di Maria Stefania Gelsomini
Il sipario sta per alzarsi sulla 53esima edizione del Macerata Opera Festival, e qualche riflessione già ci scappa. Il pensiero va, pur senza scomodare il coro del Nabucco, sull’ali dorate della musica, la vera protagonista di un festival lirico. O almeno, tale dovrebbe essere. Ecco, si dice che ogni direttore artistico lasci in eredità al teatro e al suo successore una precisa impronta, e così è in effetti. L’impronta che lascerà Francesco Micheli, e la conferma viene per sua stessa (più o meno velata) ammissione durante la conferenza stampa di commiato di qualche giorno fa, non sarà quella della musica. Se fuori dallo Sferisterio sarà ricordato per aver messo in atto una vera e propria rivoluzione rispetto ai vecchi schemi, con il coinvolgimento del territorio, dei giovani, con uno spendersi senza sosta in lungo e in largo a parlare d’opera, dentro lo Sferisterio la sua priorità è stata la messa in scena, la ricerca di registi giovani, anche anomali per l’opera, provenienti spesso dalla prosa e a volte alla loro prima esperienza con il melodramma (come per il duo Ricci-Forte della Turandot che debutta venerdì), con risultati non sempre convincenti. Ora, sempre in quella conferenza stampa di commiato, si riconosce che per sei anni l’aspetto musicale non è stato valorizzato al massimo, e che i cantanti sono stati scelti da un direttore artistico tuttofare che però di voci non ne capisce poi così tanto.
Si fa un vago mea culpa insomma, annoverando la musica fra le “cose da migliorare” e annunciando la prossima nomina di un direttore musicale. Ammesso e non concesso che una tale riflessione poteva essere avviata anche prima, senza aspettare la fine del mandato (perché nel frattempo la qualità vocale e la qualità musicale dell’orchestra e del coro sono scese precipitosamente), ora per salvarsi allo Sferisterio serve una figura autorevole. Se è vero che lo Sferisterio è ormai diventato (o meglio è ritornato) un teatro internazionale, si merita un direttore musicale di fama internazionale. Sempre nella famosa conferenza stampa, al sindaco Carancini è sfuggito a un certo punto il nome di Kuhn: forse nelle segrete stanze dell’Associazione Sferisterio si è già parlato di lui? Si vedrà. Macerata non deve dimenticare la qualità musicale apportata da maestri come Gustav Kuhn e Donato Renzetti, tanto per citarne due di un passato recente. E ora che si vanta di essere un teatro internazionale deve pretendere un’orchestra all’altezza, un coro all’altezza e voci all’altezza, i grandi nomi della scena mondiale ma anche voci emergenti, che non siano solo pedine imposte nei cast dalle agenzie, ma selezionate da esperti prestigiosi. Magari anche rimettendo in piedi il concorso che c’era anni fa, che potrebbe sfornare nuovi talenti a costo zero.
Una figura di questo calibro potrebbe allora, perché no, ricoprire il doppio ruolo di direttore musicale e direttore artistico (proprio come fu per Kuhn e Renzetti), con un doppio vantaggio: risparmiare molti soldi e fare in serenità quelle scelte strategiche che possano restituire alle prossime stagioni liriche quell’impronta musicale di qualità che manca. La scelta del nuovo direttore artistico, si è detto, avverrà non tramite un bando ma con un percorso comparativo, e nonostante le bocche cucite qualche nome comincia già a circolare. Ma, e ritorniamo alla riacquistata internazionalità, perché non lanciare almeno un avviso pubblico a carattere internazionale? Perché decidere un nome fra tre curricula come fu nel 2012, quando potrebbero arrivarne sul tavolo decine? E perché non affidare questa scelta a una commissione di esperti? Chi sa che un grande direttore d’orchestra, anche straniero, venga a saperlo, si innamori dello Sferisterio e non decida di voler lavorare qui? Magari anche gratis, non si sa mai, vista la visibilità che nostro malgrado con la sciagura del terremoto abbiamo acquistato in tutto il mondo. Ne avremmo fatto tutti volentieri a meno, ma se dovesse servire a richiamare grandi nomi e aiutare questa città e questo territorio a risollevarsi in grande stile, perché non “approfittarne”? Discorsi e riflessioni che forse resteranno parole al vento se è vero, come sembra da indiscrezioni insistenti degli ultimissimi giorni, che all’interno del Cda dell’Associazione Sferisterio (che verrà convocato presto per decidere in merito) circola già un nome, ed è il nome di una donna (leggi l’articolo). Quindi i giochi sono già fatti? Crediamo di sì ma speriamo di no.
