di Andrea Marchiori
Torna d’attualità la questione sul registro comunale delle Unioni Civili che, dopo la recente istituzione in molti comuni italiani (oltre 100), tra i quali quello di Torino, Napoli e Milano, è stata discussa anche a Tolentino. Il Consiglio Comunale, come peraltro già avvenuto in altri trenta comuni, ha respinto la proposta d’iniziativa popolare con 11 voti contrari della maggioranza e 5 della minoranza.
I promotori ritengono che la legittimazione della “famiglia di fatto” costituisca un’espressione della libertà degli individui e quindi la piena attuazione dell’articolo 3 della Costituzione.
In realtà, l’istituzione del registro comunale non muta lo status degli individui e non implica l’attribuzione dei diritti e doveri tipicamente derivanti dall’unione matrimoniale; è evidente, sul punto, che per assimilare l’unione civile a quella matrimoniale occorrerebbe una legge dello Stato. Piuttosto la disposizione in commento offre a coloro che si registrano la possibilità di usufruire dei benefici che i comuni stessi riservano alle famiglie, come ad esempio l’assegnazione di alloggi di edilizia residenziale pubblica, le agevolazioni tariffarie sui servizi rivolti alle coppie (sanità, trasporti, sport e ricreazione), l’utilizzazione della medesima classe di rischio nell’adozione di una assicurazione RC auto prevista per il convivente, ecc.
La questione, fortemente politicizzata, si presta a profonde strumentalizzazioni fino a portare la discussione al preteso diritto delle coppie gay di adottare bambini o procreare con la fecondazione assistita. Quasi sempre è stata la sinistra a promuoverne l’istituzione (nel Comune di Tolentino, l’iniziativa popolare era stata sostenuta dalla Federazione per la sinistra che aveva raccolto le firme dei cittadini) e ogni volta trova il favore delle associazioni di omosessuali e l’avversione di quelle cattoliche.
Questa, tanto per rendere l’idea, la dichiarazione del presidente arcigay di Milano: “Non c’è dubbio che stiamo parlando del diritto degli omosessuali di essere riconosciuti come coppia; perché gli omosessuali questo diritto non ce l’hanno”. Gli ha fatto eco il Sindaco Pisapia il quale ha aggiunto che in tal modo “l’Italia si avvicina all’Europa”.
Non vi è dubbio che la nostra Costituzione indica la preferenza dell’ordinamento nei confronti della famiglia fondata sul matrimonio; ma l’art. 29 della Carta che recita “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”, si pone veramente in contrasto con la Convenzione Europea sui Diritti dell’Uomo, con la Carta di Nizza, con il Trattato di Lisbona e con le diverse Risoluzioni del Parlamento Europeo riguardo i diritti fondamentali della famiglia ?
Posta in questi termini, la Costituzione e la normativa primaria di riferimento non appare in contrasto con l’inviolabilità dei diritti dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità.
Piuttosto mi pare insensato affermare che la coabitazione tra due persone non legate da vincoli di parentela, ancorché di sesso diverso, costituisca una famiglia tale da legittimarne la rilevanza civilistica.
Eppure i conviventi hanno la facoltà di regolare numerosi aspetti patrimoniali della loro situazione la quale, non essendo ovviamente antigiuridica, non sortisce limitazioni nell’ambito del rispetto dei principi generali dell’ordinamento; tutto ciò indipendentemente da un registro territoriale.
La circostanza che il fenomeno delle “coppie di fatto” sia in crescita, non necessariamente deve indurre a modificare, ovvero mortificare, il concetto giuridico di famiglia; questo e’ ovviamente un mio giudizio che può prestarsi a critiche ragionate. Tantomeno un consiglio comunale può cercare di ovviare al preteso difetto (che potrebbe essere una virtù legislativa, sempre a mio parere) di una regolamentazione statale. De Magistris, all’atto dell’approvazione della delibera, ha dichiarato che Napoli è culturalmente avanti rispetto all’Italia e in tale contesto si farà promotore di iniziative parlamentari. Ma cosa c’entra l’emancipazione culturale con la famiglia di fatto?
