La Civitas Mariae
contro i matrimoni gay

Anpi e Arci pronte a dare battaglia

L'OPINIONE - Il consiglio comunale di Macerata ha approvato un ordine del giorno del consigliere Idv Giuliano Meschini destinato a creare polemiche. L'atto impegna l'amministrazione ad opporsi a qualsiasi tentativo di introdurre nell'ordinamento giuridico disposizioni riguardanti l'unione tra omosessuali e leggi per colpire l'omofobia

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consiglio comunale gaydi Marco Ricci

Tra le stucchevoli discussioni sulla commissione urbanistica e le minestre riscaldate sul centro storico, il consiglio comunale di Macerata non è riuscito a inventarsi niente di meglio che approvare un ordine del giorno sul diritto naturale della famiglia riconosciuta dalla Costituzione – presentato dal consigliere Idv Giuliano Meschini – dal tono vagamente omofobo, tanto che l’Anpi, l’Arci e altre associazioni sono pronte a dare battaglia e a far sentire la loro voce.  Una provocazione ideologica a cui i laici di destra e (sopratutto) di sinistra non hanno opposto che sette voti contrari.

Così da ieri  il Comune di Macerata si opporrà (solennemente?) a qualsiasi tentativo di introdurre nell’ordinamento giuridico disposizioni riguardanti il matrimonio tra omosessuali e leggi per colpire l’omofobia. Una provocazione perché – non bisogna essere fini giuristi per capirlo – un’amministrazione comunale non ha alcuna voce in capitolo su materie che sono esclusive prerogative dello Stato. Una provocazione che ha ridotto un problema grave e complesso come il riconoscimento dei diritti degli omosessuali a materia consiliare da trattare tra le panchine di via Gramsci e i litigi consiliari. Con toni oltretutto che riecheggiano più che altro il Medioevo quando, più che per amore di Dio, si operava per la paura del demonio.

L'ordine del giorno è stato proposto da Giuliano Meschini (Idv)

L’ordine del giorno è stato proposto da Giuliano Meschini (Idv)

Non si capisce infatti quale logico nesso possa legare il matrimonio tra uomini e donne dello stesso sesso al non riconoscere la famiglia come luogo di affetti, di educazione e di “aiuto vicendevole a crescere nella sapienza umana”,  come si legge nell’ordine del giorno approvato. Una contrapposizione falsa e inesistente che equipara  l’operare a favore di qualcosa con l’andar contro qualcos’altro, come se aver ottenuto il diritto di voto per le donne avesse messo a repentaglio la dignità dell’uomo. Un ordine del giorno che da una parte ha richiamato la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo del 1948 che indica la famiglia “come nucleo naturale e fondamentale”, ma che dall’altra non ha speso una riga per ricordare le discriminazioni, le sofferenze e le violenze psichiche a cui spesso sono sottoposti gli omosessuali. Un ordine del giorno, oltretutto, che in un gran guazzabuglio mischia insieme il riconoscimento del matrimonio tra persone dello stesso sesso, le adozioni, la libertà di espressione, l’educazione e la libertà di istruzione.

Una provocazione che, leggendo tra le righe, contiene un’affermazione eclatante. La difesa della libertà di chi “pubblicamente dovrebbe esprimere un giudizio critico nei confronti di orientamenti sessuale diversi da quello naturale o dovesse opporsi ai tentativi di snaturamento dell’istituto familiare, quali ad esempio l’introduzione del matrimonio tra persone dello stesso sesso, la possibilità di affidamento e adozione di minori da parte di coppie dello stesso sesso”. Traducendo, il consiglio comunale ha espresso – con il voto a favore – oltre a Meschini – di  altri nove consiglieri (Guido Garufi di Centro Democratico, i consiglieri del Pd Luigi Carelli, Maurizio Romoli, Maurizio del Gobbo e Romano Mari, Deborah Pantana e Francesco Luciani di Forza Italia, oltre a  Ivano Tacconi dell’Udc e Anna Menghi) – il suo tonante no a una legge contro l’omofobia. Perché è difficile leggere diversamente quanto scritto nell’ordine del giorno, visto e considerato che nessuno in questo paese ha mai attaccato – grazie al cielo – la libertà di essere favorevoli o contrari a qualsiasi cosa. Libertà di pensiero ed espressione che molto probabilmente  gli omosessuali, vittime di chissà quante discriminazioni, sarebbero i primi a difendere. A meno che davvero chi ha votato a favore non creda di vivere nell’Unione Sovietica del 1955. In quel caso però erano gli omosessuali a finire nei gulag.

Ma questa era la seconda – e forse più grave – provocazione contenuta nell’ordine del giorno, una provocazione adottata in rispetto di  libertà che agli altri si vuole negare, in particolare quando si parla di matrimonio, un istituto che interessa due libere persone che liberamente vorrebbero scegliere ciò che ad altri è consentito. Il comune di Macerata in ogni caso si “opporrà”, non si sa se salendo o meno sulle barricate, in difesa della famiglia. A memoria non si ricorda però un solo consiglio comunale in cui i problemi economici delle famiglie siano mai stati realmente affrontati in modo approfondito, a dispetto delle decine di ore perse per inconsistenti discussioni sull’arredo urbano.

Che a votare contro l’ordine del giorno siano stati  solo il sindaco Romano Carancini e i consiglieri Mauro Compagnucci, Marco Menchi e Marco Morresi del Pd, Luciano Borgiani e Stefano Blanchi dei Comunisti Italiani e Pierpaolo Tartabini di Sinistra per Macerata, la dice lunga su come il centro-sinistra abbia cercato di rigettare questa provocazione che – andando al di fuori dei compiti di un consiglio comunale – gettava su un piano puramente ideologico un tema serio e delicato che nel rispetto del pensiero di tutti meriterebbe altro luogo ed altre discussioni per essere affrontato. Magari ascoltando le ragazze e i ragazzi omesessuali che troppo spesso, sulla loro pelle, vivono le discriminazioni e l’impossibilità di ottenere ciò che gli altri hanno per diritto di nascita.

Ma questo è il consiglio comunale di questa città, con il rischio che l’ordine del giorno approvato ieri renda Macerata in qualche modo famosa.

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Posizioni in Consiglio comunale che richiamano un’omelia dello scorso anno del vescovo Giuliodori (leggi l’articolo).



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