggio non sintetizzabile che abbiamo scelto di mettere in scena con tre alter ego, tre Mattei che dialogano tra loro mettendo in gioco dubbi, desideri e scelte». «Musicalmente una produzione che preferisco chiamare di teatro musicale – aggiunge Boccadoro – in cui più che i fatti abbiamo cercato di musicare le idee, il pensiero e la filosofia di questo grande uomo».
Romano Carancini e Cinzia Maroni
Ad approfondire la figura di Matteo Ricci, ma anche quella dei tanti gesuiti che per mezzo della musica hanno operato una diffusione del cristianesimo è Alberto Batisti, direttore artistico della sagra musicale umbra. «Attualmente la musica nella liturgia religiosa fa rabbrividire – spiega Batisti – è stata privata della dimensione sacra, è fatta di orribili canzonette che sono quasi opera del demonio per quanto lontane da una dimensione spirituale. In passato però era canto, era una forma di devozione che ha seguito un cammino ben preciso. Nel medioevo sono stati i benedettini a scrivere la nostra tradizione musicale. Dal ‘500 i francescani ed in seguito i gesuiti». Padre Matteo Ricci, anch’esso gesuita, portò infatti in cina una spinetta, antico strumento che conquistò l’imperatore. «Ricci aprì le porte a tutta l’azione missionaria gesuita che passava più per l’incontro culturale che per la fede – continua Batisti – Dopo di lui altri importanti gesuiti continuarono l’opera ma questi erano mal visti dai cappuccini e dai lazzaristi perchè avevano accettato il culto degli antenati e altri elementi specifici della cultura cinese. Solo nel 1939 papa Pio XII riconobbe che era corretto parlare la lingua dei popoli nativi tanto che, ad esempio in Sudamerica, vennero addirittura fatte delle composizioni in lingua Guaranì».
Luciano Messi e Francesco Micheli
Gesuiti quindi intenti a tessere reti sociali con il mondo ma bloccati da una chiesa eccessivamente conservatrice anche perchè sotto la minaccia del protestantesimo. «Forse se l’opera di Ricci e degli altri gesuiti non fosse stata contrastata oggi ci troveremo di fronte a un mondo diverso – conclude Batisti – dove non si edificano barriere ma al contrario dominerebbero i principi di incontro e reciproca comprensione proprio come suona una dedica di Ricci A tutti quelli che abitano sotto questo cielo e che mettono piede su questa terra». A chiudere l’incontro, come sempre tutto esaurito, il momento del gusto con un altro Matteo, questa volta di professione non gesuita ma fornaio, autore di liriche gastronomiche accompagnate da calici di buon verdicchio di Matelica molto apprezzato dal pubblico. L’aperitivo di domani sarà dedicato alla Turandot con i due registi Forte e Ricci e il giornalista Enrico Girardi.
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