Si consideri, poi, che la precarietà della famiglia di fatto fa il paio con quella del registro medesimo, dal momento che il consiglio comunale può revocarlo anche dopo l’istituzione, così come accaduto a Desio e Gubbio, allorché sono subentrate amministrazioni di centrodestra.
La scelta di contrarre il matrimonio non è alternativa a quella dell’unione di fatto, rappresenta un fatto di profonda rilevanza giuridica dal quale discendono diritti e doveri codificati ai quali i coniugi non possono sottrarsi neppure con una convenzione matrimoniale; diversamente, la registrazione all’anagrafe comunale delle unioni di fatto è una facoltà, esercitabile con la semplice consegna di una certificazione sostitutiva di atto notorio, rinunciabile in ogni momento e ripetibile senza limitazioni, dalla quale scaturiscono solo diritti o opportunità. Coloro che ritengono sussistere una discriminazione a discapito delle coppie di fatto, pretendono di ovviare a ciò invocando la concessione di privilegi; tale sarebbe la posizione giuridica di chi ottiene diritti senza essere raggiunto da obblighi ed oneri; questa la comunicazione rilasciata dal Comune di Milano “L’attestato è rilasciato per i soli usi necessari al riconoscimento di diritti e benefici”.
Mi rendo conto che certe tematiche andrebbero affrontate con dovizia di particolari e soprattutto con un approccio esegetico storico-giuridico, ma le stesse discussioni che hanno animato i consigli comunali interessati delle delibere sono state per lo più politicizzate.
L’omosessualità, a scanso di equivoci, è un fenomeno che mi rimane indifferente, che a mio giudizio ha non ha bisogno di essere esaltato così come avversato; allo stesso modo non mi pare meritevole di particolari attenzioni la convivenza more uxorio tra due persone indipendentemente dal loro sesso. Credo, invece, sia necessario difendere la famiglia tradizionale e destinare a quelle con prole e con redditi medio bassi le poche risorse economiche di cui dispongono gli enti locali.
A tale proposito, Macerata ha aderito al network italiano “città per la famiglia” ma, nonostante i buoni auspici, negli “indirizzi di governo e linee programmatiche” della Giunta, non vi e’ un capitolo specifico dedicato alla famiglia ma solo qualche frammentario riferimento ai giovani.
Sarebbe auspicabile in tal senso una maggiore attenzione alle famiglie che, in quanto tali, non sono di destra o sinistra e non meritano di essere sottoposte a strumentalizzazioni.
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Con i tragici problemi di sopravvivenza degli individui e delle famiglie e di tenuta democratica, dobbiamo pure discutere dei diritti degli omosessuali ad essere legalmente “due padri”, o “due madri” di un bambino. La Natura ha fatto uomo e donna per procreare naturalmente: l’uomo è “padre” e la donna è “madre”. Il bambino può rivolgersi al padre e alla madre, i cui ruoli, oltre all’affetto, sono ben definiti.
Mentre in Italia e in Europa si discute con la reciproca opposizione dei cattolici con i liberi pensatori, in Uganda si tenta di fare passare una legge che istituisca la pena di morte per gli omosessuali. Ovviamente, ci siamo mobilitati a livello planetario per condannare una simile barbarie.
Però il problema rimane nei suoi termini naturali: un omosessuale non può avere un figlio col suo partner, ma deve utilizzare un utero esterno per avere un figlio, oppure adottare una bambino. Da parte sua, una lesbica non può avere un figlio dalla sua partner, ma deve farsi inseminare dal un maschio esterno alla coppia. Oppure adottare un bambino. Con tutte le conseguenze psichiche che il fatto comporterebbe… E che pure nelle famiglie “normali” sta avvenendo.
