Banca Marche porta in procura la mala-informazione
Salvataggio: c’è il piano B se Bruxelles dice no

L'istituto di credito al contrattacco contro articoli di stampa che diffondono scenari disastrosi pubblicati da media che non si erano mai occupati della vicenda. Le notizie sarebbero state amplificate sui social network anche da promotori finanziari di banche concorrenti. Per il Ministro Padoan ancora rimangono le differenze di posizione con la Commissione Europea sull'utilizzo del Fondo Interbancario ma si continua a trattare. "La discussione riguarda piccoli cavilli". Nel frattempo si lavora al piano B per chiudere il dossier entro l'anno. Allo studio la convocazione di una prossima assemblea dei soci per ratificare l'aumento di capitale

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Luciano Goffi, direttore di Banca Marche

Luciano Goffi, direttore di Banca Marche

di Marco Ricci

Banca Marche ha presentato nei giorni scorsi un esposto-denuncia alla Procura di Ancona dove sono stati segnalati alcuni articoli di stampa in relazione alla situazione dell’istituto marchigiano e al piano di salvataggio in corso. A dichiararlo, lo stesso direttore generale, Luciano Goffi, durante una teleconferenza con i capi area. Gli articoli – dal tono allarmante, dal titolo facile e spesso davvero molto imprecisi anche per l’uso di informazioni datate – prospettavano ai lettori scenari non solo devastanti, quale il fallimento della banca, ma anche inesistenti pericoli per i correntisti, addirittura per chi ha depositato somme inferiori ai 100mila euro. L’istituto di credito si è così rivolto alla magistratura di Ancona perché indaghi sul contenuto e sull’origine delle informazioni in questione, la cui diffusione sui social network ha provocato a sua volta episodi che sono stati definiti come atti di vero e proprio “sciacallaggio”. Alcuni di coloro che hanno amplificato – anche attraverso le loro pagine Facebook – questi articoli scritti da chi mai si è occupato della complessa vicenda di Banca Marche, risultano oltretutto essere, come è facile verificare, promotori finanziari di banche concorrenti, anche locali, o private banker. Il dubbio, che l’alimentare presso la clientela di Banca Marche allarmi ingiustificati sia il modo per guadagnare clienti in modo facile a scapito della correttezza.

L’istituto di credito, secondo le parole di Goffi, vuole a questo punto mettere un punto fermo, data anche la delicatezza del momento, e non è detto che non seguano altri esposti alla magistratura. Di episodi di “sciacallaggio” nei confronti delle banche commissariate, proprio ieri, avevano parlato anche i segretari nazionali delle organizzazione sindacali del mondo bancario nella loro lettera inviata al Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan per avere al più presto un incontro non solo sul salvataggio di Banca Marche ma anche di Carichieti, Carife e Popolare dell’Etruria. Questo dopo che il Fondo Interbancario per la Tutela dei Depositi (il Fitd) ha stanziato oltre 2 miliardi di euro per ripatrimonializzare i quattro istituti. Solo per Banca Marche, lo ricordiamo, il Fitd ha deliberato un intervento da 1.2 miliardi di euro per chiudere il dossier entro fine anno. La banca si starebbe anche attrezzando in vista di una prossima assemblea dei soci che dovrà ratificare la ripatrimonializzazione dell’istituto. I tempi che si immaginano, i primi quindici giorni di dicembre.

Goffi, sempre nell’incontro di ieri, avrebbe riferito ai capi zona i prossimi passaggi e gli scenari che attendono la banca, tra cui l’approvazione definitiva da parte del Governo delle nuove norme sulla gestione delle crisi bancarie, approvazione attesa per questa settimana dopo gli ultimi pareri delle Commissioni Bilancio e Affari europei che dovrebbero arrivare tra oggi e domani. Il testo di legge è prerequisito perché possa passare alla fase attuativa l’intervento del Fitd i cui organi si riuniranno domani. All’ordine del giorno Carichieti e Popolare dell’Etruria, ma anche il punto su Banca Marche e Carife. Oltre che per Banca Marche, lo ricordiamo, il Fondo dovrebbe iniettare 300 milioni in Carife e Popolare dell’Etruria e 200 milioni in Carichieti.

I NODI DI BRUXELLES – In settimana, mentre si susseguono i contatti tra l’Italia e Bruxelles, si dovrebbe in un modo o nell’altro sciogliere anche il nodo del parere della Commissione europea. Sul tavolo, se considerare come aiuti di stato gli interventi del Fondo Interbancario, parere definitivo privo di fondamento da parte italiana, anche perché le risorse del Fitd sono risorse private. A questo proposito è intervenuto oggi lo stesso Ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, parlando a margine del convegno Ecofin. “Prendiamo atto delle obiezioni europee all’utilizzo del Fondo nei salvataggi – ha dichiarato Padoan – mi aspetto di continuare a discutere civilmente con la Dg competition. La discussione riguarda piccoli cavilli”. Il Ministro, dopo il presidente del Fondo Interbancario, Salvatore Maccarrone, ha espresso la propria perplessità sulle obiezioni della commissione europea, “basata su motivazioni giuridiche che mi sfuggono”. Non si è esclude che la partita con Bruxelles possa vedere come compromessso il coinvolgimento negli interventi delle obbligazioni subordinate. In caso di via libera, il Fondo potrebbe subito mettere in campo le proprie forze, al contrario – come avevamo anticipato qualche giorno fa – è molto probabile che prenda corpo il piano B, con gli istituti di credito italiani chiamati ad intervenire direttamente nelle quattro banche in crisi. In questo caso ci sarebbero diverse possibilità, o bypassando il Fondo Interbancario e le eventuali obiezioni europee attraverso un veicolo privato o creando all’interno del Fondo un comparto apposito dove far defluire contributi volontari delle banche italiane. Quest’ultimo scenario, secondo quanto riportato dall’agenzia Reuters, sarebbe stato avvalorato da fonti molto vicine al dossier. Se queste due ipotesi non fanno esattamente saltare di gioia le altre banche per via di un doppio esborso a cui sarebbero soggette (gli interventi negli istituti in crisi oltre al versamento dei loro contributi obbligatori al Fitd che ammontano per l’Italia a 400 milioni annui), al momento non ci sarebbero altre strade per evitare un effetto a catena su tutti gli altri istituti in difficoltà.



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