Prima della prima, un’ultima dolorosa nota sulle cosiddette anteprime giovani, le vecchie care prove generali ora aperte al pubblico. A parte il fatto che ben oltre la metà di quel pubblico pagante era ben oltre i trent’anni, i giovani seduti nelle due file dietro alla mia hanno dato dimostrazione di non sapere nemmeno perché si trovassero lì. È stato tutto un parlare e ridere a sproposito per l’intera durata della rappresentazione, senza alcun rispetto per l’opera e per gli altri spettatori. Tutto un mangiare, far rumore, esprimere commenti fuori luogo, per essere poi pronti ad andarsene alla fine del primo atto, convinti che l’opera fosse finita. Almeno la storia, a grandi linee, avrebbero dovuto conoscerla, ma è evidente che prima di insegnare una trama ci sarebbe bisogno di insegnare ai ragazzi come si sta a teatro. Altrimenti rischia di essere tutto tempo perso.
Barbara Staffolani !
Saverio Marconi oppure Cinzia Pennesi.
"lavorare anche gratis, perché no, vista la visibilità". Ecco perché andiamo a rotoli. I MUSICISTI NON LAVORANO GRATIS, come non lo fanno gli ingegneri. La "visibilità" non paga le bollette.
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Complimenti per l’articolo, sono curioso del commento sulla “regia” del “duetto” di Turandot.!!!!!!
Cara Maria Stefania,
il problema dell’Orchestra maceratese non è di certo un peccato di Francesco Micheli: direi anzi che è anzitutto un problema strutturale, essendo il Golfo Mistico dello Sferisterio troppo piccolo (e stretto; e lungo!) rispetto a quanto richiederebbe un ensemble melodrammatico. Passi per opere del repertorio settecentesco, ma con Verdi, Puccini, non ti dico Wagner, la nostra orchestra assurge piuttosto al ruolo di griffe; sebbene, col fatto di essere l’Orchestra filarmonico-marchigiana, si avvantaggia del fatto di suonare anche nei mesi invernali e non solamente in occasione della nostra Stagione lirica, il che le dona armonia, osmosi tra le varie sezioni, proprio come avviene in una squadra di calcio, dove la prossimità sistematica produce quei buoni frutti che si ottengono quando l’amalgama è finalmente rodato.
In passato non era così: la nostra Orchestra dello Sferisterio si ritrovava solamente in occasione dell’opera estiva, con tutti i limiti che si possono immaginare.
Certo, un’orchestra dell’Arena Sferisterio sarebbe un tassello d’indubbio onore. Oltre a rappresentare un’occasione stabile di lavoro per tanti giovani musicisti tragicamente a spasso.
Un’orchestra stabile, inoltre, potrebbe attirare anche un direttore stabile. Non esclusivo – quanto alla messa in scena delle opere -, ma certamente incisivo e definente.
Non cadrei nella trappola del grande nome: punterei piuttosto alla qualità. E anche tra i direttori, tra i giovani o più o meno giovani, ce ne sono di eccellenti. Non necessariamente conosciutissimi. Talvolta originari proprio delle nostre zone (potrei fare anche qualche nome). Un’orchestra dello Sferisterio (con il suo proprio direttore) potrebbe certamente facilitare la cernita dei cantanti: senza dimenticare, però, che spesso s’ha da fare i conti con le congiunture economiche e noi non siamo né la Scala, né Caracalla, né l’Arena di Verona.
Quanto a Francesco Micheli, ho avuto già modo di difenderne l’operato. E’ vero, non è un musicologo in senso stretto, ma ha conferito alla nostra arena quello slancio oltre le sue stesse pareti di cui lo Sferisterio aveva drammaticamente bisogno. Non un corpo estraneo alla città, ma il suo cuore pulsante intorno a cui sviluppare tanti altri discorsi. Tutti egualmente di importante qualità.
Essere tenuto in considerazione dallo Sferisterio è un dono che il mondo non merita.
Vicenzo Smitte.
Voglio proprio vedere chi, chi, accetterà di ricoprire il posto lasciato da Micheli dopo il suo populismo più becero e sfrenato in fatto lirico. Professionisti di grosso calibro no, non possono accettare una simile eredità.Leggendo i commenti sopra mi sia permesso, se non altro per riconoscenza al mio personale contributo, che è agli atti, e prima ancora della venuta del Messia, Micheli, di dire che è stato tutto una grande flop sotto la sua guida artistica, anche se i bilanci e il sindaco sorridono. Anche, perchè infatti, non è così, col contare le presenze, che si misura la qualità artistica di un teatro degno di fama come lo Sferisterio.