Al di là del fatto che amore tra i partner e affettuosa conduzione del ruolo di genitori a volte può essere superiore a quelli delle coppie “normali”, c’è da dire che le unioni omosessuali sono decisamente “anormali”. Spiacente, ma due omosessuali non sono “normali”. Lo diventerebbero se avvenisse il “miracolo” di procreare un figlio con un rapporto omosessuale.
Il fenomeno della omosessualità esplodeva in tempi di alta esaltazione artistica e culturale. Oggi, sta esplodendo in tempi di bassa consapevolezza, di bassa produzione artistica e culturale.
Dopo i tempi storici esaltanti l’omosessualità, si ha il ritorno storico alla “normalità”. Così avverrà ancora.
Colo l’occasione per esprimere il mio pensiero sulla questione, poichè per motivi tecnici non ho potuto farlo come consigliere comunale. Ho votato in ogni caso a favore ritenendo la posizione espressa nella proposta di delibera piu’ vicina a quella assunta dalla maggioranza che ha votato in massa contro.
Mi permetto di ricordare ai colleghi che hanno posto il veto alla deliberazione il loro credo religioso che anche io sono cattolico praticante e cerco di ispirare il mio modesto “far politica” alla dottrina sociale della Chiesa. Dico loro – ma senza nessuna polemica, soltanto per dialogare – che mai Padri illustri dell’impegno cattolico nella politica (dai religiosi Murri, Sturzo, Dossetto ai laici De Gasperi e Moro) mai hanno adottato un provvedimento legislativo o deliberativo “in nome di Dio”.
Ciò premesso sono favorevole a riconoscere diritti a quelle coppie (omo e/o etero sessuali) che non possano contrarre matrimonio (via che considero ancora maestra per sancire un legame affettivo) perchè non ne hanno i requisiti di legge (è appunto il caso delle coppie gay e dei separati, giusto per fare due esempi concreti). Nutro qualche dubbio nei confronti di chi sceglia la mera unione al matrimonio, troppe volte le motivazione di questo tipo di legame è di natura economica e fiscale.
La questione dei figli non era oggetto della deliberazione. Mi pare di poter affermare che la vigente normativa tutela i figli nati al di fuori del matrimonio. Se qualche passo ancora va compiuto occorre farlo poichè i bimbi vanno tutelati indipendemente dalle scelte dei genitori. Non riesco a pensare ad una coppia omosessuale come affidataria di un bambino. Ritengo che nella tutela di cui sopra rientri quella di poter esser figlio di un uomo e di una donna.
Ringrazio i promotori dell’iniziativa per aver aperto il dibattito in città su di una questione così importante e Cronache Maceratesi per avermi consentito di esprimere la mia modesta e personalissima opinione.
Con tanti problemi … bla bla. Appunto! Con tanti problemi che abbiamo, la preoccupazione di molti è che alle coppie di omosessuali si possano concedere gli stessi diritti delle coppie eterosessuali.
Giustamente Romagnoli ricorda che l’oggetto del contendere in questo momento non è l’adozione da parte di coppie gay.
Ogni volta che si parla di questo argomento, c’è sempre qualcuno che artificiosamente sconfina sulla questione delle adozioni e della presunta “normalità” delle coppie gay.
Se potessero costituire una coppia solo le persone “normali”, credo che avremmo un mondo di single. E questo è evidente a tutti.
In ogni caso a chi si scandalizza solo per l’ipotesi che un bambino possa essere educato da due persone dello stesso sesso chiedo:
Quanti bambini vengono educati da una mamma e una zia o una nonna, per l’assenza del “marito”?
Quanti bambini vengono educati da un solo genitore o da nessun genitore naturale?
Quanto poi alla presunta “innaturalità” di una coppia solo perché impossibilitata a procreare, se non con l’aiuto di espedienti di natura scientifica, cosa c’è di “normale” nella scelta dei preti di non formare una coppia e procreare, come avrebbe “suggerito” secondo alcuni il Padreterno?
E’ facile dire: non siate egoisti! moltiplicatevi! E poi rifugiarsi al calduccio delle proprie canoniche senza la preoccupazione di un normale genitore! Ops! Una apreoccupazione forse ce l’hanno. Quella di sostenere gli orfanotrofi da loro gestiti.
Italia,paese di omofobi in cui la famiglia “normale” uccide più della malavita.
Falsi, ipocriti e in malafede. Tre manine rosse appioppate a Marco per una semplice CONSTATAZIONE. Certo quella di Marco non è un’opinione, ma la cruda e scomoda per alcuni realtà.
Normalità e anormalità è tutto relativo. La vicenda Balotelli-Fico, uomo-donna, vi sembra normale? Certo…sono una coppia “normale” diranno i fautori della normalità! Bella coppia! Bella Normalità! Lei che pensa solo ai soldi, lui che la denuncia, questo figlio che ancora non si sa di chi sia, scaramucce legali di ogni genere……ahhhh si in questa bella famiglia il figlio verrà su di sani principi morali!! Certo certo!!! Viva la famiglia !!!! Povera Italia! Poi dopo la sparata dell’uomo in bianco, che secondo lui le famiglie di fatto, sono una minaccia per la pace….Ma che bei messaggi d’amore che manda la chiesa cattolica!!! Se non sono invece messaggi di odio questi quali altri lo sono?
E due anziani che si sposano non sono normali,non possono procreare!!!E una donna in menopausa non è normale,non può procreare!Eh sì,@giorgio rapanelli,sarebbe normale se avvenisse il “miracolo” della procreazione…..
Prendere decisioni amministrative in virtù del credo religioso invece che del buonsenso, è indice del grado di barbarie di questo paese.
Leggere di “mortificazione del significato di famiglia” mi fa accapponare la pelle.
Certo, anche Giuseppe e Maria erano una famiglia normale, vero? I primi a usufruire della fecondazione assisitita.
Ritengo che la questione della centralità della famiglia, fondata sul matrimonio, sia di primaria importanza per la nostra società e dunque anche per l’azione politica. Concordo in pieno con l’articolo dell’avvocato Marchiori e mi complimento per l’equilibrio con il quale ha affrontato l’argomento. Mi preme precisare
che difendere la famiglia fondata sul matrimonio come “società naturale”, non rappresenta una concezione prettamente cattolica, ma una fisiologica presa di coscienza che i rapporti umani vanno regolamentati in base ad una legge scritta nel nostro DNA che è la legge naturale, piaccia o non piaccia. Tutto il rispetto per chi sceglie di avere una vita relazionale con persone dello stesso sesso, ma non si puó pretendere di avere il riconoscimento di una famiglia naturale. Ricominciare dalla famiglia è il modo migliore per risanare una società che col suo relativismo sembra essere sempre di più disorientata e sofferente.
Francesca D’Alessandro
Ricominciare dalla famiglia per risanare la società e combattere il relativismo? D’accordo, ma da quale modello familiare partire? Dalla famiglia poligamica o monogamica? Da quella patriarcale o egualitaria? Da quella estesa o nucleare? Dal quella fondata sull’indissolubilità del matrimonio o quella divorzista? Quale sarebbe la famiglia iscritta nel nostro DNA?
Piaccia o non piaccia, le istituzioni sociali, ivi compresa la famiglia, sono il risultato dell’evoluzione storica e culturale della società.
E per fortuna viviamo in una società relativista, perché il relativismo è l’unico atteggiamento che consente ad ognuno di professare liberamente le proprie convinzioni etiche, religiose e politiche.
Perché il contrario di relativismo è assolutismo. Come quello dei fondamentalisti cattolici che pretendono di imporre a tutti la propria concezione di famiglia. Anch’essa storica e relativa come ogni altra.
Almeno fino a prova contraria.